Stavolta l’Inter, per fortuna, è stata martello. E che martello: usando la metafora impiegata da Roberto Mancini nel corso della conferenza stampa della vigilia, i nerazzurri, almeno per una notte, hanno deciso di smetterla di farsi picchiare come accadeva con imbarazzante regolarità da tre gare a questa parte e contro il Palermo decide di sciorinare una prestazione importante, culminata con un rotondo 3-0 ai danni di un Palermo che arrivava a San Siro con tutte le intenzioni di fare bene, forte anche dei dolci ricordi della vittoria ottenuta poco tempo prima ai danni del Milan. Sembrava l’ennesimo spauracchio, invece l’Inter è riuscita anche abilmente a domare l’avversario.
E lo ha fatto, questa è la cosa sicuramente più importante, mostrando quello che forse per tutta la stagione era mancato a questa squadra: con l’intensità giusta e soprattutto con un’idea di calcio non a sprazzi ma ben distribuita lungo tutto l’incontro. Probabilmente l’unico rischio vero corso è stato su quel gol incredibilmente gettato nell’indifferenziata da Paulo Dybala praticamente a zero centimetri dalla linea di porta, forse il segnale che finalmente anche la fortuna, per una volta, ha deciso di togliersi la benda e strizzare l’occhio alla Mancio-band. Che da lì in poi approfitta di un avversario tramortito e fa il suo gioco senza troppi affanni, come raramente era successo quest’anno.
Forse è un po’ riduttivo semplificare questo cambio di atteggiamento e soprattutto di performance interpretandolo solo ed esclusivamente attraverso questa discriminante, ma senz’altro alla base di questo cambio di atteggiamento e della qualità della performance c’è anche una variabile non di poco conto: il raziocinio. Che si traduce nell’atteggiamento tattico: Roberto Mancini ha provato con insistenza e anche con coraggio, ma alla fine ha capito che per il momento il tanto adorato 4-2-3-1 no, non è cosa possibile da attuare per l’Inter, pur con tutta la buona volontà del caso. E allora, largo alla soluzione tanto auspicata, quella con il rombo di centrocampo e le due punte. Semplicemente, quello più adatto alle caratteristiche della rosa attuale. E gli effetti, alla fine, si sono visti.
Si sono visti, ad esempio, notando come, dopo appena due partite e un cammeo a Reggio Emilia, ha cominciato ad esprimersi Marcelo Brozovic: arrivato in Italia e ricordato da tutti per l’espressione quasi impaurita, abbiamo capito che per lui forse la cosa più importante non è tanto ridere quanto far ridere i tifosi. La prova di domenica sera ha fatto capire come l’iniezione del classe 1992 ex Dinamo Zagabria sia stata quasi linfa vitale per la mediana nerazzurra, che forse non vedeva un giocatore di così grande qualità dai tempi di Thiago Motta o addirittura del primo Dejan Stankovic. Il tutto grazie all’aiuto di un Fredy Guarin che nel suo ruolo più congeniale mette da parte la giornata di Reggio Emilia e si prende l’Inter sulle spalle, segnando e facendo segnare Mauro Icardi, e di un Gary Medel perfetto nel ruolo di frangiflutti.
Si è visto anche il contributo portato sulla trequarti da Xherdan Shaqiri, magari non preciso in fase di conclusione ma che quando prende il pallone decide di partire a testa bassa e diventa dura fermarlo se decide di non incartarsi lui. Il folletto svizzero crea più di chiunque altro anche nella stessa Serie A in questa giornata, segnale di grande vivacità: schierato tra le linee forse riesce a trovare davvero la propria dimensione ideale, un po’ come era solito fare Wesley Sneijder. Insomma, non va bene forse esaltarsi per una semplice partita e contro l’Atalanta sono indubbiamente attese conferme importanti; però quella di domenica se non è l’Inter ideale, quella che può davvero tirarsi fuori dalle secche di una stagione anonima e risalire finalmente la china.
In quest’Inter versione beta, lo avranno notato tutti, manca però il nome di Mateo Kovacic: indubbiamente, la partita di ieri sarà suonata come un monito per il giovane croato, talento indiscutibile ma che continua a patire eccessivi sbalzi di umore. Senza di lui, ma con un Brozovic dimostratosi in poco tempo più maturo e tatticamente irreprensibile, l’Inter pare aver trovato la chiave di volta per una maggiore incisività. Adesso starà a lui captare il segnale, alzarsi le maniche e lavorare duro per evitare di perdere questo treno. Ovviamente, usando la ragione anche lui…
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