Marco Materazzi, da lunedì, non è più un giocatore dell’Inter. 10 anni divisi tra sofferenze, lacrime amare, addii a un passo e poi di vittorie, tantissime vittorie, magliette di sfottò (per non parlare della maschera del Premier, nel post derby),che lo hanno reso un beniamino del pubblico, un totem per lo spogliatoio, un amico, un fratello maggiore con cui parlare, a cui chiedere consigli. Mourinho lo volle tenere fortemente, nonostante non gli potesse garantire la titolarità. Gli disse che gli serviva uno tosto per tenere a bada la testa calda Balotelli. Perfetto identikit del leccese. Marco, fiero scudiero (e scudo) nerazzurro, ha sempre fatto il bene della sua squadra. Ha sempre festeggiato con grande colore e simpatia (dei tifosi nerazzurri) vittorie meritatissime e attesissime, dopo anni a soffrire in una trincea, scavata su un campo di una battaglia già persa in partenza, a causa di ‘tutti sanno di chi si sta parlando’. Marco ha dato l’anima per la sua Inter, nonostante, arrivato sempre alla fine della corsa, vedeva il traguardo allontanarsi sempre di più e il podio che gli veniva tolto dai piedi.

Nel 2001 diventa da subito uno dei prediletti del popolo nerazzurro. Guida la difesa di Cuper da leader. Un’Inter sfortunata quella del tecnico argentino, che sbatte contro uno scoglio chiamato 5 maggio. La rabbia, la delusione e il senso di impotenza vengono rispecchiati tutti nelle parole, sussurrate in un singhiozzo ‘Vi ho fatto vincere uno scudetto’, riferito ai giocatori della Lazio, che nel 2000 vennero premiati dal Perugia di Marco che batté la Juve e portò lo scudetto nella Roma biancoceleste. Marco è così: prendere o lasciare. Noi lo abbiamo preso al volo. Marco incarna lo spirito battagliero dell’Inter, il tifoso che scende in campo col pensiero di voler essere partecipe e fare il bene della squadra che ama. E’ un tipo che ama gli eccessi, anche fisici. Vigliacchi sono infatti coloro che lo hanno apostrofato come un ‘macellaio’, un killer (qualche ‘Comico Nazional Popolare’ avrà colto). Marco è un omaccione di 193 centimetri per 90 chilogrammi di peso, chiaro che sia impacciato in certe movenze, non è certo da Raffaele Paganini. Ma lui non è un killer, un macellaio, è un uomo con quattro palle che si fa in quattro per la sua squadra.

Marco, come un’araba fenice, risorge dalle sue ceneri, anche dopo il fattaccio con Cirillo, del febbraio 2004. Marco paga, viene bersagliato, ma al suo rientro il pubblico lo apprezza ancora di più. Schietto, senza peli sulla lingua, correttissimo, un uomo forgiato dalla lunga gavetta, dalla Serie C a Marsala, sino al Mondiale di Germania che lo vede assoluto protagonista. Si toglie anche la soddisfazione di segnare due gol di platino contro Repubblica Ceca e Francia in finale, andando anche a realizzare il rigore nella serie, dopo i 120 minuti di gara. L’Italia festeggia, quella stessa Italia calcistica (vergognosa) che ogni domenica lo insulta e prende di mira la memoria di sua madre, quella madre che lo ha sollevato nello stacco che ha portato il pareggio la Nazionale nella partita prima citata, superando in elevazione quel Patrick Vieira. In quello stacco c’era la voglia di rivalsa di uomo nei confronti di un paese becero che lo prende di mira ogni domenica solo perché indossa i colori nerazzurri.

I colori nerazzurri, quelli stampati sul suo corpo, una seconda pelle. Quei colori che ha difeso e ha contribuito a portare sul tetto d’Italia, d’Europa e del Mondo, con tanto coraggio e fierezza, sempre contro tutti e contro tutti, contro coloro che lo hanno insultato e criticato, dandogli quella forza che lo ha reso uno degli invincibili nerazzurri. La critica lo caricava, lo fortificava e gli consentiva di dare sempre il massimo. E’ stato un onore, un piacere e soprattutto una fortuna averti avuto accanto per 10 anni. 10 anni passati all’estremo. E’ stato un onore sentire le tue parole confortanti e decise, vedere i tuoi scherzi e le tue magliette post vittoria (a parer mio ‘Nun è successo’, vince in scioltezza), risposta signorile a coloro che ti hanno pesantemente criticato. E’ stato un onore vederti portare fiero i nostri colori. Grazie Marco. Ci vediamo presto, siamo pronti a riabbracciarti, a darti tanto, convinti che tu ci darai il doppio se non il triplo! A presto guerriero invincibile, a presto compagno indispensabile, a presto fratello maggiore, a presto grande uomo!

 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 22 giugno 2011 alle 00:01
Autore: Alberto Casavecchia
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