Il momento, in casa Inter, è particolare. E' un momento in cui si torna a pensare al recente e glorioso passato ma bisogna guardare al futuro, perché c'è bisogno di ripartire proprio dagli sprazzi migliori di un presente amaro. I due soggetti migliori per rappresentare questa intricata ragnatela nerazzurra sono José Mourinho e Yuto Nagatomo, il passato che il ritorna e il nuovo che avanza, due entità di cui non si può quasi fare a meno. Partiamo da quest'ultimo, perché è l'argomento più fresco, degli ultimi giorni. Fa quasi sorridere che si debba discutere di riscatto per Nagatomo, il samurai arrivato da Cesena preso in giro dalla quasi totalità dei non conoscenti di calcio e dimostratosi talento all'altezza dell'Inter. Il giapponese è stato sicuramente tra le note più positive di un girone di ritorno prima esaltante poi bucatosi in una settimana, ma con una differenza: lui non ha mollato mai, nè fisicamente nè psicologicamente, è sempre andato avanti per la sua strada mostrando una crescita straordinaria sotto il punto di vista tattico, un'elasticità caratteriale più che invidiabile e dei mezzi atletici impressionanti. Adattabile a destra e sinistra, non ha mai sfigurato, anzi migliora a vista d'occhio tanto da conquistarsi gli applausi scroscianti di San Siro ad ogni sua discesa.
E' un motorino preziosissimo, pensare di rimuoverlo dalla macchina Inter sarebbe una follia che non sarà commessa in Corso Vittorio Emanuele: Yuto va riscattato e sarà fatto, perché è un progetto di campione interessantissimo, per ora un combattente di talento assoluto su cui si può assolutamente contare, anche in proiezione tattica futura, perché se Maicon dovesse lasciare Milano, pensare a Nagatomo adattabile sulle due fasce con un nuovo arrivo magari come Criscito sull'altra corsìa è ipotesi tutt'altro che malvagia. Insomma, niente follie da parte degli attenti dirigenti, è da giocatori come Nagatomo che bisogna ripartire per costruire un futuro roseo e nuovo, senza dimenticare le colonne che resteranno portanti per la squadra ma cambiando comunque parecchio. Bisogna agire così per guardare al passato con più fiducia di prima e non solo con nostalgia. Già, il passato, quel triplete che è ripassato nella mente di tutti gli interisti guardando quel Real-Barcellona di ieri sera.
Per l'ennesima volta il Barça, a mio avviso discutibilmente, si è ritrovato con l'uomo in più, come già accadde contro gli eroi nerazzurri al Camp Nou. Troppe le sceneggiate dalle parti della Catalogna, annullate però dalla straordinaria mole di gioco e da un Messi versione ufo. Eppure, José Mourinho è l'anello di congiunzione tra i nostri ricordi più belli e un presente amaro anche per lui. "Con l'Inter è stato fatto un milagro, un vero milagro", non faceva altro che ripetere lo Speciale nella conferenza infiammata di fine gara, un miracolo con l'Inter proprio perché si è resistiti contro questi titani in dieci uomini per un'espulsione ingiusta, cosa che il Real e il Chelsea di Mou non sono invece riuscite a fare. E come fanno a non ritornarti in mente quelle palle spazzate via con una rabbia atroce da Lucio, quel Messi che rimbalzava sulla roccia Walter Samuel, capitan Zanetti che rincorreva Xavi mentre Cambiasso orchestrava la difesa, e mentre il buon Ibrahimovic - vale sempre la pena ricordarlo - non poteva crederci. Quella notte abbiamo sconfitto dei mostri in un inferno di centomila catalani, quella notte è il nostro passato più bello dove però non possiamo più sederci.
Adesso è il momento di ripartire da gente come Yuto, perché il nostro miracolo l'abbiamo fatto e non ce lo toglierà mai nessuno. Però José ha fatto bene a ricordarlo, visto che c'è stato chi come il signor Fabio Caressa ha sminuito quell'impresa: purtroppo, il milagro non è stato solo quello. Il catino del Camp Nou non aveva "la pancia piena", come sostiene il buon Caressa, e neanche Piqué e compagni, che minacciavano i nostri di odiare il proprio lavoro per 90 minuti. Chi era sotto l'albergo dell'Inter a non far dormire i nostri campioni non aveva la pancia piena. Quell'inferno aveva più fame che mai, ma lì abbiamo vinto noi nonostante il solito furto blaugrana. L'occhio di Busquets ce lo ricordiamo ancora tutti, gli idranti del post-partita anche, la Coppa a Madrid ancora meglio. Ora però rimettiamoci in carreggiata, come prima e più di prima: Mourinho ci guarderà con affetto, un giorno tornerà. E chissà che non possa avere ai suoi ordini proprio Nagatomo, per unire magicamente le due realtà. Ma adesso avanti Leo e avanti Inter, nel segno del passato, del presente ma soprattutto del futuro.
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