La lunga chiacchierata di Walter Samuel con i colleghi della RSI non poteva che cominciare dall'impresa compiuta al Mondiale dall'Argentina, Nazionale dove The Wall è collaboratore del ct Lionel Scaloni: "Forse, come mi hanno detto alcuni amici, non ci siamo ancora resi conto di quanto abbiamo fatto - le sue parole -. I protagonisti sono i giocatori, ma è un motivo d'orgoglio anche per noi che siamo dello staff tecnico. Chi non è argentino fa fatica a capire. È vero, le problematiche del Paese non sono risolte, ma questo successo ha dato gioia a gente che ne aveva bisogno".
I tuoi ricordi dei tempi romanisti.
"Da difensore non volevo prendere gol, avevo grande concentrazione. Non è stato facile ambientarsi, mi hanno aiutato Balbo e Batistuta, gli argentini che erano da più tempo in Italia. Capello mi ha messo centrale nella difesa a 3, è andata bene perché il primo anno abbiamo vinto lo scudetto".
Quale tecnico ha avuto particolare influenza su di te?
"All'epoca dell'Inter, José Mourinho ha cambiato tanto, a partire dal modo di lavorare con la palla. Aveva fiducia in sé stesso e ci trasmetteva la sua voglia di vincere: questo è molto importante. A livello tecnico, invece, dico Marcelo Bielsa perché mi ha fatto crescere tanto. Forse sarò ingiusto verso gli altri allenatori, ma mi ha insegnato l'uscita da dietro, giocare la palla tra le linee, non perdere i duelli di testa. Era veramente un martello".
Hai tanti amici veri nel calcio?
"Ho tanti amici nel mio Paese, quelli che conosco da una vita. Ne ho anche nel calcio, il problema è sempre la distanza. Diego (Milito, ndr) e Pupi (Zanetti, ndr) li vedo spesso, così come Burdisso".
L'esperienza al Basilea, perché hai deciso di chiudere la carriera lì?
"Ho vissuto due anni spettacolari in Svizzera. Mi voleva la Sampdoria, ma facevo fatica a rimanere in Italia, così ho risposto sì a una proposta di un amico. Alla fine ho parlato con l'allenatore dell'epoca, Paulo Sousa, e con il presidente e la cosa ha preso piede. Se le ginocchia mi avessero accompagnato, avrei fatto qualche anno in più".
Quando guiderai una squadra da primo allenatore?
"Non lo so, arriverà il momento. Mi piacerebbe allenare, non lo nascondo. In Svizzera? Sono stato bene, non avrei problemi ad allenare lì".
Arriva il messaggio di Moratti: "Volevo mandarti un abbraccio e farti tanti complimenti per quello che hai ottenuto con l'Argentina. Ti meriti tutto per la tua serietà. Il mio ciclo di vittorie incomincia da quando ho preso te. Finalmente l'Inter ha cominciato a vincere, ti sono particolarmente grato".
"Moratti trasmette tranquillità, ci era molto vicino anche senza esserci. L'Inter è un ambiente familiare, dove si sta bene. Nove anni in un club sono tanti, ma sono stato bene e non posso lamentarmi di niente. Avevamo tutto, ci trattavano benissimo. Poi, per fortuna, lottavamo sempre per vincere. Vittorie a parte, l'importante è stare bene in una società".
Nel 2010 arriva il Triplete.
"E' stata come il Mondiale, potevamo vincere tutte le tre competizioni come perderle in due settimane. La squadra ci ha creduto, per tanti di noi in età avanzata era un'opportunità unica. Ci abbiamo provato, per fortuna è andata bene. E' stato qualcosa di storico, che rimarrà per sempre. Anche se altre squadre riusciranno a farlo, noi rimarreremo sempre i primi. E' un qualcosa che ti dà orgoglio solo a parlarne".
Che ricordi hai del Real Madrid? I famosi galacticos...
"A livello di campo ho sofferto un sacco perché prendevamo tanti gol. A livello di club è impressionante, sembrava di andare a teatro. Mi sono trovato con stelle impressionanti come Figo, Ronaldo e Zidane, persone molto semplici e umili".
Umiltà, serietà e lealtà: sono le tre caratteristiche in cui ti riconosci?
"Mi ci rivedo, non cambio il modo di essere per quello che ho fatto nel calcio. Ho vinto tanto, ma ho avuto anche batoste forti, l'anno al Real è stato duro, per esempio, poi mi sono rotte entrambe le ginocchia...".
Che papà sei?
"Da quando ho finito di giocare sono sempre stat dentro il mondo del calcio, la Nazionale mi permette di stare di più con i miei figli. Poi magari manco da casa per 1-2 mesi. Mi piace fare il papà, spesso vado da mia figlia a Madrid. I miei figli sono stati importanti anche in Qatar, quando guardavo in tribuna e li vedevo provavo una sensazione forte".
Messi come ha vissuto la Coppa del Mondo?
"Se lo meritava più di chiunque altro per il giocatore che è, lo dicono anche i suoi compagni. E' un ragazzo tranquillo, un professionista esemplare e uno molto competitivo. Ha preso il ruolo di leader, in campo e fuori. Penso che noi argentini abbiamo la fortuna che sia lui che Maradona siano argentini".
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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