Non passerà alla storia come il Derby d'Italia più decisivo di sempre, ma rischia seriamente di esserlo per la stagione attuale. Almeno in chiave nerazzurra. L'Inter, proprio come a Pescara, vince in rimonta per 2-1 e porta a casa la seconda vittoria consecutiva in campionato, dimenticando le brutture europee e riconsegnando alla Serie A una Juventus terrena.

UN'ALTRA SQUADRA – Che quella in campo sia tutta un'altra Inter rispetto allo scempio con l'Hapoel Beer Sheva lo si capisce subito, ancora prima del fischio iniziale. Perché in campo vanno ben sei elementi diversi: titolari Miranda, Santon, Joao Mario, Banega, Candreva e Icardi. Sei su dieci di movimento. E la differenza la vedi, sia per meccanismi che per qualità. La Juve è squadra di rango e dà l'impressione di giocare al gatto col topo: un atteggiamento che alla fine costerà caro ai bianconeri. I nerazzurri pressano alto e complicano notevolmente la vita a Pjanic, con Medel e Joao Mario protagonisti di un lavoro determinante.

L'INTER C'È – Il primo tempo sottolinea i meriti della squadra di casa, ma anche la consapevolezza di quella di Allegri. I campioni d'Italia conoscono la propria forza, temono il giusto gli attacchi avversari e confermano una maggior maturità nella gestione delle diverse fasi del match. Anche per questo, nonostante un predominio interista (con palo esterno di Icardi), è poi Khedira ad avere la migliore chance dei primi 45 minuti.

GIUDIZI AFFRETTATI – E salta immediatamente all'occhio pure il 'Fattore B', ossia Ever Banega. L'argentino è il catalizzatore di tutta la manovra nerazzurra: da lui passano le geometrie, è lui a cucire l'azione ed è sempre lui a inventare. Spalleggiato da Joao Mario – con cui dialoga nella stessa lingua calcistica – e protetto da un indemoniato Medel, l'ex Siviglia prende in mano la squadra con personalità e la porta oltre il muro bianconero. Alla faccia dei soliti a cui piace parlare sempre troppo presto. Mancherà a Empoli per un doppio giallo beffardo, visto che il primo arriva per proteste dopo la bieca simulazione di Pjanic a cui Tagliavento abbocca.

IL MERITO DI DE BOER – Il grandissimo merito di Frank De Boer è quello di aver instillato nei suoi l'idea di pensare calcio per 90 minuti: una linea nitida, concretizzata in modo palese nel match di ieri, ma di cui si potevano rintracciare i prodromi già in precedenza (se sprovvisti di paraocchi). Rimonta come a Pescara, si diceva, ma l'enorme differenza con il 2-1 dell'Adriatico sta nel modo in cui i nerazzurri hanno assorbito il gol dello svantaggio, arrivato per giunta nel peggior momento bianconero. "Continuiamo a giocare come abbiamo fatto finora" è il messaggio che arriva dal campo. E così è. Logica conseguenza di tale atteggiamento prima il pari di Icardi (tornato d'incanto il giocatore splendido che aveva fatto innamorare tutti ai tempi della Samp), poi il sorpasso di Perisic. E qui c'è un altro dato da evidenziare: l'Inter non si rintana, continua a giocare quasi con spavalderia e sfiora il tris.

NESSUNA VERGOGNA – Insomma, la squadra di De Boer non si vergogna affatto di essere com'è, comincia a oliare l'ingranaggio e a conoscere i propri limiti. Quella squadra scesa in campo giovedì era stata troppo brutta per essere vera e, magari, quella di ieri è stata troppo bella per il medesimo motivo. Di certo, la partita del Meazza insegna che per costruire ci vuole tempo, ma anche fiducia e mezzi. Il cantiere mantiene l'ormai arcinoto cartello in bella vista, ma intanto chi passa da quelle parti può cominciare a intravedere delle fondamenta ben delineate.   

Sezione: Copertina / Data: Lun 19 settembre 2016 alle 08:15
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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