Dove può arrivare l’Italia? A rispondere è l'ex interista, nonché campione del mondo 2006, Marco Materazzi che alla Gazzetta dello Sport risponde sicuro: "Dico fra le prime quattro e ovviamente non vuol dire fermarsi in semifinale: quando arrivi fin lì, te la giochi sempre e contro chiunque, quindici anni fa lo abbiamo dimostrato. Però qui mi fermo, perché non voglio farmi coinvolgere troppo da questa grande euforia che sento montare intorno alla Nazionale. Che è una cosa positiva, capiamoci bene, perché non è un entusiasmo che viene subìto, ma è stato creato: dalla squadra con quello che sta facendo in campo, e principalmente dal suo allenatore. Quindi bene, ma a un patto: non dimenticare che abbiamo giocato solo due partite. E che quando vai troppo in alto, se poi per caso ti trovi a cadere il botto è più forte".  

Cosa le è piaciuto e le piace di questa squadra?
"Che mantiene le aspettative che crea. Che ha giocato due partite facendo sembrare scarse avversarie che invece non lo sono. E, detto da ex difensore, il fatto che non ti fa praticamente tirare mai in porta e dunque non prende gol. Da quante partite? Dieci, vero? Sono tante, un’enormità. Ma quando hai tanta qualità davanti, è più facile tenere lontano chi hai di fronte dalla tua area. È una qualità che non è fine a se stessa: fa la differenza, determina il risultato. Ed è una qualità diversa: la Francia fa paura, tira in porta quando vuole, l’Italia si deve costruire tutto, ma non lo vive come una fatica, perché è una scelta. Dice tutto il gol dell’1-0 con la Svizzera: Locatelli è quasi entrato in porta con la palla, come fa il Barcellona".

Un’alchimia anomala per una Nazionale?
"Ma in realtà è quella che serve, a una Nazionale. Se ogni volta che ti ritrovi è come se dovessi ricominciare, ripartire quasi da zero, è dura: invece questi ragazzi sembra che giochino insieme tutti i giorni, e da tanti anni". 

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Sezione: Rassegna / Data: Ven 18 giugno 2021 alle 11:54
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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