Nella storia dell’Inter pochi giocatori hanno lasciato un segno indelebile come Giacinto Facchetti. Come si legge nell’analisi del Corriere della Sera l’ex presidente onorario dell’Inter è stato un giocatore moderno, che aveva anticipato i tempi, le mode, diventando un format da imitare e un esempio per tanti calciatori. I suoi 80 anni, domani, 18 luglio 2022, li racconta il figlio Gianfelice, attore, regista, giornalista, scrittore attraverso un’intervista rilasciata al quotidiano milanese. 

Compagni-amici con i quali stava meglio, si sentiva a suo agio?
"Tra i compagni dell’Inter, quelli più vicini direi Tarcisio Burgnich (compagno di stanza per anni), Boninsegna e Adelio Moro che nell’ultimo anno di carriera gli fece da “autista” e che papà convinse a cambiar macchina perché nella spider stava stretto, non era comodo".

Chi erano i campioni di Giacinto Facchetti?
"Aveva una particolare stima di Lev Yashin, Pelé con il quale poi costruì un rapporto di amicizia, Eusebio, il suo Ronaldo, il fuoriclasse brasiliano".

Cos’era l’Inter per lui?
"Da ragazzo la realizzazione di un sogno: aveva voluto fortemente l’Inter privilegiandola ad altre squadre. Poi è diventata un’altra famiglia, molto forte il rapporto con Massimo Moratti, anche se non sono mancate diversità di opinioni, però rispetto e amicizia permettevano sempre di trovare l’equilibrio per soluzioni e decisioni giuste. Sull’Inter diventava rigido e severo, guai a scherzare: noi figli, per esempio, non potevamo fare ironie, battute, diventare tifosi da bar. Si arrabbiava".

Che calcio gli piaceva?
"Ha vissuto da protagonista quello vincente di Helenio Herrera. In sintesi gli piaceva creare le basi del gioco puntellando la difesa, voleva che si garantisse sicurezza per cercare meglio, con più tranquillità la fase offensiva. Sempre in sintesi: il tiki taka non lo avrebbe fatto impazzire".

Che dirigente è stato? Il figlio Gianfelice lo promuove?
"Ha vissuto tutte le trasformazioni del calcio, giocato e politico. Non aveva lauree, ma ha studiato lo sport a livello politico istituzionale, le lingue, inglese e francese diventando autonomo, rispettato e autorevole presso Fifa e Uefa. Ricordo un’intervista di Diego Della Valle, imprenditore famoso nel mondo, che auspicava un ruolo da presidente federale per papà. Uno dei suoi grandi meriti di dirigente, credo, è stato quello di metterci sempre la faccia. Ripercorrendo certe sue azioni, penso si sia caricato in certi momenti delicati anche di responsabilità non sue".

Sezione: Rassegna / Data: Dom 17 luglio 2022 alle 11:56 / Fonte: corriere della sera
Autore: FcInterNews Redazione
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