La storia nerazzurra di Roberto Zaccaria, giornalista grande tifoso dell'Inter, fede che lo ha portato alla vice-presidenza del progetto InterSpac, comincia da lontano, ma è quando è diventato presidente della RAI che dopo una chiamata a Facchetti è nato l'Inter Club Rai. "Ho preferito caratterizzare la RAI per divisioni calcistiche e non politiche: ciascuno ha fatto il suo club ed era molto più divertente sfidarsi su questo. Poi ho conosciuto Moratti ed ho deciso di fare Inter Channel, nato sotto la mia presidenza" recconta a Radio Nerazzurra. "Poi abbiamo fondato InterSpac insieme all'attuale amministratore delegato della Lega Luigi De Siervo, tutta roba molto piacevole".

Come mai l'Inter non ha un canale aperto con InterSpac?
"Le squadre di calcio sono imprese con una particolare responsabilità sociale, diversa dal cinema, televisione o teatro. Il pubblico negli altri casi testimonia un valore, ma nel calcio c'è qualcosa in più: conta anche il risultato. Inutile porsi il problema di riempire San Siro se l'Inter poi perde nove partite in un anno, i tifosi non sono soddisfatti. L'azionariato popolare non è un marchio di fabbrica solo per gli interisti, è un progetto Paese. Perché Zhang non ci apre le porte? Dovrebbero aprirci quelle principali. Non lo fanno forse per motivi legati al mercato cinese, che in qualche modo ha posto restrizioni. Se tu hai bisogno di prendere soldi da un fondo come Oaktree che te li dà con un certo tipo di interesse, non sarà più facile prendere questi soldi da un gruppo di tifosi che te li dà senza interessi e con una partecipazione al tuo capitale? L'unica spiegazione è quella che ho dato. Noi continueremo a bussare a quella porta, convinti che prima o poi si aprirà".

Se Zhang vendesse sarebbe utile finire in mano a un fondo o meglio un proprietario riconoscibile?
"I fondi hanno obiettivi di guadagno e anche a breve termine. La differenza è questa: forse in passato qualcuno comprava club anche per guadagnarci, ma i casi in cui siano riusciti sono molto pochi. Il guadagno è perlopiù sociale o politico. Noi dobbiamo muoverci con i soggetti che si muovono sul mercato, anche i fondi finiscono per avere un frontman. La presunzione nostra è poter dare al fondo, allo sponsor, un elemento di radicamento territoriale. Se un tempo l'Inter era Internazionale, di proprietà nazionale con vocazione internazionale, adesso è necessario invece l'aggancio con i tifosi. Vorremmo come Inter essere i primi. Siamo un treno che viaggia a velocità molto ridotta, ma nel momento in cui potessimo entrare concretamente nell'Inter, dovremmo dare visibilità. Personaggi con una notorietà enorme la garantirebbero".

Come si risolve la questione stadio?
"Mi piacerebbe che San Siro potesse essere ristrutturato. Noi siamo molto legati all'idea di San Siro, che non a caso si chiama Meazza. Non farei uno stadio da 45 mila posti, visto che a vedere l'Inter vanno in 70 mila. Sono abbastanza favorevole all'idea di ristrutturare San Siro, poi magari il Milan si farà il suo stadio altrove".

L'Inter di Inzaghi?
"Mi soddisfa a metà. Posso tollerare che la squadra perda 3, 4, 5 partite, ma senza il polmone della Champions League saremmo estremamente delusi. Non sono convinto che abbia quella capacità e grinta di prendere la squadra in mano, soprattutto sulle partite come quella con la Juventus. Siamo doppiamente feriti dopo quella partita. Non posso essere entusiasta. Una grande squadra non cambia allenatori durante il campionato, però se non raggiungessimo la qualificazione in Champions League credo che dovremo fare una riflessione sulla guida della squadra. Inzaghi è stimabile, ma per l'Inter serve una marcia in più. Non basta la quinta, serve la sesta".

Sezione: News / Data: Gio 23 marzo 2023 alle 15:33
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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