Sono passati dieci anni dalla gloriosa e storica notte dell'Inter di José Mourinho trionfante nella sconfitta del Camp Nou. Gli interisti di quell'epoca sono soliti ricordarla come la sconfitta più bella di sempre, quell'1-0 che non cambiava nulla e spediva i nerazzurri in finale al Bernabeu. Di quella serata e di quel percorso ne torna a parlare Julio Cesar, che di quell'impresa ne fu protagonista. L'Acchiappasogni, ospite a Casa Sky Sport, si è immerso in una carrellata di ricordi dei suoi lunghi anni all'Inter. "Mi vengono ancora i brividi a vedere quelle immagini, impossibile non emozionarsi" esordisce.
L'inizio al Chievo.
"È stato un momento importante per me, perché non parlavo l’italiano. Quando sono arrivato in Italia, in Brasile ero già conosciuto, nessuno mi conosceva. Mi ricordo che sulla prima pagina della Gazzetta c’era una mia foto grandissima con scritto ‘Uno sconosciuto portiere brasiliano’ come titolo. Io non conoscevo l’italiano, sono andato da un mio amico che capiva l’italiano, e ci sono rimasto un po’ male per quello che c’era scritto perché io ero felicissimo di essere in prima pagina. È stata una mia scelta venire già a gennaio, perché non vedevo l’ora di giocare in Italia. Con Luca (Marchegiani, ndr), per quelle poche partite che abbiamo fatto insieme, dormivamo insieme, mi insegnava l’italiano e mi ricordo che mi ha insegnato la parola ‘introverso’. Sono stati dei bei momenti, io all’inizio non conoscevo molto il calcio italiano, e ho apprezzato con il tempo la carriera di Luca Marchegiani, mi rivedevo in lui anche per le caratteristiche".
Sei stato carino… non hai voluto rubare il posto a Marchegiani:
“Io ero triste in quel momento perché mi volevo sentire parte della squadra, poi ho capito che in realtà il Chievo stava facendo un favore all’Inter parcheggiandomi lì per farmi ambientare. Io però mi sentivo triste perché volevo sentirmi parte integrante della squadra, tornavo a casa e piangevo per questo e Susanna mi diceva di stringere i denti, che mi avrebbe aspettato l’Inter. Però io volevo sentirmi più partecipe, se non quello di giocare, ma almeno quello di viaggiare con la squadra”.
Hai parato un bel po’ di rigori. Hai rubato la tecnica a Marchegiani?
“Sai cosa mi piaceva molto di Luca? L’uscita. Era bravissimo nelle uscite, già quello che vedevo anche se era alla fine della carriera, lui era uno che faceva molto bene questo gesto tecnico. I rigori Marchegiani sì, era molto bravo, ma quando parlo delle uscite è perché è un rischio grande per il portiere. Oggi ci sono portieri a cui non piace rischiare nelle uscite”.
Qual è stata la tua parata più bella?
"La parata più bella e più importante è quella su Messi in semifinale di Champions League. Anche ora quando torno in Italia tanti tifosi parlano di questa parata, proprio per il momento e per il giocatore che l’ha calciata. Essendo Messi è ancora più bella”.
Eri il portiere più forte al mondo?
"Io su questa cosa ho un’idea molto chiara. Non vedo portieri più forti al mondo, vedo tanti portieri bravi, con caratteristiche particolari migliori di altri, ma penso che la caratteristica più importante per un portiere che lo rende uno dei migliori al mondo è sicuramente la regolarità nel tempo. Sono molto umile, quindi non mi sono mai sentito il migliore al mondo, vivevo il momento quando scendevo in campo. Sapevo che in quella partita non dovevo prendere gol, non lo prendevo e quello era importante. Sono stati anni in cui all’Inter ho fatto grandi cose ma in quel momento ce n’erano anche tanti che nel mondo facevano molto bene".
I portieri che ti piacciono oggi.
"Mi piace tantissimo Oblak dell’Atletico, Navas del PSG che fa tante cose anche se è sottovalutato. Buffon adesso ha la sua età, diciamo che ora è un ex portiere, ma è sicuramente un punto di riferimento per tutti i portieri nel calcio. Non posso però dimenticarmi di parlare di Handanovic, sta mettendo regolarità all’Inter da anni. È fortissimo, anche se non parlano molto all’estero di lui, perché l’Inter ha giocato poco la Champions da quando c’è lui, ma per me lui è sicuramente uno dei cinque più forti".
Qual è il gol più bello che hai subito?
“Sicuramente quello di Totti. All’inizio non lo conoscevo molto ma mi ricordo bene che a San Siro un giorno si fermò e fece il cucchiaio. È stato un bel gol, un bel tocco, non me lo aspettavo. Cosa ho sentito in quel momento? Ero molto arrabbiato con me stesso, perché è ovvio dopo aver preso gol. Quando ho avuto l’opportunità di giocare contro la Roma altre volte, sapevo già e non giocavo sotto la traversa".
Come si prendono alcuni inspiegabili gol?
“Sicuramente quando accadono queste cose è perché sopravvalutiamo il momento, o sottovalutiamo la pericolosità. Quando sbaglia un portiere sbaglia su una palla facile, ecco perché in allenamento diciamo che le palle facili sono le più difficili. Quella volta con De Rossi per esempio, avevo già la palla in mano, mi è scivolata e poi è andata in porta. Quando accade, un portiere deve essere psicologicamente forte per continuare a giocare e stare in partita perché arriveranno altri palloni. Questa è una caratteristica che deve avere un gran portiere, riuscire a riprendersi subito”.
Cosa vi ha detto Mou prima della finale di Coppa Italia?
“Mourinho aveva fatto una riunione molto molto bella prima, dicendoci che quell’anno avevamo la possibilità di vincere tre trofei e quello era il primo. La cosa speciale di Mou era quella di parlare con noi giocatori, facendoci autoconvincere singolarmente di essere i più forti al mondo. Tutti eravamo sempre convinti di essere fortissimi, dopo le riunioni volevamo spaccare il mondo, non vedevamo l’ora di giocare e invece dovevamo andare a riposare. Credo sia questa la sua caratteristica speciale, lui è un leader”.
Ti aspettavi che l'Inter non avrebbe vinto per così tanti anni?
“No, sinceramente no. Aveva preso una strada vincente. Tutti gli anni, mi ricordo che con i miei ex compagni abbiamo vinto qualcosa come 14 trofei, una media di 2 trofei l’anno. L’Inter ci aveva preso gusto di alzare almeno un trofeo all’anno, non mi aspettavo che potesse restare così tanto tempo senza una coppa”.
Cosa prenderesti da Mancini?
“Da mister Mancini penso che prenderei il modo in cui lavorava sulla tattica e soprattutto sulla difesa. Pian piano ho cominciato a capire grazie a lui quanto fosse importante in Italia l’aspetto tattico e Mancini aveva una fissa per la difesa quasi maniacale. Il mister era sempre perfetto, molto vanitoso… Lui ha creduto da dubito nel mio lavoro, era uno molto bravo anche a tirare in porta dopo gli allenamenti. Mi ricordo che alla fine di allenare, mi chiamava per andare in porta e ci facevano giocare su rigori, calci di punizioni o tiri a volo. Io provavo a metterli in difficoltà. Mi ha aperto le porte quando ancora in Italia non mi conosceva nessuno. Mi ricordo nel 2005/06 nei preliminari di Champions contro lo Shakhtar mi ha messo in porta e lì mi ha fatto capire che teneva al mio lavoro e puntava su di me. Sono felice che con lui in quegli anni siamo tornati a vincere. Ne voglio approfittare per ringraziarlo per l’opportunità. Gliel’ho detto tante volte, lui ha cambiato la mia vita e della mia famiglia”.
Sei rimasto in contatto con i tuoi ex allenatori?
“Con Mourinho di più. Materazzi ha creato il gruppo whatsaapp del Triplete quindi ci sentiamo sempre, scherziamo, ci prendiamo in giro. Ha fatto una cosa bellissima facendo quel gruppo. Con Mancini quando vengo in Italia però ci sentiamo sempre”.
Il giocatore più forte contro cui hai giocato?
“Penso Ronaldinho. Dico lui perché abbiamo più o meno la stessa età, andavamo insieme in Nazionale giovanili e ha dimostrato tanto già lì.
Zanetti:
“C’è il capitano Zanetti che mi manda messaggi intanto, Pupi ti voglio bene amore mio. Lui è il nostro immenso capitano”.
Rigore con Ibrahimovic contro:
“Mi chiedono tutti di questa cosa, io provavo a togliergli la concentrazione. Sono andato da lui e gli ho detto sottovoce ‘Tu tirerai in mezzo perché ti conosco bene’… poi la linguaccia è venuta fuori perché gli ho detto: ‘Ti ho beccato pezzo di…’ scherzando. Poi ha tirato, calciato benissimo e lui mi ha risposto: “Adesso vai a prenderti il pallone, pezzo di… tu’. Ma ovviamente scherzando, ci vogliamo bene”.
Saresti rimasto per sempre all’Inter se fosse dipeso per te?
“Sicuramente sì, però in quel momento è successo qualcosa che io non riuscivo a capire bene ma mostro sempre rispetto alla società, per quello che ha sempre fatto per me e la mia famiglia, e ho accettato la scelta. Ho lasciato l’Inter e sono uscito dalla stessa porta dalla quale sono entrato. Abbiamo sempre un buon rapporto con chi c’era e chi c’è anche oggi, il rispetto c’è sempre. Certo, fosse dipeso da me sì, sicuramente sarei rimasto all’Inter per il resto della mia carriera”.
Che farai nel calcio?
“Adesso sto già facendo. Ho cominciato a lavorare come procuratore, ho studiato. Non ho mai pensato di fare l’allenatore dei portieri. Mi sto portando in questa direzione, sto facendo il corso della UEFA, un corso bellissimo anche per capire come funzionano le cose anche seduti attorno a un tavolo”.
Materazzi:
"Anche Matrix mi scrive, lui mi prende sempre in giro dicendo che porto sempre la giacca di pelle. Quando siamo andati a fare la tournè in Inghilterra, non c'erano molti giocatori perché era il periodo degli attacchi terroristici, lui mi è stato molto vicino, mi ha insegnato l'italiano. Per lo più mi ha insegnato parolacce (ride, ndr)".
Lisbona è la tua ultima città?
“Ad oggi sì, ma non voglio parlare molto sul futuro perché in passato l’ho fatto e le cose sono andate differentemente. Io sto cercando di prendere il passaporto europeo, bisogna stare dieci anni per farlo, in Italia sono stato sette anni quindi non ho fatto in tempo”.
Maicon è stato il giocatore più pittoresco con il quale hai giocato?
“Era un giocatore di grandissima personalità, nel gruppo lo ammiravamo tutti noi perché aveva questa personalità incredibile di andare in campo e dimostrare la sua forza. È stato anche un grandissimo amico, era mio compagno anche in camera nei ritiri, abbiamo condiviso tante cose importanti. Era un fuoriclasse, il terzino destro più forte con cui ho giocato. Faceva la differenza, cosa non facile nella sua posizione”.
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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