Minuto 43 di una serata freddina che precede di due giorni il Natale: dalla sinistra, arriva una punizione calibrata con la solita precisione da Hakan Calhanoglu sulla quale saltano in tanti. Ma a centrare l’impatto vincente col pallone è un colosso d’ebano con la simpatica capigliatura, che colpisce la palla forse in maniera non pulitissima ma in maniera perfida quanto basta per beffare il portiere giallorosso Wladimiro Falcone. Entra così definitivamente nella scena nerazzurra Yann Bisseck, il colosso tedesco che solo pochi minuti prima aveva sfiorato il gol capolavoro con un colpo volante da calcio d’angolo stampatosi sulla traversa. Zuccata importante, ripetuta qualche settimana dopo al Dall’Ara di Bologna piombando sul lancio di Alessandro Bastoni per insaccare la rete della vittoria, un gol che fece giurisprudenza calcistica in un match spartiacque per la corsa alla seconda stella, festeggiata mimando il gesto di un tiro a canestro che ha fatto arrabbiare inavvertitamente e in modo esagerato più di qualcuno: situazione grottesca, in quella che orgogliosamente si definisce la città italiana della palla a spicchi.
Quando, la scorsa estate, iniziarono a circolare le prime voci sull’operazione che l’Inter stava tessendo con la formazione danese dell’Aarhus, la reazione pressoché globale della tifoseria interista è stata assimilabile in una semplice esclamazione: Bisseck chi? Perché nessuno o quasi, praticamente, aveva mai sentito parlare fino a quel momento di questo ragazzone nato a Colonia, di origini camerunesi, che però nell’Under 21 tedesca ha il grado di capitano. Il suo acquisto viene accolto in maniera tiepida, ma nelle prime apparizioni estive comincia a stuzzicare per la sua esuberanza in campo che lo porta a cercare anche la giocata improvvisa nella metà campo avversaria. Una verve importante, però tutta da incanalare nei giusti alvei.
La necessaria fase di rodaggio, poi le prime apparizioni in Champions League e in campionato, fino all’exploit contro i giallorossi. In quel momento, Bisseck acquisisce la certezza di non essere solo un elemento di prospettiva ma un giocatore di assoluta affidabilità anche nell’immediato. Tesi confermata anche questa stagione, dove il tedesco si conferma giocatore dalle grandi doti e dall’altrettanto grande esuberanza, che a volte lo porta anche ad esagerare un pochino e a commettere ancora qualche errore, diciamo così, di gioventù, come avvenuto a Genova al debutto in campionato.
Ma che lo status di Bisseck si sia innalzato notevolmente lungo questi mesi lo dimostra anche l’importanza che assume il suo ritorno tra i disponibili di Simone Inzaghi dopo lo stop di inizio gennaio per un problema agli adduttori, un infortunio che si è unito a quelli pregressi di Benjamin Pavard e Francesco Acerbi e che ha costretto il mister a dover spremere oltremodo le poche scelte rimaste a disposizione, su tutti Stefan de Vrij che ha tenuto in piedi in maniera egregia la baracca. Ma già domenica sera, contro la squadra con la quale ha trovato il suo primo gol con la maglia dell’Inter, Yann può tornare ad allargare le tanto ben note rotazioni in terza linea e riprendere il discorso interrotto dopo la Supercoppa.
È decisamente cambiato il mondo intorno a Bisseck, arrivato da quasi sconosciuto e diventato nello spazio di pochi mesi un cardine della difesa nerazzurra, fino quasi a rivestire il ruolo di ‘salvatore’ di una patria che ha tanto bisogno non tanto di eroi quanto di giocatori in salute, sperando che non arrivino poi ulteriori complicazioni in una stagione dalla mole incredibile di impegni. E all’orizzonte, c’è anche un Julian Nagelsmann che attende novità per la sua Germania.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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