Dove non arriva la gamba, arriva lo spirito. E' la nuova versione dell'Inter, quella finalmente vincente, quella che ha restituito fiducia ed entusiasmo ai tifosi, quella che si è messa alle spalle la crisi di inizio stagione, quella che sembra realmente rinata dalle ceneri di troppe delusioni, al limite dell'imbarazzo. Non mi illudo, Ranieri è persona di buon senso ma non ha la bacchetta magica. Al Luzhniki secondo me ha atteso troppo a sostituire lo stremato Alvarez con Jonathan, ma se la squadra ha abbassato quasi al limite della propria area di rigore il baricentro è colpa della tenuta atletica, non delle direttive tecniche. Al Tinkerman attribuisco però un grosso merito: aver restituito le pedine allo loro posizioni naturali sulla scacchiera e aver dato una sferzata di ottimismo a un ambiente annichilito da troppe sconfitte. In campionato la risalita è iniziata a Bologna, in Europa a Mosca.

Due successi sofferti, ricchi di gol (il sogno rimasto tale di Gasperini...), figli di un carattere apparentemente smarrito per strada, ma solamente sopito. Bene, bene, andiamo avanti perché la strada è questa, in attesa di tempi migliori quando la squadra saprà tenere il campo per 90 minuti, non solo per 45. Un altro merito di Ranieri? La fortuna. E' questa la sua impronta principale sull'Inter, una buona stella che si è portato dietro per farla splendere durante le ultime due partite. In tempi non sospetti (con lo 'sfortunato' Gasperini), al Dall'Ara e al Luzhniki questa Inter avrebbe perso malamente o, al massimo, strappato un pareggio con i denti. Ora però la musica è cambiata, ed è una melodia dolcissima. Basta la giocata di un campione, e tutto torna al suo posto.

A Bologna ha pensato Milito a togliere le castagne dal fuoco. A Mosca è stato Maurito Zarate a risolvere la contesa senza neanche concedere a Vagner Love di godere della prodezza che ha portato al 2-2. Un colpo di puro talento che ha riabilitato l'argentino agli occhi dei tifosi nerazzurri, finora molto critici nei suoi confronti. E il paradosso è che proprio lui, 'comprato' a Gasperini, stavolta abbia fatto la gioia di Ranieri così come il Principe a Bologna. Ma il vero successo personale del tecnico ha un nome, un cognome e un soprannome: Giampaolo Pazzini il Pazzo. Accantonato troppo spesso da Gasp, il bomber ha griffato entrambe le gare del nuovo allenatore, che evidentemente non gli serba rancore per averlo privato, nel 2010, dello scudetto (Roma-Sampdoria 1-2, doppietta di Pazzini). Diciamolo: oggi l'ex doriano si sta facendo perdonare...

Sezione: Editoriale / Data: Mer 28 settembre 2011 alle 00:01
Autore: Fabio Costantino
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