Game over. L'autoproclamata élite formata da 12 top club europei ha spento la console dopo aver giocato virtualmente per 48 ore alla Super League, divertendosi a cambiare le regole all'insaputa dei personaggi di quel videogioco chiamato calcio. Che, come nei peggiori episodi di 'Black Mirror', si sono ribellati ai propri creatori tirando fuori un'umanità quasi sconvolgente per chi è abituato a vederli come macchine che producono emozioni solo in cambio di soldi.

E' successo che il confronto tra due modelli di business, quello futuristico proposto su carta da Perez-Agnelli e quello vigente dell'Uefa, si è trasformato nel racconto della guerra tra ricchi e poveri, squadre big cattive che distruggono i sogni delle buone provinciali protetti dall'organismo di Nyon. Un romanzo che ha fatto leva sulla gente, a cui i potenti del football, alcuni dei quali senza faccia fino a ieri, hanno ritenuto di dover chiedere scusa. 'Perché il calcio è dei tifosi', si va ripetendo in queste ora come un mantra, anche se nel corso degli anni nessuno li ha consultati prima di dar vita a cambiamenti più o meno epocali nello sport che loro amano. Da quando il pallone è finito sulle pay-tv, per esempio, non è sacrilego parlare di prodotto che ha un certo posizionamento sul mercato e di fan come consumatori. Allo stesso tempo, non si può definire 'colpo di stato' un'azione orchestrata da un gruppo di soggetti privati di un certo rango industriale che hanno tentato di creare un campionato d'Europa perché fermamente convinti del rischio default dell'intero sistema. "Nel 2024 saremo già morti", aveva detto lunedì sera il presidente del Real Madrid e Chringuito TV, parlando delle tempistiche della discutibile SuperChampions studiata da Ceferin. Parole forti che inquadrano una situazione gravissima anche per le squadre che sono alla base della piramide, la cui esistenza dipende – volente o nolente – dal vertice. Il tutto in un contesto in cui le parti non possono permettersi di non dialogare tra loro, anche perché nessun club al mondo può avere la presunzione di giocare da solo e pretendere di generare interesse. Deve esserci una competizione credibile, in cui il risultato finale sia il meno scontato possibile. Ecco perché, in un sistema monopolizzato dalla Uefa, una cerchia ristretta di società ha cercato – parallelamente alla monotonia dei campionati nazionali in cui la concorrenza è sempre meno marcata – un altro equilibrio competitivo sulla scia dell'insegnamento delle Leghe professionistiche americane. Difficile dire se la Superlega avrebbe centrato o meno questo obiettivo che rimane il Sacro Graal per garantire lo spettacolo, ma sicuramente non si può liquidare questo sforzo di ricerca sbandierando la parola 'meritocrazia'. Né tantomeno parlare di 'diritto' a giocare con le più forti quando poi lo scontro diventa clamorosamente impari. Non è più attraente per chi vince sempre, ma neanche per chi deve accontentarsi del miracolo una volta su cento.

Ieri, ad esempio, si sono affrontate Spezia e Inter, separate da 43 punti in un torneo a 20 squadre. E' finita 1-1, un pari che ha fatto felici soprattutto i bianconeri e che comunque avvicina entrambe al traguardo finale: scudetto e salvezza, rispettivamente. Sì, ma i meriti dell'intera stagione di queste due compagini chi li stabilisce? La formazione di Conte, per esempio, è prima davanti a un Milan che qualche mese fa arrivava sesto e che è partito col chiaro intento di entrare nella top 4. Probabilmente vincerà il tricolore e, per i parametri Uefa, partirà in prima fascia nei sorteggi che stabiliranno i gironi di Champions 2021-22, nei quali rischia di non esserci il Liverpool, settimo in Premier League allo stato attuale. Giusto o sbagliato che sia, è quanto è stato deciso a tavolino da chi oggi ha nelle mani l'organizzazione della Coppa per club più bella del mondo. E che solo l'anno scorso, dopo un secondo posto, relegava i nerazzurri in terza fascia. 'Colpa' del coefficiente che tiene conto dell'ultimo lustro in campo continentale e solo in minima parte di quello che accade a livello nazionale. Dove l'abbiamo sentita questa? Ah sì, quando si parlava dello scandalo degli 'inviti' della Super League. 

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Sezione: Editoriale / Data: Gio 22 aprile 2021 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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