Premessa, che mi pare d’obbligo. Al momento dell’uscita di questo pezzo sarà il sette di giugno, il mercato estivo ha ancora da cominciare e fino ad ora si parla solo di aria fritta e di fumo; argomenti adatti a buoni venditori di macchine usate statunitensi perché li, una volta nella vita, dovete provare a mercanteggiare sul prezzo di un’automobile. Altro che il souk di Marrakech. Dunque riprendiamo dal dato di fatto. Dalla certezza. Che è una ed una sola: ad oggi nulla è ancora compiuto. E per nulla intendo proprio il nulla. Cosmico. Solo un gran parlare, solo chiacchiere e distintivo avrebbe detto De Niro. Fino a questo momento, dalla fine del campionato (quindi parliamo di una settimana circa, giorno più giorno meno) ad oggi, all’Inter sono stati accostati oltre una sessantina di nomi. No, dico, una sessantina. Non dieci, quindici, facciamo pure venti. Oltre sessanta. Alcuni di questi erano realmente nei piani e nei sogni di Mancini (parliamo di Dybala e Touré); per quanto riguarda gli altri sono soltanto dei pour parler, quei “si dice” che appartengono al mondo onirico e non reale.

Perché realmente, nel mondo di tutti i giorni, quello in cui ci si alza, si lavora, si mangia, si hanno gioie e dolori, nessuno ha firmato nulla con la Società nerazzurra. Perché realmente, nel mondo di tutti i giorni, probabilmente solo i dirigenti e l’allenatore dell’Inter sanno come stanno le cose. In effetti il tifoso, che per sapere deve obbligatoriamente leggere i giornali o seguire le trasmissioni televisive, è costretto suo malgrado a nutrirsi delle parole scritte o di quelle parlate. E si trova spiazzato. Non sa più a chi credere, a chi dar retta. È come tirato per la giacchetta ora da una parte ora dall’altra. Arriva tizio…no, tizio non arriva, siamo forti su caio…no, anche caio è saltato, l’obiettivo vero e concreto e un altro. E via di questo passo. Uno stillicidio di incertezze che minano le poche certezze sportive. In questo, mi pare chiaro, la Società deve crescere. Migliorare il piano comunicativo. Magari lasciando meno spazio agli spifferi che naturalmente si creano, chiacchierando ora con questo ora con quello. Magari cercando di essere meno espliciti riguardo i profili ricercati per migliorare la rosa attuale.

Ci sono poi dichiarazioni che lasciano alquanto perplessi. No, perplessi mi pare troppo. Diciamo allora che sono di comprensione piuttosto complicata. È vero, segreto di Pulcinella, che Mancini si sia leggermente innervosito per aver perso Dybala, da lui considerato la spalla ideale dell’attacco che nei suoi pensieri avrebbe dovuto essere. Però, parliamoci chiaro, è stato il giovane calciatore argentino a scegliere la destinazione. Troppo golosa la Champions League per poterci rinunciare, soprattutto quando il tuo palcoscenico fino ad ora è stato quello di una grande città che però non aveva ambizioni di trionfi nostrani ed europei. Così come è vero, non date tanta retta a chi vi racconta il contrario, che l’allenatore nerazzurro e il suo pupillo ivoriano, Yaya, hanno vissuto quotidianamente al cellulare per un discreto periodo. Durante il quale, tra un chiacchiericcio e l’altro, avevano quasi trovato un accordo su durata del contratto e ingaggio. Che, detto per inciso, non era quello attualmente percepito dal gigante di centrocampo. Poi però, perché quando ti tocca trattare con certe società spazio di azione ne hai davvero poco, il City ha cominciato sparando una richiesta per il cartellino molto elevata. E, così facendo, ha portato a quantificare la vicenda Touré in una cinquantina di milioni. Tanti. Troppi. Anche per un grandissimo calciatore ma con una carta d’identità piuttosto datata.

Investire cifre di questo genere è possibile se dietro hai un mucchio di soldi, se la tua società non è indebitata fino al midollo, se non devi fare salti mortali per far quadrare il bilancio, rientrando nel sempre più fantasmagorico FFP inventato dal (forse) futuro presidente della FIFA. E sai che risate quando il giochino del fair play finanziario verrà esteso a tutto il mondo. Perché, al netto di tutto, con una cinquantina di milioni oggi vai a prendere un paio di ottimi giocatori, non pizza e fichi. Fin qui tutto chiaro, tutto limpido. Niente da dire. Sia in un caso sia nell’altro l’Inter ben poco ha potuto farci. Qualche piccolo problema però continua ad attanagliare la gran parte della tifoseria; si, insomma, va benissimo che si parli accostando i nerazzurri a nomi di prima, primissima fascia; però poi se gli eventuali sostituti sono lontani anni luce da quelli sfumati, ecco… come dire… capisco benissimo l’umore non proprio sorridente del popolo del cielo e della notte.

Cioè; a me piacerebbe avere Cristiano Ronaldo in campo, ma so che non è possibile. E lo sanno un pochino tutti. Però, pur ammettendo che Ronaldo non lo puoi prendere per una lunga serie di ragioni note e arcinote, si potrebbe cercare qualcuno che lo sostituisca ma che abbia un minimo di appeal. Che nel calcio, è vero, conta poco. Perché in campo si corre, e non è il nome a fare la differenza. Ma non è che si possa andare alla fiera dell’est e per due soldi comprare un topolino; che poi se lo mangia il gatto; che poi il cane morde il gatto che si mangia il topo; che poi il bastone picchia il cane che morde il gatto che si mangia il topo…e così via. Forza e coraggio; tiratevi su le maniche, c’è da lavorare parecchio. È dura, è complicata, è difficile. Ma noi siamo l’Inter. Una sfida. Immensa. Buona domenica.

P.S. Saremo pure poveri, tristi, un pochino azzoppati, con pochi soldi. Ma in Italia SOLO NOI! Alla prossima.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 07 giugno 2015 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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