Lunga intervista della Gazzetta dello Sport a Mateo Retegui, nuovo attaccante della Nazionale azzurra capace di insaccare due reti su due gare nelle prime gare con gli azzurri. Le sue dichiarazioni alla rosea.
Di Retegui calciatore si sa ormai quasi tutto. Ma chi è Mateo?
"Un ragazzo tranquillo, dal profilo molto basso, che ama stare a casa, allenarsi, passare tempo con la famiglia, i suoi cinque cani e gli amici, guardare film e serie tv. Se dovessi usare una parola, direi semplice".
L’incontro fortuito che cambia la vita.
"Sì, mi aveva visto da ragazzino giocare nelle giovanili del River Plate e si ricordava di me: dopo un paio di settimane il Boca mi prese e io decisi per sempre che la mia strada era il calcio".
Lei è forte di testa, destro, sinistro. Qual è il suo colpo migliore?
"A me non piace descrivermi, preferisco che siano gli altri a farlo. Sono molto autocritico con me stesso e lavoro forte per migliorarmi, perché a livello fisico come mentale, puoi sempre provare a fare qualcosa di più. Il mio mantra è che le mie virtù siano sempre migliori e che i miei difetti divengano virtù. L’obiettivo in campo è che ogni cosa che faccio sia la più naturale possibile".
E con la Nazionale italiana come è cominciato tutto?
"Un giorno a inizio anno stavo tornando da un allenamento e papà mi chiama per dirmi che aveva una notizia molto importante. Ma non mi sarei mai immaginato una cosa così, nemmeno nel più bello dei sogni avrei potuto pensare di giocare per l’Italia, a Napoli, nello stadio che porta il nome di Diego Armando Maradona. Non appena papà mi ha detto che Roberto (Mancini; n.d.r.) mi voleva, il mio sì è arrivato velocissimo, non c’era molto da pensarci".
Ha parlato con Mancini prima di venire in Italia?
"No, lo ha fatto solo mio papà. Con Roberto abbiamo poi parlato tanto a Coverciano, soprattutto di tattica e di come lui intende giocare. Devo ringraziare lui, tutto lo staff tecnico e i miei compagni per come mi hanno accolto e fatto sentire. Non mi sarei mai immaginato di vivere tutto questo. Ho provato a sfruttare al massimo ogni giorno per conoscere l’ambiente e iniziare a capire meglio il calcio europeo, che è molto diverso da quello argentino: è più veloce, dinamico, intenso. Si adatta a me, mi piace molto. Adesso l’obiettivo è di prepararmi ancora meglio a livello fisico e mentale se l’Italia mi dovesse richiamare".
Ha un giocatore a cui si ispira?
"Tanti che guardo e che ammiro. Haaland del Manchester City è uno di quelli, un 9 letale che mi piace tantissimo. Poi Lewandowski, Ibrahimovic, sono tutti molto completi. E sono dei leader".
Poi in estate arriverà la chiamata dall’Europa.
"Sì, il presidente Melaraña ha detto che a luglio potrebbe essere probabile che io venga ceduto. A me piace molto l’idea, è un sogno per tutti quelli che giocano a calcio, i più grandi sono in Europa".
Non ce n’è uno di club a cui guarda con più attenzione? Si parla dell’Inter molto interessata a prenderla.
"Non c’è niente di concreto e non so cosa stia succedendo, è papà che si sta occupando del futuro. Io con la testa sono al 100% sul Tigre. Giovedì (la notte scorsa; n.d.r.) esordiamo nella Copa Sudamericana (la nostra Europa League; n.d.r.) in casa contro i brasiliani del San Paolo, poi domenica saremo in trasferta contro il Godoy Cruz. La mia attenzione è tutta qui".
Se in Argentina il derby è tra Boca e River, in Italia c’è quello tra Inter e Milan, che stanno pensando a lei.
"Non so se sia vero. Ripeto, se ne sta occupando mio papà con i dirigenti del Tigre".
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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