Quando si rinfaccia al calcio italiano la peculiarità del tatticismo esasperato, quasi fosse un obbrobrio estetico e, in qualche caso, una sorta di freno per la crescita del movimento, si guardi al Crotone di Nicola. Fatto salvo lo sciagurato esordio di San Siro col Milan, quando i rossoblù sono rimasti precocemente in dieci, e hanno finito per aprirsi come un’ostrica di fronte alle offensive avversarie, la squadra calabrese si è poi distinta per una cura maniacale della fase difensiva, con un’occupazione degli spazi che non si limita alla consueta muraglia a difesa della propria area. Nicola, infatti, sa bene che in tal modo i suoi finirebbero per attrarre come api col miele le sortite degli avversari: contro l’Inter, poi, un Perisic che ti salta in serpentina può capitarti da un momento all’altro, e quella muraglia rischierebbe di trasformarsi in una disordinata linea di birilli da saltare in bello stile. Pertanto, il tecnico rossoblu decide di imbrigliare il centrocampo avversario, portando il suo fronte difensivo a ridosso della metà campo e creando una selva di gambe dalla quale fatica a sbucare qualsiasi palla giocabile. Il Crotone, insomma, fa della densità la sua arma più significativa: i ragazzi di Nicola sono vicinissimi tra loro, ben consci che la riuscita del compagno dipende anche dal mantenimento della propria posizione. Questo principio, quasi di reciproca solidarietà, ricorda in qualche modo la strategia alla base della falange oplitica, schieramento impenetrabile della fanteria che fece le fortune dei greci nelle celeberrime guerre persiane. Era appunto un concetto di solidarietà e, insieme, di dedizione alla causa comune: se sto vicino al mio compagno e col mio scudo proteggo il suo fianco, salvo la sua vita, la mia e, sopratutto, salvo la patria.
IMBRIGLIATI DALLA FALANGE - Eccola, la falange del Crotone di Nicola, un mutuo sacrificio in nome del bene comune: disposti in uno schieramento fitto e impenetrabile, i rossoblu riescono a sporcare qualsiasi pallone l’Inter tenti di giocare nella prima frazione, costringendo i ragazzi di Spalletti a un possesso sterile sulla propria trequarti che, in qualche caso, diventa anche pericoloso per via dell’intelligente pressing portato dagli avanti calabresi. In avvio di ripresa, addirittura, il Crotone ci prova, tentando qualche sortita offensiva che, tuttavia, tiene sempre conto del principio di reciproca solidarietà: nessuna azione sconsiderata, mai un gesto individuale che sia slegato dalla ferrea logica dello schieramento. L’Inter subisce il colpo, salvata dal solito Handanovic, ultimo baluardo che tira fuori la migliore prestazione stagionale e torna a indossare il costume da supereroe cui troppo spesso è stato costretto a ricorrere dal disastro tecnico della scorsa stagione. Là davanti, invece, la falange avversaria tiene e gli spazi latitano, cosicché uno spento Icardi si trova avviluppato dalle maglie avversarie e costantemente a secco di palloni giocabili, visto che la strategia di Nicola ottura qualsiasi via per quelle imbucate centrali che, finora, hanno costituito uno dei tratti più importanti e vincenti del copione tattico spallettiano.
QUEL PIZZICO DI CAOS - Occorre tornare sulle fasce, dunque, ed è lì che l’unico, reale elemento di imprevedibilità arriva nientemeno che dal subentrato Nagatomo. Il giapponese, artefice di giocate estemporanee che spesso –non ce ne voglia– colgono alla sprovvista i suoi stessi compagni di squadra, porta quel classico pizzico di caos capace di demolire da solo un’architettura perfetta. Stavolta la vittima è proprio il Crotone di Nicola, che soffre la spinta garibaldina del nipponico e concede la punizione galeotta con cui l’Inter sblocca la gara. La stesse rete di Skriniar, che deve girare un paio di volte su se stesso per ritrovare il pallone nel groviglio di gambe, è in qualche modo un’ottima sintesi del match: per districarsi nella selva di avversari, niente di meglio di un bel tiro di punta, rozzo quanto si vuole, ma efficacissimo, come una lancia scagliata un po’ alla cieca che buca la falange e, in un momento, capovolge le sorti della battaglia. Il raddoppio di Perisic, in fondo, ne è soltanto la diretta conseguenza, col Crotone ormai disunito e la falange che ha significativamente allargato le sue maglie, nella ricerca di un atteggiamento più offensivo. Il caldo, il terreno, la falange di Nicola. Resti la brutta prestazione, resti impressa nella memoria anche l’eccessiva fatica nel fraseggio del centrocampo di Spalletti; siamo però sicuri che questi tre punti, sporchi e sudati come sono, non valgano oro?
Autore: Antonello Mastronardi / Twitter: @f_antomas
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