Anche in Francia fa notizia la difficoltà dell’Inter a trovare continuità di risultati, dopo più di una stagione con Walter Mazzarri alla guida. Il magazine transalpino So Foot, in particolare, si interroga su quella che è la costante incapacità da parte dei nerazzurri di spiccare il volo, malgrado il contesto sia cambiato nell’arco di due stagioni. Se infatti, il primo anno, Mazzarri ha dovuto affrontare la svolta storica del cambio societario, e più in generale non aveva a disposizione un materiale umano ideale per pensare di lottare ai piani alti, riuscendo nonostante ciò a raggiungere l’obiettivo del ritorno in Europa nonostante le critiche per il poco gioco, in questa stagione, malgrado il gran lavoro di Piero Ausilio che ha consegnato al tecnico nuovi giocatori anche di buona qualità specie se rapportati alle risorse economiche a disposizione, la squadra continua a non convincere, per livello di gioco e risultati. La classifica non mente, e anche se l’Inter è ancora a pochi punti dal terzo posto, si avverte la sensazione che le idee del tecnico e l’interpretazione offerta dai giocatori viaggino su binari paralleli che non tendono a congiungersi.
Nell’articolo a firma di Markus Kaufmann, viene analizzata in modo particolare l’identità classica delle squadre di Walter Mazzarri: gruppi forti e di personalità, con la difesa bassa, il centrocampo robusto e le ali punto nevralgico della manovra offensiva. Sistema che però va in difficoltà quando le sue squadre incrociano formazioni che giocano trincerate in difesa, e un’esigenza quasi fisica di avere elementi che sappiano interpretare bene questo schema di gioco. L’Inter dell’anno scorso, in questo senso, era mazzarriana allo stato puro, specie quando Hugo Campagnaro e Mauro Icardi erano abili e arruolabili e Jonathan e Yuto Nagatomo sapevano sfruttare gli effetti positivi di un pre-campionato intenso. Col passare del tempo, la qualità è calata nonostante gli ottimi numeri di Rodrigo Palacio, ma alla fine l’obiettivo minimo è arrivato. Quest’anno, invece, Mazzarri ha cercato di fare uno step in più, una sorta di evoluzione che però per il momento sta affrontando diverse crisi di rigetto.
Alla Pinetina, si legge, si evocano con una certa insistenza concetti come quelli di ‘pressing’ e ‘possesso palla’, ma la persistenza dello schema 3-5-2 dà adito a diversi equivoci: in primo luogo, questo modulo non è assolutamente pensato per la circolazione della palla nella metà campo avversaria. I nerazzurri vantano sin qui la terza percentuale di possesso palla dell’intero campionato, con Gary Medel che a livello individuale vanta il maggior numero di passaggi riusciti. Ma è un possesso palla che si rivela quasi sempre sterile, perché l’approccio rimane quello del 3-5-2 classico, quindi senza un disegno ben preciso di azione. In secondo luogo, manca il supporto degli inserimenti dei centrocampisti, quel lavoro che alla Juventus fanno benissimo uomini come Arturo Vidal e Paul Pogba. In fase di attacco i nerazzurri “sembrano avere cinque uomini fluttuare sulla stessa linea; davanti a Medel, la coppia Kovacic-Hernanes non sembra la più adatta: tanta riflessione e pochi inserimenti. Solo Fredy Guarin ha dato qualche soddisfazione in questo senso, mentre sulle fasce gente come Dodò, Yuto Nagatomo e Joel Obi si piazzano in sostegno del possesso palla e non della creazione del gioco”. Di conseguenza, arriva il terzo equivoco, la scarsa legatura tra centrocampo e attacco: la dice lunga il fatto che il più pericoloso attaccante dell’Inter sia stato sin qui Pablo Osvaldo, che sa giocare bene tra le linee per liberare lo spazio a Mauro Icardi e proporsi per la costruzione.
Altro problema: i difensori centrali, che non sembrano avere le qualità tecniche necessarie per sostenere la manovra. Manca un Bonucci che aiuti in caso di marcatura sul regista, all’Inter il più attivo in fase propositiva è Juan Jesus, “con tutti i rischi che ciò comporta. Allora, perché non far arretrare Gary Medel, bravissimo anche nella difesa a tre come nel Cile?”. Punto cinque, manca ancora l’organizzazione del possesso palla: in caso di pressing forte, la squadra patisce l’impossibilità di avanzare di qualche metro. Il che costringe Mateo Kovacic, che dovrebbe approfittare di questo sistema di gioco per trovarsi più vicino all’area, a rinculare per riprendere le redini. Ultimo ma non ultimo, il problema delle palle perse: per cercare di giocare nella metà campo avversaria, spesso viene lasciata una voragine tra l’ultima linea e la palla rubata. Da qui nascono le occasioni subite, e una certa vulnerabilità al cospetto di attaccanti più rapidi.
In conclusione, vengono suggerite a Mazzarri due strade: o tornare sui suoi passi, ridimensionando un po’ le potenzialità del suo gruppo, oppure adattarsi una volta per tutte alle nuove idee, il che dovrebbe comportare mutamenti radicali a partire dalla difesa a quattro (soluzione che però, quando applicata in corsa, non ha mai pagato sin qui, ndr). L’Inter di Massimo Moratti ha dovuto aspettare l’arrivo di Hector Cuper perché una lunga lista di campioni diventasse una squadra, scopo raggiunto già nella prima stagione. Per quel che riguarda Mazzarri, invece, "pure se Thohir sembra intenzionato a non cambiare guida tecnica a campionato in corso, la grinta sembra trasformarsi ogni giorno di più in nervosismo”, chiosa Kaufmann.
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