Campeones del Mundo. Los argentinos son campeones del mundo por tercera vez. Si conclude così la ventiduesima edizione della Coppa del Mondo, la più discussa fino a questo momento, la più atipica, la più strana, la più magica, la mas hermosa come cantano fieri gli argentini. Un cerchio che si chiude nel delirio più totale del popolo dell’Albiceleste, tornato sul tetto del Mondo dopo trentasei anni, dopo varie delusioni, una dietro l'altra che, né Maradona né Leo Messi erano riusciti ad evitare. Ma il sogno di questo popolo acquisisce sempre più certezze col passar del tempo, e a fare della Seleccion di Lionel Scaloni una delle più favorite per il titolo del Qatar è la più invisibile delle forze di una squadra di calcio: la coesione mista all'irrefrenabile voglia di raggiungere l'obiettivo, comune a tutti gli elementi che la compongono. Che l'Argentina cercasse un riscatto dopo anni infausti era reso ben chiaro da pazienza, zelo e coraggio con i quali il neo ct della Nazionale subentrato, inizialmente ad interim, a Sampaoli ha cominciato a rivoluzionare un gruppo, probabilmente troppo ancorato a vecchi dogmi che faticava non poco ad emergere nel nuovo panorama calcistico. Un lavoro cominciato nell'agosto 2018 che trova la prima gratificazione con il terzo posto nella Copa America del 2019 che regala all'ex calciatore laziale la riconferma che porterà alla vittoria del sopraccitato Torneo nel 2021, prima della definitiva consacrazione arrivata con il mas grande dei titoli: la Coppa del Mondo sollevata qualche giorno fa.
Una finale che, con buona pace dei vincitori delle scorse edizioni, italiani compresi, ha tutte le carte in regola per passare agli annali come la più entusiasmante degli ultimi tempi e che, per il risultato finale, ha non a caso trovato festeggiamenti in varie parti del mondo, non solo in Argentina che dal canto suo proprio per la finalissima della scorsa domenica ha trovato milioni e milioni di sostenitori. E proprio ripensando ai tantissimi sostenitori della Seleccion contro i francesi, la domanda sorge spontanea... Perché? Perché la squadra di Lionel Scaloni ha trovato una così ampia fetta di consenso e supporto? Nella lista delle spiegazioni la prima di tutte, quantomeno nel Bel Paese, sembra quasi scontata e ha a che fare con l'atavica rivalità che scorre tra gli italiani e i vicini di casa d'oltralpe, ovvero i francesi. Tutti ma non i francesi, che domenica scorsa contro l'Albiceleste avevano addirittura la possibilità di vincere il secondo Mondiale di fila, risultato finora conseguito soltanto da Italia e Brasile, '34-'38 la prima, '58-'62 il secondo. Un motivo in più per remare, quantomeno col pensiero, contro i transalpini, storicamente tutt'altro che nelle grazie degli azzurri che vantano ancora il piacere di aver sollevato la quarta Coppa sotto il cielo di Berlino proprio battendo i vicini di casa che hanno concluso il cerchio di un signor Mondiale con tanto di traversa e colpi di testa... Soprattutto colpi di testa. Ma questa è un'altra storia perché per quanto l'astio per i transalpini, quest'anno tra l'altro trainati da due vicine conoscenze, anche in questo caso non proprio tra i più simpatici, ovvero i milanisti Olivier Giroud e Theo Hernandez, a fare dell'Argentina la favorita delle partecipanti ad un Mondiale al quale gli italiani sono i grandi esclusi è, per gli interisti, lo storico legame con la Beneamata.
Dalla banda dell'asado a Lautaro Martinez, passando per i vari Crespo, Cruz, Icardi stesso, senza dimenticare anche i meno leggendari come i vari Schelotto o Zarate e i 'piccoletti' ancora in fase di crescita come Carboni o Colidio... "Il legame tra l'Argentina e l'Inter è storico, tantissimi sono i giocatori argentini che hanno vestito i colori nerazzurri. Giocatori che hanno fatto la storia", lo diceva qualche anno fa Javier Zanetti, l'emblema della fortissima unione tra Argentina e Inter, che all'epoca di queste dichiarazioni tifava per il capitano di quel momento, ovvero Mauro Icardi, al quale il destino ha riservato però una strada ben diversa rispetto a quelle che erano le aspettative della Beneamata, ma anche della Seleccion, che dall'insediamento di Scaloni aveva finalmente ritagliato un piccolo spazio all'ex capitano nerazzurro. Un'eccezione a conferma di una regola che vede indissolubilmente legati i due mondi mai davvero così lontani come sulla carta e non è un caso che l'Inter trovi nella terra del futbol un gran numero di sostenitori: "L'inter ha tantissimi tifosi in Argentina perché tantissimi calciatori argentini sono passati da questo club", diceva Lautaro qualche anno fa, raccontando di come aveva vissuto la finale di Champions del 2010, decisa proprio dal Principe degli interisti e degli argentini, ai tempi in cui l'Inter era per lui un semplice club al quale simpatizzare. E chissà che il legame non sia dettato da un invisibile filo che unisce vari punti: tra l'Albiceleste e il club di Viale della Liberazione sono più di uno gli elementi in comune, al di là dei campioni condivisi.
La similitudine è dettata addirittura dal dna, non è un caso che la stessa vittoria contro i francesi abbia preso i contorni di un'interistata da manuale. Vantaggio per 2-0 azzerato dai colpi di un fenomenale Mbappé risvegliato dalla tranquillità troppo precoce dei biancocelesti, ancora vantaggio e ancora pareggio che si conclude con un successo finale al sapore di ansia e cardiopalma, tipici dalle parti della Milano Bauscia. Vittorie comode mai ponderate, come d'altronde accadde anche in quel lontano 1986, quando la Coppa fu sollevata da Maradona solo dopo un saliscendi di emozioni fatto di dominio degli argentini, lasciatisi raggiungere a otto minuti dal novantesimo da Völler, beffa che per poco non rinviò il giudizio ai tempi supplementari, scongiurati dalla rete di Jorge Burruchaga all'85esimo. Una partita, comunque, meno sfiancante della lotteria dal dischetto, alla quale si è dovuto assistere la scorsa domenica. Un ottovolante di emozioni che si è concluso con la gioia dei sudamericani e di un abbondante 90% degli interisti, leggermente delusi per il Mondiale di Lautaro, che in Qatar è sembrato la brutta copia del Toro visto in Coppa America e qualificazioni alla Coppa del Mondo, ma altrettanto, se non più, felici nel vederlo salire sul tetto del Mondo a fianco di un leggendario Walter Samuel, secondo di Scaloni, che all'Inter pagine importanti ne ha scritte e come. The Wall ma non solo, perché la bellezza del sorriso di Zanetti, emozionato e orgoglioso de ser argentino, e l'autentica umiltà con la quale si è lasciato andare in un infinito abbraccio con Leo Messi è un po' il sorriso di tutti gli interisti, che di quella vittoria ne hanno un po' 'rubato' un pezzetto. Perché in fondo siamo fratelli del Mondo, con qualche gene argentino più dominante di altri.
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Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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