Diego Milito a tutto campo: il Guerin Sportivo ha raggiunto il Principe nella sua Avellaneda, dove sta proseguendo la sua carriera strepitosa nelle fila del Racing, la squadra dove è cresciuto calcisticamente. Nel suo lungo dialogo con la rivista diretta da Matteo Marani, ovviamente, ci sono tanti riferimenti alla sua Inter, quella del Triplete, ma anche a quella di oggi. Ecco alcuni passaggi dell’intervista:
Segui il calcio italiano? Cosa pensi del momento positivo dell’Inter?
“Non ho mai smesso di seguirlo. L’Inter ha vissuto un momento particolare l’anno passato, direi quasi normale per un club che attraversa un processo di ristrutturazione. Ogni squadra che passa per una tappa del genere ha bisogno di tempo. Ora le cose sono tornate a girare al meglio”.
Roberto Mancini è l’uomo giusto per riportare i nerazzurri in alto?
“Mancini è un grande allenatore, con esperienza e carattere. E conosce bene l’ambiente. L’Inter, al di là di tutto, è una squadra di livello mondiale. E’ solo questione di tempo e tornerà al successo, come ha fatto in tutta la sua storia”.
Sei stato testimone in prima persona del passaggio di consegne tra Massimo Moratti ed Erick Thohir. Che cambiamenti hai percepito tra le due dirigenze?
“Sono stato molto poco per sentire delle vere differenze. Non ho avuto l’opportunità di conoscere Thohir a fondo, ma posso parlare di Moratti: un uomo di una generosità straordinaria, che stimo molto, che ha creduto in me e mi ha permesso di arrivare all’Inter. E’ stato come un padre per me e gli sarò sempre grato per le possibilità che mi ha dato e i traguardi che mi ha permesso di raggiungere”.
Come definiresti il popolo interista? Assomiglia a quello del Racing? Il Racing è l’Inter d’Argentina?
“Ho avuto la fortuna di giocare a Genova e a Milano, e posso dire che le tifoserie di Genoa e Inter assomigliano molto a quella del Racing. Il tifoso dell’Inter non ti abbandona mai, ti accompagna sempre: tornare a vincere in Italia gli è costato tantissimo, figuriamoci in Europa, dove ha passato 45 anni senza alzare la Champions League. L’hincha del Racing ha aspettato 35 anni per festeggiare un campionato e poi altri 13, dal 2001 al 2014, senza per questo demoralizzarsi o perdere la fede. Buenos Aires, Genova e Milano sono città passionali e le tifoserie dei tre club si assomigliano”.
Ricorrono in questi giorni i cinque anni dalla conquista del Mondiale per club, completamento dell’incredibile stagione del Triplete. Ripercorriamola partendo dalla finale di Champions.
“Ricordo la voglia di vincere di tutti quanti, il sogno di riportare la Coppa a Milano. E’ stato qualcosa che ho sentito fin da subito, da quando sono arrivato a inizio stagione: nella testa di tutti, giocatori e tifosi, c’era il chiodo fisso di vincere la Champions”.
Qual era il punto di forza della Tango Inter del Triplete?
“Una grande squadra che sapeva ciò che voleva, senza dubbio la formazione più forte in cui abbia mai giocato. L’Inter era reduce da quattro scudetti consecutivi e l’idea della squadra di José Mourinho era quella di entrare nella storia a tutti i costi, pur sapendo che non sarebbe stata un’impresa facile. La forza di quel gruppo era la garra, la voglia di vincere, il cuore: avremmo dato la vita, se l’avessero chiesto”.
Cos’ha José Mourinho che gli altri non hanno?
“E’ un grandissimo allenatore, uno dei migliori che ho incontrato nella mia carriera, se non il migliore in assoluto. Sa gestire il gruppo come nessun altro, è un grande motivatore e ha la capacità di spingere ogni elemento a dare il 100%. Lui lo Special One? Il punto è che non ha paura di esporsi, si interpone tra media e squadra per togliere pressione al gruppo: durante l’anno del Triplete si è sempre assunto grandi responsabilità, in prima persona, permettendoci di giocare tranquilli domenica dopo domenica”.
Cosa vi ha detto prima di scendere in campo al Bernabeu?
“Niente di speciale. Contrariamente a quello che s può pensare, a parte mantenere una buona relazione con tutti, Mou ha sempre fatto in modo che nello spogliatoio regnasse un clima molto rilassato e sereno, tanto durante gli allenamenti quanto prima di ogni partita”.
Quanto è pesata la successiva partenza di senatori come te, Cambiasso, Zanetti e Samuel?
"Sono state tutte partenze importanti, oltretutto avvenute nello stesso periodo. Ma come ho già detto, l'Inter tornerà a vincere, è solo questione di tempo. La squadra di oggi ha grandi giocatori e ragazzi che stanno crescendo e il periodo di transizione li ha aiutati a maturare. Ho avuto la fortuna di condividere lo spogliatoio con molti di loro, so che hanno le capacità e la personalità necessarie per affrontare i momenti di difficoltà".
Mauro Icardi può essere il tuo erede in nerazzurro?
"E' ancora molto giovane, ma cresce e migliora di anno in anno. Finora ha fatto molto bene: se manterrà i margini di miglioramento dimostrati, diventerà il punto di riferimento del'Inter. Ha tutte le caratteristiche per diventare un top player".
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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