Una stagione complicata fino a questo momento per una neopromossa che è tornata in Serie B dopo anni di Lega Pro, chiamata ora a rincorrere il vero obiettivo finale. Una salvezza che avrebbe un significato importantissimo, considerando le difficoltà estive nell'allestire una squadra con pochissimo tempo a disposizione. Ma il gruppo è unito, una rosa in cui, nonostante l'ultimo posto in classifica, non manca certamente la qualità, centrocampo compreso. Il reparto in cui Daniel Bessa è un titolare inamovibile in questo Calcio Como. Classe '93 di San Paolo, il numero 3 azzurro si racconta in questa intervista esclusiva a FcInterNews, ripercorrendo le tappe che lo hanno portato all'Inter da ragazzino, partendo dagli esordi in Brasile, passando per i trionfi con la Primavera di Andrea Stramaccioni fino ad arrivare all'attualità e al campionato di Serie B in corso.

L'inizio in Brasile tra Futsal e Coritibia: che ricordo hai di quel momento?
"Quel periodo resterà per sempre nel mio cuore, è il posto in cui sono cresciuto e dove ho avuto l'occasione di essere parte di un vero gruppo. Al Coritibia sono stato 7 anni e ho dato tutto me stesso, poi ho fatto un anno di settore giovanile all'Atlético Paranaense. Successivamente è arrivata la chiamata dell'Inter".

Approdi a Milano nell'estate del 2008, aggregandoti con la Primavera: chi ha avuto l'intuizione del tuo acquisto?
"Ho giocato un torneo nazionale in cui Casiraghi (storico osservatore nerazzurro, ndr) mi ha notato. La società ha manifestato il proprio interesse per portarmi in Italia, io e la mia famiglia abbiamo pensato molto a questa possibilità, con calma e serenità, perché all'epoca avevo solamente 15 anni. Mia madre e mio fratello hanno valutato con attenzione, poi io ho accettato perché quella era una grande occasione per me ed ero felice".

Successivamente arriva il momento più importante, sia a livello di squadra che personale: la stagione 2011-2012. Quanto è stata importante quell'annata?
"Quella stagione rappresenta il momento migliore, quello più speciale dopo aver già fatto tre anni e mezzo di settore giovanile all'Inter. Da due anni andavo in ritiro con la Prima Squadra e proprio mentre ero con i 'grandi' ci avevano comunicato che sarebbe arrivato Stramaccioni, un allenatore giovane proveniente dalla Roma. Sin da subito avevamo capito che la stagione sarebbe andata bene, poi tanti del nostro gruppo erano già al secondo anno di Primavera, quindi c'era anche esperienza per la categoria. Eravamo molto uniti, e infatti abbiamo conquistato i due trofei più importanti: lo Scudetto e la Next Generation Series. E quest'ultima vittoria ha poi lanciato il mister in Prima Squadra. Sicuramente resta l'annata più bella, tutto è andato in maniera perfetta".

Nella tua, seppur giovane, carriera impossibile non riservare un posto speciale proprio a mister Andrea Stramaccioni.
"Abbiamo costruito un feeling eccezionale in quella stagione, direi il massimo tra allenatore e giocatore. Poi le cose sono cambiate molto velocemente, sia per me che per lui, seppur in modi differenti. Il mister è salito in Prima Squadra dovendosi confrontare con una realtà tanto importante quanto complicata come allenare l'Inter, mentre io mi sono fatto male gravemente. Con il mister è andato tutto benissimo, l'ho trovato nel momento in cui aveva il livello di motivazione e voglia di arrivare più alto. Insomma, ci siamo trovati su tutto".

All'inizio di quella stagione, in pre-season, hai 'assaggiato' il calcio dei 'grandi' allenandoti con campioni incredibili quali, per esempio, Wesley Sneijder e Samuel Eto'o. Quanto è stato importante per te l'occasione di poter lavorare con giocatori di questo livello?
"Ricordo i tanti consigli che tutti questi grandi giocatori riservavano a noi giovani, e crescendo ho capito quanto sono stati utili e preziosi. L'esperienza, la mentalità vincente, le grandissime qualità... In quel momento stavo realizzando un sogno. Purtroppo non c'è stato un prosieguo, ma è stato fantastico. Loro erano già consacrati ed erano al top, ma nonostante questo si notava la loro voglia, la loro abnegazione nel lavoro, e un giovane come me capiva tante cose. Sicuramente non potevano esserci esempi migliori".

Nonostante la giovane età hai già avuto modo di girare, sia in Serie B che all'estero, con Vicenza, Olhanense, Sparta Rotterdam e Bologna: che bilancio fai di queste esperienze?
"Riassumerei questo periodo come un modo di arrivare differente, ma comunque molto importante. Purtroppo ho avuto dei problemi fisici all'inizio, ma la mia volontà e voglia di sacrificarmi non sono mai mancate. Io sono uno che ama mettersi in gioco, quindi preferisco fare delle esperienze di vita collegate al calcio. Stiamo parlando di esperienza valide, che mi sono servite per crescere. L'esperienza di Bologna è stata quella più importante, quella che mi ha rilanciato a livello fisico e individuale. Ho ritrovato quella fiducia che, da infortunato, rischia di venir meno. Voglio continuare così, quando sto bene fisicamente io ci sono".

Il presente, invece, si chiama Como: l'obiettivo della squadra, ovviamente, si chiama salvezza.
"La qualità c'è. Il livello della squadra è tale da poter raggiungere questo traguardo. Dobbiamo essere più cinici e capire che quello che stiamo facendo non è sufficiente, anche se a volte la fortuna ci ha voltato le spalle. Quando miglioreremo sono sicuro che raccoglieremo delle soddisfazioni. L'impegno e le prestazioni ci sono, ma mancano i risultati. Non dobbiamo mollare, assolutamente. La società ha mandato un segnale cambiando allenatore, noi dobbiamo metterci in luce e dimostrare. Il gruppo è nuovo, costruito all'ultimo momento. Ma siamo una rosa di buoni giocatori, ci serve tempo per crescere. Manca il risultato, quando inizieremo a farli non ci fermeremo più".

Tornando a te, ultimamente hai avuto modo di sentire il direttore sportivo dell'Inter Piero Ausilio o altri membri della società?
"Ausilio, come gli altri membri del settore giovanile, mi conosce benissimo e mi stima. Ma dipenderà solo da me, devo farmi trovare pronto nel momento opportuno. Io non posso fare altro che ringraziare la società perché mi ha sempre dato fiducia, e lo sta facendo anche ora. Avrebbero potuto abbandonarmi, ma non l'hanno mai fatto. Puntano ancora su di me e questo mi fa enormemente piacere. Io sono a Como, vicino a Milano, quindi cerco anche di andare a vedere le partite a San Siro. Ma la cosa più importante è il campo. Per far sì che l'Inter possa tornare a puntare su di me devo dimostrare il mio valore. Questo è quello che conta di più".

Essendo ancora il club proprietario del tuo cartellino, il sogno resta quello di tornare a vestire la maglia dell'Inter?
"Sicuramente. Non posso sapere se e quando questo accadrà, ma voglio ripagare l'Inter per tutto quello che ha fatto per me. La società ha sempre trattato in modo esemplare ogni ragazzo, e lo stesso vale per me. Forse anche di più. Mi hanno considerato in modo speciale in ogni momento. Sono arrivato all'Inter da ragazzino, sono cresciuto e sono diventato uomo con la maglia nerazzurra. Se dovessi tornare un giorno sarei la persona più felice del mondo, altrimenti farò il calciatore altrove. Giocare a calcio è la cosa più bella per me".

Sezione: Esclusive / Data: Ven 06 novembre 2015 alle 13:26
Autore: Francesco Fontana / Twitter: @fontafrancesco1
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