Si dice che il 3 sia il numero perfetto. L'ultima volta che l'Inter vinse tre gare di seguito in campionato, novembre 2012, in panchina sedeva Andrea Stramaccioni. Lunedì sera si è tornati a calare il tris, pur con la solita buona dose di sofferenza, contro il Cagliari al Sant'Elia. E questa volta poteva essere poker, Coppe comprese, se nello splendido teatro di Glasgow chiamato “Celtic Park” o se volete “The Paradise”, non si fosse steccato proprio all'ultima scena. Roberto Mancini lo disse all'inizio della sua prima avventura interista: “Vincere aiuta a vincere”.

Al tempo si riferiva ai trofei, anche se non di eccezionale valore come la Coppa Italia, i quali però dovevano tornare a entrare nella bacheca nerazzurra che da troppo tempo non si riempiva. Dopo la conquista della prima coppa nazionale dell'era Mancini, stagione 2004-2005, sappiamo tutti come è andata: sei anni di dittatura nerazzurra. Il Mancini 2.0 ripete lo stesso slogan: “Vincere aiuta a vincere”, accontentandosi intanto di chiedere i tre punti nella partite singole, soprattutto guardando la classifica dopo il brutto pareggio di Empoli e le gravi sconfitte contro Torino e Sassuolo. Mentre qualche tifoso iniziava addirittura a temere chissà quali scenari (ridicoli), il tecnico ha avuto il merito di non trasmettere ansia, ha sottolineato gli errori di singoli e di reparto, pensando però sempre al bicchiere mezzo pieno, ossia a un lavoro che avrebbe portato in un tempo non lunghissimo l'Inter a giocare da grande squadra come blasone impone e non come una provinciale di lusso in cui il concetto di “equilibrio” diventava alibi per non osare.

In breve tempo l'Inter è passata dall'undicesimo al sesto posto, ha più che buone possibilità di accedere agli ottavi di finale di Europa League, in Coppa Italia è uscita per aver fatto harakiri al San Paolo contro il Napoli. Il Mancio sta trovando la quadra, oltre che la squadra. Accontonato in fretta un troppo ambizioso 4-2-3-1, funziona invece il 4-3-1-2, c'è competizione ad alto livello in ruoli chiave, vedi Shaqiri-Kovacic; Palacio-Podolski; Guarin-Hernanes, etc. L'attacco ha finalmente imparato a segnare, Maurio Icardi, con i suoi 14 gol in campionato, capocannoniere a pari merito del celebrato Tevez, il fiore all'occhiello. I nuovi arrivati, escluso un Podolski troppo brutto per essere vero, hanno portato qualità e quantità. Facile pensare subito a Shaqiri o a Brozovic, ma un plauso particolare lo merita, a mio avviso, Davide Santon per la sua trasformazione da bambino prodigio, ma senza struttura, ad atleta maturo, fisicamente imponente, tatticamente prezioso. Finalmente per una volta l'esperienza oltre confine ha fatto bene all'Inter e non ha disperso un talento.

Roberto Mancini ha restituito alla gente nerazzurra la voglia di guardare le partite dell'Inter. Da qualche settimana, almeno venti minuti da grande squadra sono garantiti. Come i primi venti minuti giocati contro il Celtic. Nerazzurri subito sfrontati, alti, palla a terra che viaggiava veloce, voglia di sferrare cazzotti letali fregandosene dei sessantamila che cantavano incessantemente il loro amore per quelle maglie bianco e verdi. Il 2-0 a favore era il naturale raccolto di quella semina così bella. Poi è emersa, fastidiosa, la parte negativa che accompagna le prestazioni della squadra: una fase difensiva deficitaria e una mancanza di personalità nei momenti cruciali delle gare che amplifica, invece di coprirli, i difetti di difensori non eccelsi. E così l'Inter continua a incassare troppe reti evitabili che mettono a rischio il conseguimento del risultato. Non è facile coniugare la necessità di lavorare duramente in allenamento dal punto di vista didattico con l'incombenza della vittoria da portare a casa. Specialmente in questo periodo che chiama la squadra in campo ogni tre giorni. Ecco perché vincere, anche soffrendo, aiuta a vincere. E anche a convincere.

Non sappiamo quale obiettivo reale riuscirà a centrare l'Inter in questa stagione. Anzi, uno lo sta raggiungendo: il ripristino di una credibilità che sembrava perduta, nonostante il predecessore di Mancini si sia affannato nei giorni scorsi a rivendicare la bontà del suo 3-5-2 senza lampi ed emozioni. Anche se il lavoro portato avanti da Mancini, come detto, è ancora lungo e difficile. Intanto la Milano nerazzurra riabbraccia Erick Thohir che assisterà domani a Inter-Celtic, decisiva per il passaggio del turno in Europa League e domenica a Inter-Fiorentina, altro crocevia importante per il raggiungimento di un posto in classifica che regali visibilità europea. Il tycoon indonesiano, pienamente soddisfatto delle gestione Mancini, deve anche fare di conto. Nel fine settimana l'Uefa fornirà le prime indicazioni su eventuali sanzioni ai danni dell'Inter in ossequio al Financial Fair Play, qualcuno ipotizza il peggio, ma il presidente sottolinea soddisfatto come i ricavi stiano aumentando con l'espansione del famoso “brand” nerazzurro in giro per il mondo.

A Nyon si giocherà quindi un'altra partita, non meno importante, ma speriamo che in questo caso la difesa funzioni per l'intero incontro. Intanto godiamoci la vigilia della sfida di domani con il Celtic. Giorno feriale, fischio di inizio alle 19. Impossibile sperare nel tutto esaurito come al Celtic Park, ma quelli che andranno al “Meazza” decidano di essere il dodicesimo in campo. Anche così si butta la palla in rete.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 25 febbraio 2015 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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