L'Inter non fa paura come ha detto Antonio Conte dopo il secondo 0-0 nel giro di due mesi esatti che è costato l'uscita di scena da tutte le Coppe. Da Inter-Shakhtar a Juve-Inter si è aperto e chiuso un percorso circolare (il famoso percorso) in cui si possono racchiudere tutti i limiti di una squadra ancora incapace di leggere i momenti di una partita o, più in generale, di una competizione in cui la sopravvivenza è legata soprattutto agli episodi. I nerazzurri, semmai, hanno guadagnato il rispetto di tutti gli avversari, dal Real Madrid in giù, a riprova di una crescita tangibile che negli ultimi mesi si è manifestata attraverso un gioco sempre più riconoscibile nell'accezione positiva e negativa del termine. Sì, perché le trame codificate che hanno il marchio di fabbrica dell'allenatore salentino sono uno spartito chiaro per gli interpreti ma ormai anche per gli avversari che sono chiamati a leggerlo. Il punto di forza, in pratica, coincide con quello debole dal momento che, senza snaturarsi, in molti ormai hanno capito come neutralizzare Lukaku e compagni. Si tratta di semplice adattamento, un meccanismo di autodifesa che non ha nulla a che vedere con l'inquietudine provocata dal nemico. Assomiglia più che altro a uno stratagemma per resistere a rivali oggettivamente migliori ma non abbastanza evoluti per risultare spietati. Niente di inedito nella lunga storia del calcio, dove ogni sistema prima o poi diventa prevedibile, a meno che uno o più campioni posticipino la sua durata nel tempo. Ecco, questo è il punto nodale quando si analizzano i risultati oltre i meriti della Beneamata: sul piano del gioco poco o nulla da eccepire per gli interpreti a disposizione, il problema subentra quando la giocata offensiva o difensiva del singolo stenta ad arrivare in mezzo alla mole di occasioni create al netto di quelle da distruggere. 

ll famoso gap da colmare non è più dalla Juve, indicata da un decennio come modello da inseguire per avere successo, ma da se stessi. Vanno chiariti i gradi di separazione a livello di ambizioni che esistono tra proprietà, l'entità che sta sopra tutti, dirigenza e corpo tecnico. Il progetto sportivo si è fermato ad agosto, il motivo vero lo abbiamo scoperto a posteriori, ora Suning deve decidere al più presto i prossimi step per definire gli obiettivi a lungo termine della squadra. Finora, senza dare un orizzonte chiaro al club, la famiglia Zhang ha scelto di vivacchiare a livello societario fino a maggio facendo passare il messaggio rischioso di accettare tutto quello che viene. Normale avere pretese alte se assumi Conte come allenatore, logico non considerare un obbligo lo scudetto dopo aver fatto quel tipo di mercato nelle ultime due sessioni (Hakimi colpo illusorio di una grandeur poi perduta). E' questo il compromesso pericoloso firmato a Villa Bellini: le parti, consapevoli delle difficoltà oggettive imposte dal Covid-19 e dal governo cinese, hanno accettato di vivere alla giornata interrompendo a metà dell'opera il piano triennale studiato per tornare al top. Con una conseguenza quasi inevitabile: a febbraio già aleggia nell'aria la parola 'fallimento'. Già, ma fallimento di chi? Nella ricerca che non passa mai di moda di un capro espiatorio, una cosa è lampante: la potenza del colosso di Nanchino si è esaurita molto prima della paura che la squadra dovrebbe incutere all'avversario. In un rapporto di causa-effetto che ha 'condannato' l'Inter a un anno di Purgatorio per colpe non legate a ciò che accade all'interno del rettangolo verde. In tutto questo, lo scudetto è ancora possibile, ma il suo raggiungimento in un simile contesto non può essere la vera unità di misura per valutare il lavoro di chi sta traghettando non senza fatica verso la meta dei giocatori che negli scorsi giorni hanno firmato un accordo proposto dal management per il pagamento posticipato dei loro stipendi. C'è in gioco la credibilità di Suning, anche perché Conte ha già garantito la continuità sportiva nei mesi in cui quella aziendale non è proprio al sicuro. "Quando c'è compattezza, anche i grandi problemi diventano piccoli", ha detto il Ceo Beppe Marotta prima del derby d'Italia, non nascondendo la situazione delicata che si sta vivendo 'sopra le teste' della dirigenza. Come a dire: i problemi, anche se vengono rimpiccioliti dal nostro lavoro, rimangono problemi fino a che non vengono risolti del tutto. Questo, più del tricolore, è il vero obbligo che ha Suning verso i tifosi della Beneamata

Sezione: Editoriale / Data: Gio 11 febbraio 2021 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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