Se a Lecce l’Inter aveva divertito e, a tratti stupito per la grande versatilità mostrata da una formazione fatta per sette undicesimi da 'co-titolari' - per dirla alla Marotta -, contro l’Atalanta la squadra di Inzaghi ha ipotecato, se non lo scudetto, di certo una predominanza che fatica a trovare eguali persino in Europa. Le prove sono schiaccianti: 22 partite vinte su 25, nessuna come l'Inter ha vinto nei top 5 campionati così tante partite stagionali in campionato; 67 i gol fatti dalla capolista della Serie A, e anche in questo caso nessuno ha segnato tanti gol quanti quelli fatti dalla squadra di Inzaghi, a +3 sul Liverpool che conta rispetto ai nerazzurri persino una partita in più. Prove inconfutabili quali i numeri che per quanto non sbaglino mai non dicono tutto.
Difficile dire a numeri difatti la serenità con la quale anche contro un avversario arcigno come l'Atalanta di Gasperini l’Inter sia riuscita a far sembrar facile, a tratti soporifera, una gara tradizionalmente ostica. Tradizionalmente e non solo: i bergamaschi arrivavano al Meazza in un buon momento di forma e anche in questo caso ci danno una mano i numeri: due mesi senza perdere in campionato, 9 gare per l’esattezza, 7 vittorie e 2 pareggi contro Roma e Milan, quest'ultimo però arrivato nel turno precedente in maniera quasi fortuita dopo una brutta prestazione servita sempre a San Siro.Quella contro i rossoneri è però stato l’unico vero neo di questo 2024 degli orobici come testimoniano anche i 48 gol all’attivo, rispetto ai 28 subiti, otto gol segnati più della Juve seconda in classifica e 3 in meno del Milan, terzo miglior attacco del campionato con 51 reti segnate. I numeri però non dicono tutto e ciò che le statistiche non riescono a fotografare sono sensazioni ed emozioni.
Non c’è numero che tenga per esempio nella bellezza del gesto tecnico di Lautaro Martinez sul secondo gol della serata contro la Dea. Il capitano interista, aiutato da un gentilissimo Ederson che si è limitato a guardarlo, ha disegnato una parabola che ha spiazzato Carnesecchi e l’intero stadio. Un gran tiro dalla distanza caricato dopo aver danzato come col pallone un tango da vero gentleman. Un capolavoro da guardare e riguardare in slow motion infinite volte. Siluro dalla distanza con un effetto leggero ma devastante quanto perfetto che si perde nelle innumerevoli vibrazioni dei fili intrecciati della rete sotto il settore ospiti. Ladies and gentleman, señoras y señores: Lautaro Martinez da Bahia Blanca. Lo stesso Toro però che poco dopo, a dieci dalla ripresa ancora una volta si lascia ipnotizzare dal dischetto, ennesimo rigore sbagliato che però Fede Dimarco sulla ribattuta manda fortunatamente in porta sollevando qualche peso dalle spalle del capitano.
'Fortuna' anche in questo caso sfatata perché in questa Inter nulla è lasciato al caso come ammette lo stesso Dimash a fine match quando spiega come la reattività avuta nel momento della ribattuta di Carnesecchi non sia stata frutto di 'fortuna', bensì di una strategia studiata e dettata dallo stesso Inzaghi prima che il rigore fosse battuto. Ennesimo dettaglio che non va sottovalutato e che attesta come chi parla di 'momento in cui gira tutto bene' o di varie ed eventuali non guarda ad un insieme di ingranaggi che fanno di questa Inter una macchina da corsa assemblata davvero bene. Assemblaggio che non trova 'rivali' credibili neppure nelle più incomprensibili delle accuse come le dichiarazioni post gara di Luca Percassi che, dopo aver incassato il poker, ha usato parole non al miele nei confronti della direzione arbitrale. Per certi versi ‘perdonabile’ per le emozioni presumibilmente ancora troppo scalpitanti del momento, l’ad atalantino fa riferimento ad episodi, quale il gol annullato a De Keteleare per il tocco di braccio di Miranchuk, i cui giudizi espressi arduamente risultano condivisibili. Lungi tuttavia dal farne una questione politica, la cronaca parla chiaro e un 4-0 tondo tondo, il secondo consecutivo arrivato con un estro strategico che fa da tesi ad un’ipotesi data alla luce al Via del Mare. Se nel piovoso pomeriggio salentino l’Inter ha divertito e a tratti stupito, contro l’Atalanta ha confermato: la predominanza di questa squadra non è frutto di casualità.
E "io come dio non gioco ai dadi e non credo nelle coincidenze".
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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