Scusate il ritardo, non solo perché l'Inter sia tornata a vincere. Quello era già successo, come purtroppo è già successo che tra campionato e Champions, la Beneamata sia già caduta per ben cinque volte. Ma per la prima volta, contro il Barcellona, abbiamo rivisto la Squadra. Squadra intesa come unità di intenti, voglia di aiutare il compagno in difficoltà, voglia di smentire chi già pensava ad uno scollamento definitivo tra calciatori e tecnico. Simone Inzaghi non ha garantito il posto sulla panchina dell'Inter per grazia ricevuta, ma nella notte da non sbagliare ha dimostrato di avere ancora voce in capitolo in un ambiente che nella scorsa stagione, sotto la sua guida, ha comunque lottato per lo scudetto fino all'ultima giornata e ha conquistato due coppe.
Dopo il beffardo ko con la Roma, figlio di errori tecnici e mentali, martedì scorso a San Siro il “Noi” è tornato finalmente a prevalare sull'”Io”. Il Barcellona giocava, l'Inter faceva muro. Un muro prima mentale che fisico. Un muro che con il passare dei minuti ha costretto i catalani alla resa perché erano i nerazzurri a indirizzare la gara con la forza del pensiero. Ogni movimento, ogni spostamento interista era propedeutico al raggiungimento dell'obiettivo, mentre Lewandowski e compagni continuavano a passarsi il pallone senza riuscire a fare quello che il gioco del calcio richieda per vincere le partite, ossia tirare in porta. Brodino o svolta per l'Inter dopo la notte di Champions? In termini pratici sono arrivati tre punti fondamentali per sperare ancora di volare agli ottavi in un girone difficilissimo. Certo, la Beneamata dovrà cercare di non perdere al Camp Nou mercoledì prossimo in un ambiente reso infuocato dallo squallido comportamento del signor Xavi durante la gara, quando ipotizzava che l'Inter avesse pagato l'arbitro e per le conseguenti parole da lui pronunciate in conferenza stampa. Dumfries ha toccato la palla con la mano? Probabile. Ma prima l'aveva sfiorata anche con la testa? Probabile anche questo. L'immagine non ha chiarito e nel dubbio fa fede la decisione di campo. Giusta o sbagliata che fosse. Il signor Xavi, enorme ex calciatore, martedì scorso si è rivelato un pessimo commentatore di una sconfitta che lo vede come principale responsabile.
Se l'Inter sia veramente guarita, lo vedremo già oggi a Reggio Emilia contro il Sassuolo, avversario da sempre poco gradito ai nerazzurri, nonostante per un paio di volte si sia vinto per 7-0. È chiaro che d'ora in poi non sarà sufficiente vedere una squadra tutta dietro la linea della palla, che aspetti l'avversario con grande applicazione, per poi colpire con la prodezza del singolo. Questo poteva andare bene, anzi è andato bene contro il Barcellona in un contesto del tutto partcolare dopo il ko in campionato con la Roma. L'Inter di campionato dovrà cercare di giocare bene, meglio dell'avversario, ma conforta che sia tornato il blocco unico a prescindere da chi scenda in campo. Bello vedere Nicolò Barella applaudire comunque il compagno per un passaggio, azzeccato o sbagliato che fosse, perchè il continuo sbracciare in segno di protesta verso il mondo che non lo capiva, aveva sinceramente stancato, dando adito a mille supposizioni che non facevano bene all'ambiente. Barella è il cuore dell'Inter, il suo motore imprenscindibile. E se al gesto tecnico, vedi i gol e gli assist già realizzati in queste prima parte di stagione, unirà lo spirito e il sorriso che ha contraddistinto la squadra vincitrice dello scudetto due stagioni fa, il sogno rimonta non sarebbe così folle.
Oggi al Mapei Stadium, Simone Inzaghi avrà a disposizione solo due attaccanti: Edin Dzeko e Lautaro Martinez. Anche il sempre fragile Correa è ai box per un problema ad un ginocchio. Ma non c'è tempo per piangersi addosso, perchè gli impegni che indirizzano una stagione incombono. Certo, si attende con impazienza che torni in pista un certo Romelu Lukaku. E quando tornerà, anche Big Rom dovrà avere il piacere di riscoprire quanto scritto da Inter- Barcellona. Ossia, che per vincere, il “Noi” debba prevalere sull' “Io”.
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