A volte la normalità può essere rivoluzionaria. E allora, nonostante si stia raccontando la follia di avere il terzo allenatore nel giro di tre mesi, benvenuto Stefano Pioli. Si tratta di uno dei migliori tecnici italiani, ha idee, fa giocare bene le sue squadre con l'obiettivo primo della vittoria e non degli applausi fini a se stessi. Con Pioli i difensori stanno in difesa, i centrocampisti a metà campo, i fantasisti dove meglio possono far male, le punte vicino alla porta, con obbligo però di aiutare la squadra. Ecco la normalità, che però all'Inter, abituata spesso ai controsensi, profuma di nuovo.

Lo sapevano in pochi, ma Stefano Pioli è interista, il che non guasta. Il cinquantunenne tecnico di Parma è stato scelto dopo un cosiddetto casting che ha scatenato l'ilarità di molti. No, secondo me la società ha operato bene. Non ad assumere il pur valido olandese De Boer a pochi giorni dall'inizio del campionato, non ad esonerarlo tre giorni dopo averlo confermato a prescindere dai risultati, ma è stata brava a concentrarsi per non sbagliare più, visti gli errori grossolani che hanno finora partorito una classifica indecente per l'organico di questa stagione. E allora serviva parlare, capire, guardare negli occhi, per poi scegliere. Che sia stato fatto alla luce del sole con tanto di andirivieni in lussuosi alberghi nel centro di Milano, protagonista la dirigenza di Suning che non passa inosservata, è un segno dei tempi. Peraltro modalità non nuova, ce lo ha candidamente confessato un certo Carlo Ancelotti scelto per il Chelsea di Abramovich nel 2009 in un albergo di Parigi dopo che il patron russo aveva parlato anche con Luciano Spalletti, incrociato casualmente da Ancelotti nell'ascensore di quell'hotel parigino. Sfiorato l'irascibile, ma suggestivo Marcelino, sondato il grandissimo Gianfranco Zola (grandissimo da calciatore, perché da tecnico ha conosciuto più esoneri che panchine) ecco la mossa giusta, Pioli.

“E' bravo, ma non è un allenatore da Inter”, sarà il traghettatore per arrivare a Simeone”, scrive qualcuno sui “muri” nerazzurri ospitati dai social. E chi lo ha detto? Cosa vuole dire essere allenatore da Inter se non vincere le partite e portare la squadra in vetta alla classifica? Traghettatore di che cosa? Pioli ha firmato un contratto biennale. Poi, come per tutti gli allenatori, parlerà il campo. Solo il campo dirà chi è da Inter o no. Non certo luoghi comuni o atteggiamenti esteriori che nel calcio moderno, se non accompagnati da sostanza, vengono smascherati a breve giro di posta. Stefano Pioli ha iniziato ieri a lavorare alla Pinetina, il nerazzurro gli dona, oggi viene presentato alla stampa. Cominciano le grandi manovre, purtroppo in questi giorni senza ben tredici nazionali, in vista dell'esordio. Domenica 20 novembre il mister siederà per la prima volta sulla panchina dell'Inter nel derby, la partita più attesa e sentita dagli interisti insieme a quella con la Juventus.

Dopo il derby, che solo per calendario si giocherà in casa Milan visto che lo stadio si chiamerà sempre Meazza e il piazzale che lo ospita “Angelo Moratti”, L'Inter di Pioli ospiterà la Fiorentina e poi andrà a Napoli. Un tris niente male per iniziare l'avventura, perfetto per capire già tante cose. Per capire intanto se Pioli riuscirà in breve a formare un gruppo come quello visto alla Lazio, capace di arrivare terza nella stagione 2014/2015. In quella squadra non mancavano i galli a cantare: Mauri, Biglia Candreva, Felipe Anderson, Klose tanto per citarne alcuni. Ma il mister amava dire che in campo il “Noi” prevaleva sull”Io”, ognuno aiutava l'altro a rirmi sostenuti e la Lazio vinceva le partite regalando un discreto spettacolo. La stessa cosa, ed è lo stesso Pioli ad ammetterlo, non è avvenuta nella scorsa stagione. Non mancano le attenuanti visto che la squadra non fu rinforzata a dovere soprattutto in difesa, nonostante un preliminare di Champions League da disputare. Ma Pioli non riuscì comunque a tenere nuovamente unito quel gruppo, quella volta l' “Io” prevalse sul “Noi” e Pioli non finì la stagione. In mezzo, l'errore di togliere la fascia di capitano a Candreva e le incomprensioni seguite tra i due. Il mister e il forte esterno si ritrovano così all'Inter, ma sono persone intelligenti e di spessore. Basterà una chiacchierata, una stretta di mano e l'ambizione di contribuire, insieme, al bene dell'Inter per tornare sereni.

Le squadre di Pioli corrono molto. La parte atletica sarà curata nei minimi particolari dal suo staff e questo serve ad un' Inter che spesso, finora, è crollata nei secondi tempi. Fortunatamente non il Crotone, preso a spallate nei minuti finali, dopo una parte di gara, dominata, ma che si stava dimostrando angosciante per l'incapacità di sbloccarla. Applausi convinti a Stefano Vecchi che ha guidato l'Inter in due partite con grande impegno e personalità. I punti sono ancora pochi, ma la zona Champions può e deve essere ancora alla nostra portata perché la qualità c'è. Serve pompare la mentalità giusta, nutrire i giocatori con massicce dosi di spirito di appartenenza, serve che abbiano grande rispetto per i tifosi che continuano a sostenerli in massa, sia a San Siro, sia in trasferta. E chissà che l'imminente arrivo alla Pinetina in qualità di collaboratore dello staff tecnico, di un certo Walter Samuel, non aiuti alla realizzazione del processo accennato.

Intanto la società, che continuo a definire in costruzione, si sta pian piano strutturando. Via Michael Bolingbroke, entra nel cda nerazzurro Zhenyu Gong, vicepresidente di Suning International Business. I dirigenti cinesi sembra vogliano “sentire” l'Inter il più vicino possibile e questo depone per un bel futuro. Ma passando per il presente e soprattutto per il campo, unico giudice.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 10 novembre 2016 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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