Primo giorno di scuola per l'Inter, che sembra già un esame di maturità. La squadra vicecampione d'Europa ospita nella sua casa il Monza, inizia il campionato, sarà la prima tappa di una maratona che durerà trentotto giornate. Ma sembra che il risultato della sfida ai brianzoli possa per molti già indirizzare il giudizio finale. Come sempre, la Beneamata vive tra mille pressioni, quelle fisiologiche appartenenti ad un grande club chiamato a vincere per statuto e quelle pretestuose cavalcate dai soliti noti che magari dicono anche di tifare Inter.

“Allenarla è come una centrifuga” diceva il grande Giovanni Trapattoni e ai tempi non c'erano i social dove ognuno è libero di scrivere tutto e il contrario di tutto a seconda degli umori personali. Il calcio italiano vive da tempo una pericolosa realtà economico- finanziaria che costringe quasi tutte le società a vivere sul cornicione. E quelle a cui si chiede di vincere sempre e comunque, rischiano di cadere senza possibilità di risalita. Ma leggendo e ascoltando, sembra che solo l'Inter di Suning sia sull'orlo del baratro, beffata ogni volta sul mercato, con giocatori che non vedrebbero l'ora di fuggire da questo scempio.

Nonostante la presunta agonia, l'Inter negli ultimi quattro anni, sotto la gestione tecnica di Antonio Conte e Simone Inzaghi, ha vinto uno scudetto, due Coppe Italia e due Supercoppe, due volte è arrivata seconda e ha disputato una finale di Europa League e una di Champions. Numeri, fatti, non chiacchiere a sproposito. Poi è sacrosanto che il tifoso medio dell'Inter abbia tutto il diritto di sperare in un cambio di proprietà a stretto giro di posta, viste le indubbie e ormai irreversiibili difficoltà del gruppo Suning, sia dal punto di vista finanziario che politico, dopo la decisione dei piani alti del governo cinese di abbandonare il calcio come possibilità di business e crescita di immagine a livello internazionale. Ma la dirigenza nerazzurra ha dimostrato con i fatti di saper operare per mantenere comunque la squadra competitiva.

Veniamo ora alla stretta attualità, visto che questa sera per l'Inter inizia il campionato, mentre il mercato è ancora in corso, come ha voluto sottolineare tra speranze e preoccupazione ieri Simone Inzaghi in sede di conferenza stampa. Per ragioni economiche e strategiche, in via della Liberazione si è optato per una mini rivoluzione. Via Lukaku, (per volontà del inaffidabile belga), via Dzeko, Brozovic, Onana, Handanovic, Gosens, D'Ambrosio e Gagliardini. Sono arrivati Sommer, Frattesi, Cuadrado, Bisseck, Carlos Augusto, Thuram e Arnautovic. Inzaghi chiede ora un difensore, il cosiddetto braccetto di destra, non è un mistero che l'Inter stia lavorando per portare a Milano il francese Benjamin Pavard, un top nel ruolo. E non escludiamo che qualcosa possa aggiungersi anche in attacco, il reparto che avrà il dovere di finalizzare al meglio la gran produzione di gioco che garantisce il mister, checchè ne dica e scriva “disco rotto” alias Arrigo Sacchi. La domanda è legittima: al momento questa Inter è meno forte rispetto a quella che ha portato più di ventimila cuori nerazzurri a Istanbul, sfiorando il sogno Champions? Probabilmente si è indebolita in attacco, dove Lukaku e Dzeko, al netto di infortuni e carta di identità, garantivano gol ed esperienza internazionale. Ma Thuram e figliol prodigo Arnautovic hanno le carte in regola per supportare al meglio l'intoccabile Lautaro Martinez.

Ritengo che invece la squadra si sia rinforzata a centrocampo e sulle corsie, con una varietà di interpreti di primo livello. Per la porta e in difesa, non resta che attendere il responso del campo, sperando che si concretizzi al meglio la trattativa per vestire di nerazzurro il signor Pavard. Incrociamo le dita. Intanto questa sera Milano sarà semideserta per le ferie agostane, non così il Meazza che presenterà l'ennesimo sold out per assistere all'esordio contro il Monza. Gara scivolosa, nella scorsa stagione i brianzoli del bravo Palladino conquistarono la bellezza di quattro punti nel doppio confronto con i nerazzurri, andando addirittura a vincere nella gara di ritorno giocata a San Siro. Gara condita da ex in entrambe le squadre, la “Nord” accoglierà con cori e striscioni di amicizia D'Ambrosio e Gagliardini che, a prescindere dalla bontà delle prestazioni, nei tanti anni passati all'Inter hanno garantito entrambi impegno e senso di appartenenza. Passano gli anni, il calcio è profondamente cambiato (purtroppo in peggio), ma l'emozione e l'adrenalina per l'esordio della Beneamata in campionato, soprattutto in casa, non tende a scemare, anzi.

Obiettivo, iniziare con il piede giusto per tentare l'assalto alla seconda stella. La logica vuole favorito il Napoli campione che non ha più lo straordinato Spalletti visto la scorsa stagione, ma che ha stravinto lo scudetto e, salvo sorprese dell'ultima ora, è riuscita a trattenere bomber Osimhen, tra i migliori nel ruolo al mondo. Ma tra chi tenterà di buttare giù i partenopei dal trono, ci dovrà essere anche questa Inter. Nessun obbligo di vittoria, riesce ad una sola, ma obbligo di esserci fino alla fine. A Simone Inzaghi, quarantasette anni, manca solo lo scudetto per essere consacrato senza se e senza ma. Intanto lo ha già fatto l'Uefa assegnando al mister nerazzurro la nomination per il premio di allenatore dell'anno 2022/23. Insieme a lui, Luciano Spalletti e un certo Pep Guardiola.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 19 agosto 2023 alle 00:06
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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