L'Inter vola a Madrid per giocarsi il primo posto nel girone di Champions League. Un deciso passo in avanti rispetto alle recenti stagioni, quando l'ultimo turno decideva la qualificazione agli ottavi, poi sempre mancata. Stavolta, invece, lo scudetto sul petto ha confermato sul campo la crescita di una squadra ora consapevole nei propri mezzi e forte soprattutto a livello mentale. Un complesso che impone il proprio gioco in casa e in trasferta, tanto a Venezia quanto contro il Napoli. E se adesso i risultati rivelano la bontà del lavoro di Simone Inzaghi, va detto che anche a inizio anno l'attitudine era la medesima, come conferma il ricordo di Inter-Real 0-1: mai sconfitta fu più beffarda. Ebbene, proprio quel ko amarissimo e il pari successivo a Kiev con lo Shakhtar avevano fatto riapparire vecchi fantasmi, scacciati senza pietà dalle successive tre gare in cui i nerazzurri hanno ottenuto nove punti con otto gol segnati e appena uno subito. Statistiche alla mano, una produzione offensiva senza eguali in tutta la competizione: i nerazzurri, per tiri in porta, sono davanti anche a squadre come Bayern, Chelsea, Liverpool, City e Real.

Il simbolo di questa evoluzione è senza dubbio Hakan Calhanoglu. Il turco rappresenta il progresso avvenuto quest'anno ad Appiano Gentile: un percorso partito da Spalletti, reso solido da Conte e ora rifinito da Inzaghi. Arrivato in punta di piedi per sostituire lo sfortunato Eriksen, l'ex Milan, dopo un avvio scoppiettante, ci ha messo un po' per integrarsi in un nuovo ambiente e in un nuovo ruolo. Tempo fisiologico che, però, qualcuno sembrava non volergli riconoscere. Si parlava già di flop, di acquisto sbagliato, di stipendio esagerato, di giocatore incapace di reggere le pressioni ad alti livelli. E si sprecavano i raffronti con le stagioni in rossonero, quando l'ex Amburgo alternava grandi prestazioni e black-out preoccupanti. Adesso Hakan ha trovato continuità, proprio come l'Inter. Il turco ha dapprima fatto sue le nuove conoscenze tattiche, fondamentali per muoversi nel ruolo di mezzala in una linea a cinque, poi è tornato ad aggiungerci del suo, ovvero la grande qualità universalmente riconosciutagli.

Replicare uno come Christian Eriksen è impossibile: il danese ha un tasso tecnico con pochi eguali al mondo, unito a una visione di gioco brillantissima e a una lettura calcistica da fuoriclasse. Ma Inzaghi, con Calhanoglu, sta facendo un lavoro immenso. E i frutti si vedono, al di là dei numeri che parlano fin qui di 5 gol e 5 assist (tutti in campionato). Manca, dunque, l'acuto in Champions League, il palcoscenico che potrebbe consacrarlo definitivamente. Anche in questo caso: proprio come l'Inter. E quale teatro migliore del Bernabeu, scenario dell'ultimo leggendario trionfo nerazzurro in Europa?
Sezione: Editoriale / Data: Mar 07 dicembre 2021 alle 00:01
Autore: Alessandro Cavasinni
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