Tutto il resto è noia. Così cantava il Califfo, poeta anarchico e allergico alle regole sociali. Interista, naturalmente, e non poteva essere altrimenti. Se n'è andato sabato scorso, il giorno di Inter-Juventus. Non poteva scegliere evento migliore per salutarci, lasciando dietro di sé tanta noia. La noia di una stagione che a 9 partite dal termine di questo campionato ha ben poco da dire, almeno sponda nerazzurra. Resta solo da decidere se rimanere agganciati al treno europeo o lasciarsi trascinare dalla marea che ci recluderà per un anno entro i confini nazionali. Il prestigio internazionale conta, non andate da Moratti a sostenere il contrario. Ma diciamocelo, un'altra Europa League sarebbe come una bastonata nelle parti basse, dolorosa e di lunga e indeterminabile durata. Un mio pensiero, nulla più. Figlio di un bilancio dell'ultima partecipazione continentale che ha prodotto più danni che vantaggi. Farne a meno, personalmente, non sarebbe un insulto al blasone nerazzurro, ma un toccasana per ripartire con il piede giusto, senza l'assillo dei giovedì rompiscatole e di trasferte in terre ignote ai più. A meno di non sfruttarla per svezzare i bimbi.
Capitolo Stramaccioni. Non sono tra gli interventisti, ritengo che a questo allenatore si debba un'altra opportunità per dimostrare di essere degno di una panchina così prestigiosa ma altrettanto scomoda. Ha commesso degli errori, è vero. Io che stilo le pagelle su questo sito spesso e (mal)volentieri l'ho bacchettato. Ma ho la quasi certezza che molti errori nascano dalla carenza di opzioni. Siano quasi obbligati, in altre parole. Nessuno mi toglierà dalla testa che a ranghi completi Stramaccioni avrebbe potuto veleggiare ad altitudini più elevate della classifica. Non certo il primo posto, ma in altre circostanze la terza piazza oggi non sarebbe solo il parto di una mente meravigliosamente ottimista. Però se davvero gli verrà concessa un'altra chance, oltre a farsi benedire deve avere a disposizione alternative serie, non pseudo-giocatori arrivati per fare numero e ritrovatisi titolari in Serie A. All'Inter, per giunta. Mi appello dunque alla dirigenza, quella attuale o quella che sarà: l'allenatore va messo nelle condizioni di lavorare seriamente, non di improvvisare. Altrimenti meglio evitaargli un'altra pessima stagione, non se la merita.
Una giornata. Questa la pena inflitta dal giudice sportivo a Esteban Cambiasso dopo il duro intervento sulla caviglia di Giovinco allo scadere di Inter-Juventus. Fine di ogni discorso. Oppure no. Perché una punizione così morbida non è stata gradita da una grande fetta di opinione pubblica, choccata da dalla totale assenza di pugno duro. Ne ho lette e sentite dichiarazioni firmate da addetti ai lavori più o meno credibili, alcune mi hanno proprio infastidito perché totalmente gratuite e ingiustificate. Sono il primo ad ammettere che il Cuchu abbia commesso un gesto pessimo, un'entrata di quel genere rischia di compromettere la carriera di chiunque. Ma sono anche il primo a sostenere l'assenza di cattiveria in quell'attimo di black-out. Ha sbagliato, non voleva far male e ha chiesto scusa. La sua prima espulsione in 9 anni di Inter non poteva arrivare in modo peggiore. Ma la lapidazione in pubblica piazza no, non l'accetto. Perché in mezzo a tanti 'criminali' vestiti da calciatori, Cambiasso è un esempio per tutti: uomo e professionista inappuntabile. A prescindere dall'interpretazione del giudice sportivo, che volente o nolente il contrariato dovrà digerire. Applaudo anche Conte, che in campo e fuori ha protetto l'argentino dalla forca. I bei gesti, come quelli pessimi, vanno sottolineati.
A proposito di grandi uomini e professionisti, torno al volo sulle parole di Zanetti dopo quello che fino al 2006 era il derby d'Italia: "L'abbiamo detto tante volte, l'arbitro di porta è lì per giudicare queste cose, se non lo fa significa che serve a poco". Non potrei essere più d'accordo. Ho perso il conto delle volte in cui questo personaggio avrebbe dovuto segnalare danni subiti dall'Inter e invece ha guardato le stelle. Solo Orsato, a Torino, ha svolto il proprio dovere. Guarda caso, l'ultima volta in cui è accaduto, 19 giornate fa. Un intero girone. I vertici del calcio internazionale hanno inventato questa figura per ridurre gli errori. Tutto pur di non acccettare l'intrusione della tecnologia in campo. Il calcio perderebbe parte del suo romanticismo se ci si affidasse alla moviola in campo, disse tempo fa Platini. Beh, io in certe sconcezze che avvengono ormai costantemente sul rettangolo di gioco e tolgono punti alla mia squadra non vedo nulla di romantico. Anzi, spero che il giudice di porta venga al più presto accantonato, quanto meno per ridurre biecamente i costi. Finché è l'arbitro che sorvola, magari perché a distanza, mantengo seppur flebilmente il beneficio del dubbio. Ma con qualcuno che è pagato per vedere solo quanto avviene in area e segnala solo ciò che gli aggrada, mi sento preso per i fondelli.
Ok, finora ho scritto fuffa. Quello che conta davvero è avvenuto 7 minuti dopo la mezzanotte del 2 aprile, Domenico Fabbricini, direttore editoriale di FcInterNews.it, mio socio, collega e amico, e la moglie Caterina sono stati protagonisti, per la seconda volta, del miracolo della vita. Il piccolo Matteo adesso ha una sorellina, Chiara, con la quale condividerà migliaia di cose, magari anche la passione per l'Inter. Auguri dunque alla famiglia Fabbricini per l'evento più bello che si possa anche soltanto immaginare. Tutto il resto è noia.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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