Qualificarsi agli ottavi di Champions League e uscire dal campo tra i fischi dei tuoi stessi tifosi. Possibile? Sì, è capitato poco fa alla Roma, andata in bianco contro un sottovalutato Bate Borisov e lieta che a Barcellona il concetto di sconfitta venga preso molto seriamente. Non che il giorno prima siano stati sorrisi e pacche sulle spalle per l'altra italiana in Champions, la Juventus, battuta dal Siviglia dell'ex Llorente (regalato agli andalusi la scorsa estate) e terminata dietro un Manchester City che aveva sconfitto due volte nel girone.

Preferirei scrivere della massima competizione europea per commentare una partita dell'Inter, ma non godo di questo piacere dal lontanissimo 2012. Lo faccio, nello specifico, per constatare lo stato di salute di due delle più accreditate candidate a un piazzamento al vertice del campionato di Serie A, lo stesso che, udite udite, ad oggi la squadra nerazzurra comanda. Il resto del pacchetto è completato da Napoli e Fiorentina, oggi impegnate in Europa League. I partenopei riemergono dal bagno di umiltà imposto loro da Destro & Co., mentre i viola pare abbiano superato la pareggite con il 3-0 all'Udinese, che ospiterà proprio l'Inter sabato prossimo al Friuli. Una giornata di campionato che sembra, e sottolineo il 'sembra' strizzare l'occhio proprio alla squadra di Mancini, visto che il calendario il giorno dopo metterà di fronte le altre sopra citate: Napoli-Roma e Juventus-Fiorentina sono appuntamenti ideali per svoltare impiani alti, auspicando che i nerazzurri abbiano già fatto il loro dovere di capolista.

Le ultime partite delle squadre di vertice, tra Champions e campionato, hanno evidenziato come in questa stagione ci sia margine per più di un inserimentp. Da anni alla quindicesima giornata la Serie A non aveva già un padrone, o quanto meno un paio di lepri destinate a sfidarsi ancora per qualche settimana. Un contesto ideale per nutrire aspettative da tutti i fronti, persino dalla Juventus che solo a ottobre sembrava destinata a un torneo da comprimaria. Quando Mancini sostiene continuamente che per lo Scudetto ci sono squadre più attrezzate della sua ha ragione. Ma occhio, non dice "superiori". Si tratta di due concetti diversi, perché non sempre basta avere tutti i requisiti epidermicamente adatti per conquistare il titolo. Contano altri aspetti come amalgama, compattezza, personalità e capacità di resistere alle pressioni che certe piazze meno abituate a vincere ti trasmettono, soprattutto quando le illudi di potercela fare.

A Milano, sponda nerazzurra, si respira un'aria diversa rispetto al recente passato, c'è un ritrovato entusiasmo ma con un salutare freno a mano tirato. Le ultime deludenti stagioni hanno amplificato la tipica diffidenza dell'interista, che prima di lasciarsi andare preferisce attendere, quasi masochisticamente, che arrivino ulteriori conferme o smentite. L'Inter capolista merita senza dubbio complimenti e tanto credito, ma non ancora una totale fiducia. Si va con i piedi di piombo insomma, atteggiamento tipico di una società e di una piazza che ha vinto tanto ma ha anche conosciuto periodi profondamente bui. Sotto questo aspetto, a mio parere, nerazzurri e Juventus sono più attrezzati di Roma, Napoli e Fiorentina. Ma sarebbe ingenuo ignorare argomenti più che validi come la qualità delle rose o la fame atavica di vittorie, che probabilmente pongono azzurri e giallorossi un gradito più in alto delle rivali, così come la forza della serenità ai limiti dello zen di Firenze, dove lo Scudetto non sarebbe mai un obbligo ma solo una gradevolissima sorpresa.

Fino a oggi la lotta al vertice è stata entusiasmante e il fatto che il gruppone sia ancora piuttosto compatto espone il fianco a ogni possibile finale, ancora lontanissimo. Non mi voglio illudere, con la mentalità tipicamente interista, che i nerazzurri possano arrivare in testa fino in fondo a questa corsa, anche perché dubito che a gennaio la rosa possa godere di un upgrade significativo. Mi rassicura comunque la solidità di una squadra che fino a qualche mese prima era un invito a nozze per tutti gli attaccanti avversari. È un dettaglio non trascurabile che in Italia si vinca con la difesa più che segnando ed è questa la strada più adatta da perseguire. A prescindere dal recupero di Icardi, infatti, non credo che nel lungo periodo il bilancio offensivo dell'Inter possa esplodere e registrare numeri sensazionali. Poco importa: a me oggi diverte persino vincere 1-0, con la giusta dose di sofferenza. E il tifoso che ne fa una questione estetica e vorrebbe vincere sempre dando spettacolo forse dimentica il punto di partenza di questa squadra. Un gruppo che sa stringere i denti e proteggere il vantaggio può essere estremamente spettacolare per certi versi. 

Sezione: Editoriale / Data: Gio 10 dicembre 2015 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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