Più in basso di così, a quanto pare, si può solo scavare: la sconfitta di Napoli rappresenta indubbiamente un ulteriore abisso nel quale l’Inter sprofonda senza nemmeno troppa resistenza, completamente in balia degli eventi e in grado di concedere ad un Napoli di tornare a casa col bottino pieno, in una maniera nemmeno tanto roboante così come avvenuto esattamente sette giorni fa contro il Chelsea in Champions League. E via, sempre più giù, in un infernale domino di sconfitte e carestia di gol che indubbiamente denunciano una condizione generale ai limiti dell’apocalittico: squadra spenta, senza idee, insomma un vecchio, stucchevole e drammatico ritornello. Che come conseguenza immediata porta nell’occhio del ciclone l’allenatore Claudio Ranieri.

Protagonista anche questa volta di scelte cervellotiche, non ultimo l’incredibile impiego della tanto vituperata difesa a tre di gasperiniana memoria nella ripresa del match del San Paolo, il tecnico testaccino vive da tanti giorni sul filo del rasoio, impegnato in un equilibrismo azzardatissimo che però ieri poteva costargli una irrimediabile caduta: Moratti che prima di entrare nei suoi uffici rimprovera l’assenza di una reazione, poi tutto lo stato maggiore nerazzurro a colloquio per discutere molto probabilmente la sua situazione. Anche se alla fine, la decisione presa dal management di Corso Vittorio Emanuele è quella di non compiere scelte drastiche, confermando Ranieri alla guida. Scelta che può essere tranquillamente letta secondo il canone manicheistico: o giusta o sbagliata, dipende dai gusti. Ma scelta che, pur suonando come una sorta di accanimento terapeutico, può essere stata dettata da un’esigenza di fondo.

Confermare Ranieri  si fa perché comunque sin qui lui ha fatto il possibile con l’organico a disposizione, riuscendo a riportare a galla un’Inter che sembrava condannata ad un’incredibile lotta per la salvezza che però i tifosi più pessimisti (o più ironici) continuano a definire ancora non scongiurata, e che di fronte al vacuum psico-fisico mostrato dopo il derby ha cercato, purtroppo invano, di trovare più di una soluzione, col risultato di finire travolto dagli eventi anche lui, al quale comunque va consegnata una percentuale minoritaria delle quote di questo tracollo. Confermare Ranieri si fa anche perché non esiste al momento una soluzione che non suoni come una mossa della disperazione, da Baresi a Figo fino a Roberto Baggio (è stato chiamato in ballo anche Stramaccioni, idea improponibile).

Confermare per il momento Ranieri si fa perché, forse, c’è soprattutto una convinzione: che cambiare una volta ancora allenatore, fare il quinto cambio in due stagioni dopo l’era mourinhana, è una mossa che potrebbe portare più svantaggi che benefici. E in questo senso, è ancora vivo almeno nella mia mente il ricordo di un anno davvero maledetto: quel 1998-1999 che vide alternarsi ben quattro allenatori, da Simoni esonerato dopo un successo ottenuto in extremis con la Salernitana (e solo tre giorni dopo la meravigliosa vittoria in casa col Real Madrid) a Lucescu, fino alla parentesi di Castellini e al ritorno di Roy Hodgson. Stagione balorda, con sconfitte in quantità specie in casa, fischi puntuali dal pubblico, fino al misero ottavo posto finale.

Background diverso, diverse le ambizioni, uguale rischia di essere il risultato finale. E allora, per adesso si sceglie il male minore (fino a quando, vedremo), cercando di capire se ci sarà un porto europeo minore dove poter attraccare dopo tanta tempesta (ma sull’eventuale partecipazione all’Europa League si potrebbero avanzare delle riserve), e poi armarsi di tutti gli attrezzi necessari e cercare di fare da subito quella cosa della quale l’Inter ormai ha più bisogno di altra: ricostruire, possibilmente senza guardare in faccia nessuno. Perché i tamponi non possono turare questa falla troppo grande…
 

Sezione: Editoriale / Data: Mar 28 febbraio 2012 alle 00:01
Autore: Christian Liotta
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