Allo stadio San Siro di Francoforte l’Eintracht batte l’Inter e guadagna con merito l’accesso ai quarti di finale dell’Europa League.
Badate bene, non ho sbagliato a scrivere. Né tantomeno era mia intenzione fare una battuta. Semplicemente mi sembrava giusto rimarcare immediatamente come i nerazzurri siano di fatto scesi in campo come se fossero in trasferta. Merito e onore ai tifosi teutonici, che da molto prima dell’inizio della gara, sino al triplice fischio finale e oltre, hanno sostenuto e inneggiato i propri beniamini.  
Con la sola contrapposizione della Curva Nord, pronta a incitare l’undici di Spalletti, e poi pure a chiedere di tirare fuori gli attributi, il resto del pubblico amico ha smesso di crederci sin da subito, dal goal al sesto minuto di Jovic.
A dire il vero probabilmente dopo la rete della stellina serba tutto il popolo nerazzurro aveva capito, o quantomeno intuito, come sarebbe andata a finire. Cioè male, malissimo. Con la seconda eliminazione europea della stagione.
Non bisognava essere né dei veggenti, né tantomeno degli esperti di calcio per pronosticare l’esito negativo dopo lo 0-1 subito. Anzi è andata pure bene, dato che i rivali del team italiano avrebbero potuto vincere tranquillamente 3-0.
La mia analisi parte da qui. Per quale motivo neanche forse il più accanito dei supporters dell’Inter avrebbe potuto credere nella possibilità di ribaltare il risultato e sconfiggere per 2-1 l’Eintracht?
Con tutto il rispetto parliamo di un’ottima compagine, ma non del Barcellona o del Manchester City.
La motivazione credo sia semplice, ma non semplicistica. Non c’è fiducia nei mezzi e nelle capacità di determinati calciatori che vestono la casacca della Beneamata.
È vero che ai meneghini mancava quasi mezza squadra. Tra infortuni, squalifiche, giocatori non a disposizione per i paletti UEFA la coperta era cortissima, non corta. Anzi era una sciarpa non idonea neanche a coprirti il collo.
Corrisponde a verità pure il fatto che oggigiorno molti elementi della rosa del Biscione non possano giocare ogni 3 giorni.
Ma se vogliamo aggrapparci a tutti questi cavilli e non vedere più ad ampio raggio, a mio avviso si commetterebbe un errore. Il problema è a monte. 
L’essere stati estromessi dal secondo torneo più prestigioso del Vecchio Continente ha radici ben lontane. E le colpe devono essere equamente divise tra tutti: società, allenatore e calciatori.
Partiamo proprio da questi ultimi. Contro l’Eintracht il loro impegno è stato innegabile. Non mi è mai passato per la testa che non ci abbiano voluto non provare. O che non abbiano dato tutto. E da questo punto di vista qui nessuno credo possa appuntare alcunché. Ma da qui si evince un problema enorme.
La quinta squadra di Germania ha dimostrato di essere più forte, e non di poco, di una società gloriosa e appetita a livello mondiale come l’Inter. Ergo: molti professionisti nerazzurri non sono all’altezza delle aspettative così alte che si nutrono quando firmi per il Biscione. Capisco che non parliamo dei titolari e che con l’11 tipo sarebbe probabilmente stata un’altra storia. Ma perdonatemi se credo sia troppo poco. I tifosi dell’Inter fino a pochi anni fa erano abituati a panchinari di lusso come Cruz, Crespo, Balotelli, Recoba e compagnia bella, mentre adesso si viaggia verso un appiattimento preoccupante.
Da qui la connessione con la società. Suning i soldi li ha investiti. Non si può dire il contrario. Ma evidentemente sono stati commessi errore determinanti di valutazione. Fossi in Zhang chiederei ad Ausilio il perché di certe trattative abbozzate e poi lasciate perdere, del non ingaggio di determinati atleti e il motivo per cui se ti chiami Inter compri sempre a 100 ma al massimo puoi vendere solo a due.
Scaricare le responsabilità solo al capro espiatorio di turno non ha senso. E non è nemmeno giusto. Per questo non si può affermare che il Direttore Sportivo nerazzurro sia la causa di tutti i mali, ma neppure che non sia esente da critiche. Anche su di lui, a mio avviso, si dovranno fare certe valutazioni. Anzi solo una: è da Inter, sì o no?
Stesso similare anche per Spalletti. Ho imputato al mister di Certaldo una mancanza di coraggio contro Tottenham e Barcellona, e avrei voluto qualcosa in più anche dalla sfida contro i teutonici. Ma anche qui il discorso è più ampio. E deve essere a 360°, non giudicando solo l’ottavo di Europa League. Per lui valgono le stesse parole rivolte ad Ausilio e ai giocatori.
Adesso ci sarà il Derby: l’occasione per provare a tirarsi fuori dal pantano in cui si è finiti o il definitivo ennesimo colpa di grazia di una stagione dalla conclusione ormai abituale del: “Anche quest’anno vinciamo l’anno prossimo”.
Che fine provinciale cara Inter.

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Sezione: Editoriale / Data: Ven 15 marzo 2019 alle 00:00
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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