Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. È la terza legge della dinamica, ma anche la terza di quattro infernali gare che hanno caratterizzato il ritorno in campo dell'Inter dopo la sosta per le Nazionali e probabilmente il futuro della squadra di Inzaghi, tracciando un identikit di ciò che la creatura del piacentino è, potrebbe essere e magari sarà. Terza legge newtoniana che ben s'appresta a metafora di ciò che è stato il match di ieri pomeriggio al Maradona tra Napoli e Inter con l'Inter che parte forte ma trova la reazione di un Napoli consapevole e padrone dei propri mezzi, oltre che infinitamente carico del supporto del dodicesimo uomo che è il popolo del San Paolo (al netto del 50% di capienza). La squadra di Spalletti risponde immediatamente per le rime: organizzazione, intelligenza e un pizzico (neanche così piccolo) di sprint in più, reagisce in maniera uguale ma contraria. Pressione, velocità di palleggio e giro-palla spallettiano regalano ai padroni di casa una propensione in avanti che i nerazzurri faticano a contenere e al contrario caricano gli azzurri di un'inerzia che esplode al settimo minuto con un gran rigore calciato da Lorenzo Insigne, nel suo ultimo ballo sotto gli occhi della dirigenza che nei mesi scorsi si era lasciata suggestionare dallo 'Scugnizzo' in scadenza.
Applausi a Insigne, che dal dischetto calcia un gran tiro sul quale non arriva Samir Handanovic, ad onor di vero per meriti del 24 azzurro che dagli undici metri calcia un missile che vale la standing ovation del Maradona, estasiato dal suo capitano. Minore l'estasi concessa all'insofferente quanto sofferente Simone Inzaghi, relegato in tribuna per via della squalifica quindi impossibilitato a stracciarsi la gola a furia di urlare indicazioni, ancora una volta inchiodato da uno dei suoi uomini migliori, ma non nelle recenti apparizioni. Ancora una volta pasticcio di Stefan De Vrij, che con leggerezza impropria atterra con un pestone Victor Osimhen in area di rigore, confezionando agli avversari la ghiotta possibilità di vantaggio che per l'appunto Insigne scarta. Graziato sulle prime da Doveri, il pestone dell'olandese non sfugge al VAR che richiama il direttore di gara ai monitor, dove il numero uno della terna arbitrale non può che confermare quanto sottolineato da Di Paolo e notificare il calcio di rigore per il Napoli. Uno a zero per la squadra di casa e Inter, come all'andata, in svantaggio. Inferiorità di risultato che funge da puntina su un quarantacinque giri che per lunghi quarantacinque minuti comincia a diffondere un neomelodico ritmo che affattura i milanesi più di quanto si potesse pensare e con un copione all'inverso del derby, i nerazzurri si vestono dei panni indossati dai rossoneri, lasciandosi più volte avviluppare dalle trame dei partenopei, pericolosi ma anche spreconi e carenti di una cinicità che, in caso contrario, sarebbe costata probabilmente cara agli interisti.
Come al derby, ma a parti inverse (appunto), un doppio o addirittura triplo vantaggio dei padroni di casa nel primo tempo non avrebbe fatto scandalo in nessuna cronaca, ma l'Inter c'è. Sottotono ma presente. E a differenza di quanto sembri a giudicare dal numero di tiri subiti, la squadra di Inzaghi non si macchia dello stesso crimine commesso contro i cugini: non stacca mai la spina restando in partita al netto delle difficoltà e di un gioco che non riesce a staccarsi del tutto dall'arginamento. Malagevolezza nel tirarsi fuori dalle morse napoletane e pochi palloni da calciare in direzione di Ospina, sempre attento e neanche troppo in difficoltà sui tentativi degli ospiti, che al di fuori non sembrano impensierire particolarmente l'estremo difensore colombiano. Ma la musica cambia al cambiare del quaranticinque giri, cambiato con la ripresa. Gli uomini entrano con il piglio giusto e iniziano a picchiare forte immediatamente. A spaccare l'equilibrio del risultato è ancora una volta Edin Dzeko che con un lampo approfitta di una leggerezza di Koulibaly che, addormentato su un pallone che lascia giacere, stende un tappeto rosso all'ex Roma che di grinta e potenza scaraventa un pallone che si schianta nella parte inferiore della traversa prima di carambolare in rete.
Reazione uguale e contraria, questa volta dell'Inter, che in maniera analoga agli avversari ci mette pochissimo ad aggiornare il tabellino e prendere le redini del gioco. Se il primo tempo è stato tinto di azzurro con minor intensità di 'nero', a rendersi protagonista del secondo è proprio la Beneamata che cambia il registro di gara e ne diventa padrone quasi assoluto. Quasi e non totale, perché le due compagini camminano, corrono e lottano tra loro a registri uguali e contrari l'un l'altro e in maniera alternata. Ed esattamente come il Napoli nella prima parte di match, anche l'Inter non trova la via del gol per il raddoppio neanche dopo che Farris (vice di Inzaghi, quindi in panchina al suo posto) mischia le carte, probabilmente tardivamente (ma non per colpa sua, visto che Sanchez ha aspettato otto minuti buoni che la palla uscisse per poter rilevare Lautaro) per permettere al Niño di spaccare il match con uno dei suoi guizzi. Sul manto del Maradona non si va oltre l'1-1, risultato che fa felici entrambe ma solo a metà, come ammettono i diretti interessati ai microfoni nel post partita, lucidi nelle loro analisi condite da qualche lode all'avversario che ben incornicia un match fatto anche di tanto piacevole fair-play.
Il sofismo spallettiano da un lato, il pragmatismo farrisiano dall'altro, l'uno contraltare dell'altro, in un continuo, ciclico e per questa sera infinito scambio di dinamicità l'una uguale e contraria all'altra, l'una in controtendenza alternata all'altra che si completano e annullano l'un l'altra come il risultato sul campo, dove una ha annullato l'intento dell'altra: nessun sorpasso per il Napoli, nessun allungo per l'Inter, nell'auspicio uguale (e per niente contrario) di entrambe che a beffare le due rivali di ieri non sia la terza incomoda di oggi.
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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