Successo in Coppa Italia per l'Inter contro il Verona. Un 2-0 netto, firmato Cassano e Guarin, con Palacio portiere nel finale per infortunio a Castellazzi e cambi esauriti. Analizziamo la gara... da Zero a Dieci.
ZERO sono le persone che avrebbero immaginato di vedere Rodrigo Palacio portiere, in Inter-Verona. Men che meno lui, attaccante timido fuori ma spietato in campo. Eppure, quando la spalla fa urlare Castellazzi e i cambi sono finiti, il Trenza non si tira indietro. Un paio di palloni bloccati, una grande parata, l'ovazione di San Siro. La strana notte di Palacio, dalla porta avversaria da mirare a quella propria da difendere. Se si è pazzi nel DNA, anche una banale serata di nebbia in Coppa Italia può riservare certe sorprese...
UNO, l'anno senza Gianluca Rocchi a San Siro. Anche qualche mese in più. Sembra ieri che lo vedevamo volteggiare con la sua aria serena e fanciullesca di fronte agli scempi di Inter-Napoli. Nella notte di Coppa Italia, il grande ritorno. Risultato? Il signor Rocchi riesce a far imbufalire Stramaccioni e gli interisti pure in una partita così. Si scorda dell'esistenza della regola del vantaggio e non concede un gol all'Inter, poi tanti piccoli errorini che confluiscono nell'abominevole fallo fischiato a Duncan in contropiede quando il giovane era stato palesemente steso in terra dall'avversario. Bentornato, Rocchi. Ce l'hai fatta a far infuriare tutti, ancora. A mai più rivederci, si spera...
DUE presenze stagionali per Cristian Chivu. Con l'Hellas, torna in campo e porta la fascia da capitano. La difesa non è proprio sicurissima essendo nuova di zecca, ma per Cristian quello che più contava era rientrare. Buon passo, tranquillità e gli applausi del proprio pubblico. Sarà utilissimo. Dopo Natale, l'ora del decollo.
TRE a chi rovina la Coppa Italia, con scontri come quelli del pre Inter-Verona. La competizione già è di per sé poco allettante, se poi si va in trasferta a emulare Attila e i suoi Unni, allora bisogna prendere provvedimenti serissimi. San Siro diventa sinonimo di terrore con l'arrivo di tanti pseudo-tifosi, venduti alla guerriglia come manzoniani lanzichenecchi. Scontri con la polizia, paura, scene che non vorremmo mai raccontare. Specialmente in serate in cui portare una famiglia allo stadio dovrebbe essere un incentivo. Dopo il Partizan contenuto, credevamo di aver visto tutto. E invece no.
QUATTRO tocchi al pallone, prima di scaricarlo via. Anche per McDonald Mariga contro l'Hellas era l'ora del ritorno dal primo minuto. E si vede, perché rallenta il gioco e non dà mai qualità alla manovra. L'Inter del primo tempo accusa la mancanza di cambio di passo. Naturale che sia così, nessun dito puntato contro Mariga. Dopo mesi e mesi fuori è necessario recuperare la condizione, passando anche da notti così. Non dimentichiamo che al Camp Nou, a fare la guerra in quell'aprile del 2010, c'era anche lui. Aspettiamo quello vero.
CINQUE minuti, ma non è una pubblicità. È il tempo impiegato da Alfred Duncan per sciogliersi di fronte a San Siro. Debutto assoluto per Fredinho alla Scala del Calcio, roba da pelle d'oca. L'impatto con i tifosi si fa sentire, Duncan è imbambolato in avvio. Poi cresce, cresce e ancora cresce fino a conquistare gli applausi dell'esigente popolo della Beneamata. Preziosissimo in fase di recupero palloni, imposta la manovra quando serve, rincorre gli avversari continuamente e tenta pure il golasso al volo. Che personalità, ragazzi. E la cosa più bella è che, col passare dei minuti, Alfred sembrava sempre meno un giovane debuttante e sempre più un veterano già inserito da tempo. Stramaccioni stravede per lui da tempo, Duncan gioca già da giovane-vecchio. Ah, è un classe 1993 prodotto della cantera Inter. Per chi se lo fosse dimenticato...
SEI pieno a Ricardo Alvarez, anche qualcosa in più. Trova nell'Hellas l'avversaria ideale da ammazzare galleggiando tra le linee, ci prova per tutto il primo tempo quasi da solo. Vuole trascinare un'Inter assopita, è sfortunato sotto porta, si sbatte e tenta di bucare Rafael in ogni modo. Cala alla distanza. Ma per salire al gradino successivo gli manca ancora quella cattiveria agonistica che smarrisce per tratti della gara. Guarin, gliene presti un po'?
SETTE in pagella e buone feste ad Antonio Cassano. Per lui è già Natale, i compagni se ne accorgono presto. Parte gigioneggiando come durante il cenone del 24 sera, si scatena quando è l'ora di travestirsi da Babbo Natale e distribuire regali. Sia ai compagni - l'assist col tacco a Palacio vale un dessert di un ristorante di lusso -, sia ai tifosi nerazzurri, impossibilitati nel fare altro se non applaudire la carezza con cui deposita in porta l'assist di Guarin che sblocca la partita. Vale sempre il prezzo del biglietto. Se poi è Natale in casa Cassano, anche due...
OTTO sono invece i minuti che impiega il Verona per capire che - con Palacio in porta - bisognerebbe crossare, tirare o buttare qualche pallone in area. E invece no: l'undici di Mandorlini passeggia per vie orizzontali, poi si accorgono che con un traversone e colpo di testa si può far male. Non fino in fondo, però. Strano a dirsi, ma... c'è Palacio.
NOVE ancora a lui. A Rodrigo Palacio, perché dietro alla sua notte da protagonista inaspettato tra le parate c'è qualcosa di più. L'argentino è un campione vero, a tutto campo, e si è visto anche in quest'occasione. Prende senza paura i guantoni, dice a Chivu e Alvarez di voler andare lui. E poi, quando un pallone pericoloso viaggia nella sua zona, si tuffa senza paura e para. San Siro esplode, lui se la ride. Contento come un bambino, ma sempre impegnato e concentrato. E a fine partita cosa dice? "Ero già sulla traiettoria del pallone. Oggi ho sbagliato qualche gol di troppo...". Umiltà, signori. Paracio, un campione totale.
DIECI giornate di squalifica a Fredy Guarin. È la nostra proposta, decisa e convinta. Entra, aggredisce l'avversario con la rabbia di una bestia feroce, sradica il pallone dai piedi e lo impacchetta per Cassano. Come se non bastasse, decide di piantare un bolide (deviato) alle spalle di Rafael per chiudere il conto. Gli occhi della tigre, se il giudice Tosel fosse chiuso in una stanza con lui non basterebbero neanche le catene. Insomma, l'atteggiamento di Fredy era decisamente troppo aggressivo questa sera. Dieci giornate o squalifichiamo a vita, magari? Ma fateci il piacere...
Autore: Fabrizio Romano / Twitter: @FabRomano21
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