Inter contro Roma, ma anche Nainggolan contro Zaniolo, Lautaro contro Icardi, Spalletti contro il suo passato, Dzeko (forse) contro il suo futuro. La partita di stasera non si limiterà a mettere sul piatto punti pesantissimi nella corsa al piazzamento Champions, quando nerazzurri e giallorossi incrociano le spade non è mai un evento banale. Ma al di là di ogni contenuto interno, ce n'è solo uno che conta davvero: la classifica. Vincere, per l'Inter, vorrebbe dire quasi ipotecare l'obiettivo stabilito la scorsa estate, quel piazzamento europeo che verrebbe nobilitato dal terzo gradino del podio. Uno step in più rispetto al risultato, raggiunto a un quarto d'ora dalla fine della gara all'Olimpico, della scorsa stagione. E sarà interessante cercare di capire l'approccio della squadra di Spalletti, che negli ultimi tempi, tra Lazio e Atalanta, questi match point non li ha propriamente sfruttati, al netto delle oggettive difficoltà. Mettiamoci seduti comodi e incrociamo le dita, il discorso Champions va chiuso prima possibile lasciando alle altre l'onore di contendersi l'osso del quarto posto.

La settimana di coppe ha confermato una sensazione che già era abbastanza radicata: l'Inter si è trovata, causa ranking malevolo e assenza dalla competizione da 6 anni, in un gruppo di Champions terrificante. Il fatto che Tottenham e Barcellona siano semifinaliste e, guarda caso, siano proprio quelle uscite indenni dal girone dantesco che ha visto protagonisti anche i nerazzurri è una magra consolazione. Da un lato certifica quanto di buono costruito dall'Inter nel ruolo di underdog, dall'altro aumenta il disagio per aver gettato al vento l'opportunità di passare il turno al posto degli Spurs, soprattutto negli ultimi, apatici 10 minuti contro il Psv al Meazza in cui più che attaccare la squadra si è limitata ad aspettare notizie dal Camp Nou. Psicodramma sportivo anticipato dalla gestione a dir poco opinabile della trasferta di Londra, dove ha prevalso la voglia di controllare piuttosto che osare. E a certi livelli, chi non osa resta con il cerino in mano. Peccato, rimane la consapevolezza di essersela giocata alla pari in un girone di corazzate, così come il rammarico per non aver saputo dare quel quid in più nel momento giusto. Ed è lo stesso limite caratteriale palesato da questa rosa anche in campionato, quanto basta per un'anamnesi affidabile sulle sue lacune da colmare prima possibile.

La campagna europea nerazzurra, però, non può essere catalogata con l'etichetta di 'fallimento'. Una parola usata spesso a sproposito, estraendola dal contesto. Negli ultimi giorni, per esempio, se n'è fatto un uso distorto, affibbiandola al Manchester City, uscito per gli episodi più che per merito, ma non alla Juventus (se non qualche coraggiosa voce fuori dal coro) che, vale la pena ricordarlo, la scorsa estate ha investito una vagonata di milioni (che si trascinerà per i prossimi tre anni) per portare a Torino l'uomo della Champions, Cristiano Ronaldo, colui che avrebbe finalmente soddisfatto quella che, Nedved docet, è ormai un'ossessione. Invece sono bastate  l'organizzazione tattica e la sfrontatezza di un gruppo di giovani talenti olandesi per svilire le ambizioni dei bianconeri. Eliminazione sacrosanta, altro che figlia degli episodi. E questo dovrebbe far riflettere sul mancato utilizzo, in generale, della parola 'fallimento' sportivo. In parole povere, con CR7 arriva uno scudettino vinto contro i lillipuziani che sarebbe arrivato a prescindere visto l'humus del nostro calcio in cui contano soprattutto le 'relazioni'. Per questa e molte altre ragioni che non ha senso disquisire in questo contesto, ha ragione Spalletti quando non casca nel tranello del rimpianto ma si limita a fare una lucida analisi di quanto realmente messo in campo dall'Inter nella competizione europea tanto inseguita fino al 20 maggio 2018.

Lucido anche il discorso su Niccolò Zaniolo, che oggi delizia i palati dei tifosi giallorossi e le penne di chi scrive di mercato con reale o presunta cognizione di causa. Più che addentrarsi in congetture, val la pena ricordare i fatti: Settlement Agreement in corso, necessità di portare Nainggolan a Milano e richiesta indiscutibile del classe '99 da parte di Monchi. Zaniolo non è il primo né sarà l'ultimo giovane talento sacrificato in trattative di mercato, non solo in casa Inter. Ma parlare con il senno di poi, cavalcando la stagione sfortunata del belga (oggi si nota maggiormente la sua importanza), non ha francamente alcun senso. Oggi conta solo fare quello step decisivo per raggiungere l'obiettivo, a prescindere da chi tra Icardi e Lautaro inizierà in campo, dal meta duello Nainggolan-Zaniolo, dal confronto a distanza Totti-Spalletti, dalle voci di mercato su Dzeko e Pellegrini e dagli altri contenuti che Inter-Roma inevitabilmente porta con sé.

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Sezione: Calci & Parole / Data: Sab 20 aprile 2019 alle 00:15
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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