Paolo Scaroni è presidente del Milan dallo scorso 21 luglio. Oggi, alla Gazzetta dello Sport, il numero uno rossonero è tornato anche sul tema stadio e sul Fair-play Finanziario della Uefa. "Nel calcio ci sono due montagne da scalare contemporaneamente, quella sportiva e quella economica: sono intrecciate e tenute insieme dal Fair play - spiega -. Il ragionamento è complessivo e deve portare a cambiare le logiche di espansione del nostro campionato. Dobbiamo guardare all’Oriente e in America, perché per riportare qui i grandi campioni tutto passa dall’audience mondiale. Il Milan potrebbe essere avvantaggiato: è il club italiano con il maggior numero di tifosi sparsi nel pianeta. Non vogliamo restino vecchi signori che ricordano vecchie glorie, vogliamo tornare a livelli economici e sportivi eccellenti".

Davanti a un tribunale finirà presto il Milan, a Nyon. Quale sarà la strategia?
"Vado in Svizzera lunedì, l’audizione sarà martedì mattina alle nove e mezza. In queste ore invieremo tutta la documentazione e ci auguriamo che ogni cosa proceda per il verso giusto. A decidere saranno magistrati della corte europea, totalmente indipendenti. In più non hanno un compito difficilissimo: sul fatto che nel periodo tra il 2014 e il 2017 la società abbia violato i vincoli del Financial Fair play entrambe le parti concordano. Va solo stabilita una sanzione proporzionata alla colpa, come ha chiesto il Tas di Losanna. L’analisi del bilancio futuro è uno step successivo e avverrà in primavera".

Condivide i principi dell’Uefa?
"Ha fatto bene a dotarsi di questo strumento, anche se certi meccanismi devono essere affinati. Buttare valanghe di soldi senza dover rendere conto a nessuno e poter giocare un campionato senza contendenti non va bene. In casi come il nostro è difficile star dentro certi parametri: se vuoi riprendere la posizione sportiva che credi ti competa, devi fare degli investimenti. Ma oggi è inutile comprare perfino Messi, se poi ti possono vietare di farlo giocare. Bisogna puntare sui giovani, crescerli a zero euro e rivenderli a 30-40 milioni è il modo migliore per realizzare profitti che poi ti permettono di fare altri acquisti. E i tifosi capirebbero".

Nella sfida con l’Inter in che posizione partite?
"Il prossimo derby voglio vincerlo, ma quando gli interisti non sono un mio competitor diretto non ho ostilità particolari. Contro il Tottenham tifavo per loro. Mi piacciono perché sono grandi, grossi e forti. Ma per essere l’anti-Juve hanno troppi inciampi. Con Marotta non c’è mai stata trattativa, avevamo già scelto il nostro ad. Lo stesso vale per Paratici: l’ho visto una volta, ma allo stadio".

La qualificazione in Champions sarà decisiva per tirare le somme?
"In tutte le carte del nostro business plan di quest’anno non prevediamo la Champions. L’anno prossimo sì, se non la centrassimo servirebbe un piano B. È chiaro che noi dovremmo esserci sempre, perché è il traino che tira dietro tutto".

Lo stadio è un mezzo per il business?
"E’ al primo posto. Io ho fatto un’inversione a “U” rispetto alla precedente proprietà, vorrei uno stadio nuovo insieme all’Inter: un modo per dimezzare investimenti e manutenzioni raddoppiando il valore degli sponsor. Con più partite ogni settimana tra coppa e campionato la visibilità sarebbe pazzesca. Lo stadio aumenta i ricavi di 40-50 milioni l’anno e un grande sponsor potrebbe dargli il nome, avremmo la coda di aziende internazionali interessate all’investimento. E incasseremmo molto più di quello che fanno a Torino con l’Allianz".

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Sezione: Rassegna / Data: Ven 16 novembre 2018 alle 09:37 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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