E' un'analisi approfondita e per alcuni aspetti condivisibile quella che fa Stefano Olivari del Guerin Sportivo. Una suddivisione al netto delle colpe di questo avvio di stagione disastroso.

"L’Inter ha vissuto trionfi e tonfi, non solo contro il Trabzonspor e non solo negli ultimi anni, ma è dal 1995 che le sue vicende vengono raccontate basandosi su un dogma indiscutibile: l’infallibilità di Massimo Moratti, intesa non come infallibilità sportiva (gli errori sono evidenti, al pari dei meriti) ma come infallibilità strategica. In altre parole, secondo i media Moratti ha sempre la visione di fondo giusta, i grandi colpevoli della situazione sono i giocatori che si approffittano della troppa libertà concessa (archetipo Balotelli), in qualche raro caso i dirigenti che si prendono colpe non loro (archetipo Oriali), ma soprattutto ovviamente gli allenatori che non capiscono di calcio (archetipo tutti tranne Mancini e Mourinho, che comunque non sono stati trattenuti). Senza mettersi a fare rivisitazioni storiche, parliamo di attualità e diciamo che il tiro a Gasperini è figlio diretto di quel movimento che potremmo definire neomorattismo, nato il 22 maggio 2010 a Madrid pochi secondi dopo la conquista della Champions League. Il neomorattismo ha alcuni punti in comune con il vecchio morattismo, prima che Calciopoli (ricordando sempre chi erano i ladri, chi i mezzi ladri e chi le vittime) e due allenatori di grande personalità imponessero una svolta: ascolto eccessivo dato alle lagnanze dei giocatori (Cambiasso e Zanetti, tanto per parlare del presente), esternazioni quotidiane (spesso due o tre volte al giorno) per strappare un titolo ai suoi dipendenti, consultazioni continue con allenatori di qualsiasi tipo e filosofia (da Capello a Zeman, passando per Ranieri e Zenga) anche senza risultati negativi da tamponare, mercato condotto senza rispettare le indicazioni del tecnico. Il morattismo del dopo-Madrid ha però alcune peculiarità. La prima: avendo toccato il massimo si ritiene di avere una sorta di bonus perenne per i fallimenti, in maniera non dissimile da Agnelli e Berlusconi: con le truppe cammellate dell’informazione pronte a ricordare gli aumenti di capitale di Moratti, la passione di Moratti, i progetti di Moratti, eccetera. La seconda: l’uso del fair play finanziario Uefa (a regime dal 2015 e aggirabile con facilità) per giustificare il basso profilo, quando tutti sanno come vengono pagati i grandi giocatori (altro che autoriduzione dell’ingaggio…) in Europa. La terza: l’idea che l’Inter possa cedere i suoi migliori giocatori, in presenza di un’offerta giusta. Nessun club davvero ambizioso crea liquidità con i pochi giocatori che fanno la differenza, semmai si libera dei campioni bolsi e dei comprimari che battono cassa sfruttando i festeggiamenti. La quarta: una stanchezza di fondo, unita all’idea di cedere fra pochi anni la presidenza della società al figlio maggiore. Ecco, di tutto questo non è colpevole Gasperini. Del quale si possono solo notare lo stato confusionale, dopo il cambio tattico impostogli a mezzo stampa (l’esonerato sarà lui, tanto varrebbe sbagliare con la propria testa), la presunzione (non parla di tattica con i giornalisti, quando di solito gli allenatori accusano i giornalisti proprio di non voler parlare di tattica ma solo di polemiche), fra l’altro ingiustificata in chi ad alto livello ha allenato solo Crotone e Genoa, e un atteggiamento troppo dimesso nei confronti dei giocatori: che vanno scossi, al limite anche con le piazzate alla Mourinho. Conclusione? L’Inter 2011-12 era di transizione fin dall’inizio, si sapeva. Ma adesso rischia di arrivare alla transizione della transizione. Per farsi dire ancora di no da Guardiola? Ne vale la pena? Il Moratti di una volta pensava che gli Iniesta contassero più dei Guardiola".
 

Sezione: News / Data: Gio 15 settembre 2011 alle 18:07
Autore: Alessandro Cavasinni
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