"Nelle sue prime 25 partite azzurre, Arrigo Sacchi ne fece esordire 33. Non è un caso che il numero quasi si sovrapponga a quello di Mancini, perché i due c.t. si assomigliano molto. Entrambi ha sentito la necessità di smarcarsi drasticamente dai predecessori: Vicini e Ventura. Entrambi hanno fissato in modo perentorio un’idea di gioco e poi hanno cercato gli interpreti migliori per rappresentarla. Stessi principi: gioco collettivo, offensivo, ad alta intensità. La rivoluzione esige volti nuovi". Lo scrive Luigi Garlando sulla Gazzetta dello Sport. "Non puoi ribaltare il palazzo e poi mettere al governo i ministri di prima. Per questo Arrigo e Mancio hanno convocato tanti nuovi giocatori con nuove attitudini. Soprattutto giovani, perché se vuoi staccarti dalla tradizione italiana di attesa e ripartenza e adeguarti al calcio europeo fatto di dominio e ritmi alti, devi avere ragazzi capaci di pressare, correre e assaltare per 90’, come Barella, il nostro profilo più internazionale. L’Europa premia il calcio verde e vitaminico di Haaland, Mbappé, Camavinga, De Jong, Havertz, Rashford. La Serie A invece è un museo di vecchi pittori: Ibra, Ribery, Dzeko, CR7, Vidal… Bravissimi, per carità. Però poi quando mettiamo il naso oltre confine, scopriamo quanto corrano l’Ajax, il Liverpool, il Barça, il Lilla... Nell’apocalittico 0-0 di San Siro con la Svezia, l’Italia aveva cinque giocatori oltre i 30 anni. Mancini ha abbassato la media a 26 e, in alcuni match, è sceso sotto. Ha abbassato l’età e alzato la qualità del gioco. Contro la Svezia gli interni di centrocampo erano Florenzi e Parolo. Il Mancio è ripartito subito con il doppio play e non ha mai voluto mediani di sola interdizione".

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Sezione: News / Data: Ven 13 novembre 2020 alle 19:28 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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