Malinconica della propria schizofrenia, l'Inter perde nel finale due punti preziosi sul campo della Fiorentina e viene agganciata dalla Juventus (vittoriosa in casa per 3-0 contro l'Udinese) al primo posto della classifica. La formazione gigliata, passata in svantaggio all'ottavo minuto di gioco, ripesca nel proprio inconscio un'imprevista perseveranza che conduce alla rete del pari, siglata nell'ultimo frangente di gara. Tanti rimorsi per la Beneamata, che può soltanto piangersi addosso e promettersi di non mollare. Borges sosteneva che "dormire è distrarsi dal mondo": cincischiare, per tradurla in termini calcistici, è sinonimo di rinuncia alla vittoria.
Fin dai primi minuti di gioco, in uno Stadio 'Artemio Franchi' in condizioni riprovevoli (e poi si parla di demolire San Siro...), gli ospiti rimarcano la propria supremazia territoriale: possesso palla fitto e denso, ma anche piuttosto confuso. Le pennellate di un quadro impressionista, insomma. Tant'è che della fattualità concreta di questa squadra si può evincere ben poco, senza far affidamento alle sensazioni: un gruppo daccapo assottigliato dalla carenza di singoli a disposizione, ancor più reduce dai duelli contro Roma e Barcellona (uno lugubre, l'altro da riporre nel dimenticatoio) si cela dietro una regnatela di passaggi ben calibrati, ma talvolta prevedibili. La marcatura di Borja Valero che sblocca il parziale non è altro che un piacere leopardiano: graziosa finta ubriacante del madrileno, conclusione ad incrociare sul primo palo e arrivederci Dragowski.
O forse "addio" lo dice proprio il polacco: mentre l'ex di turno non esulta (quasi scusandosi con la Curva Fiesole per aver fatto 0-1), il portiere dei viola promette a se stesso di non subire alcun'altra rete per tutto il prosieguo dell'incontro. Manterrà la promessa, anche a costo di giocarsi la testa ("non vedo più nulla", dirà ai medici viola in un linguaggio un po' più rozzo, dopo la botta rimediata da Lautaro a metà ripresa). I meneghini cercano il raddoppio, ma non la chiudono: al numero dieci viene annullato un gol perché il suo compagno d'attacco, quello alto e robusto, è in posizione irregolare prima di fornirgli il passaggio vincente. Alto, sì, ma di testa prende solo qualche pallone. Robusto, vero, ma di contrasti ne vince pochini. Romelu Lukaku non è in giornata (o forse in settimana) e lo s'intuisce man mano: in fase di non possesso è in affanno; saltuariamente scorre un intero giro di lancette e lui è ancora fermo sulla stessa mattonella, con le mani sui fianchi. È stanco, ha bisogno di rifiatare e si vede. Quanto all'apporto (o presunto tale) che dona negli ultimi metri, a parte una stoccata respinta da Dragowski (che fa il fenomeno nella porta in cui Zamora si è giocato una Coppa del mondo, ma forse neanche lo sa), il belga si divora una rete già fatta: quando sei solo ad un metro dalla porta e sei stato pagato 65 milioni di euro, ci si aspetta qualcosa in più di una cannonata sparata sulle gambe del portiere (il quale resta tra l'altro inerte). No, perché anche contro Neto è andata così: sarà mica un virus? Col Genoa l'opportunità per ritrovare il feeling con la rete.
L'Inter si pavoneggia troppo, la Fiorentina bada al concreto. "Tirerò su una squadra all'altezza della città", gridava entusiasta il nuovo patron del club Rocco Commisso in estate. Di strada ne avrà ancora tanta da percorrere, perché gli undici bruscolini allenati da Montella di qualità ne hanno ben poca. Eppure qualche pericolo ad Handanovic, seppur lieve, lo causano: tra i più attivi c'è persino Dalbert, che in Toscana ha ritrovato nel suo bagaglio il tiro nello specchio. Buon per lui. Reduci da quattro tonfi consecutivi, i gigliati si aggrappano a Chiesa: ma il fantasista (o quel che è) viola si perde tra simulazioni irritanti e zero carisma. Viene sostituito tra i fischi del pubblico e lancia un'occhiata al suo tecnico degna del miglior Chinaglia-Valcareggi. Clima teso, si direbbe. Una squadra così quando riesce a colpire la prima in classifica? Dettaglio di infima importanza: al posto del fuoriclasse è entrato un certo Vlahovic. Quelli della Primavera nerazzurra lo conoscono piuttosto bene; i big prenderanno appunti.
Il finale è piuttosto concitato. Antonio Conte vorrebbe cambiare qualcosa. Ma non può. Sono tutti in infermeria: chi faccio entrare, il ragazzino francese? Ma dai, Borja cammina: fuori il 20, dentro Lucien Agoumé. Esordisce in Serie A, ha a sua disposizione cinque minuti. Nei quali l'Inter non può permettersi distrazioni. Anche Lautaro Martinez è stanco, al punto da essere richiamato in panca: al suo posto subentra Politano, di cui il suo mister non si è mai fidato (e non è un caso, visto che in una dozzina di minuti l'ex Sassuolo non vede mezza palla). All'improvviso si rompe anche Bastoni: sente l'inguine tirare. Manca un minuto alla fine, cosicché viene inevitabilmente gettato nella mischia Godin. Da difensore, non è facile entrare allo scadere con un vantaggio di misura da difendere. E l'uruguagio, al primo scatto, buca un anticipo su Boateng. Ecco quindi che sugli sviluppi dell'azione Dusan Vlahovic, tacitulus taxim, s'invola verso la porta difesa da Handanovic. Skriniar lo rincorre, ma (diffidato) non spende il fallo da ammonizione al limite dell'area, che sarebbe stato invece molto utile (due punti, fate voi). Il serbo s'inventa una parabola con concavità verso l'alto; il gesso è il suo piede mancino, la porta fa da lavagna. Il capitano nerazzurro neanche alza le mani tanto la conclusione è potente. È 1-1; lo stadio vien giù.
Inter a pari punti con la Juve. Avessero vinto a San Siro, gli uomini di Conte sarebbero adesso a +6. Dettagli (o forse limiti) che fanno la differenza. E la prossima, in casa contro il Genoa, dovrà essere affrontata senza Brozovic e Lautaro, squalificati: nota sul registro per il croato, che non doma i suoi impulsi e si fa ammonire; l'argentino è sfortunato in un contrasto con il portiere avversario. Disperato l'allenatore, per due assenze pesantissime: "Ho già l'ansia, non ci devo pensare. Dovrò correre ai ripari. Vedremo cosa fare". I tifosi si aspettano i tre punti, la squadra è chiamata ad un ultimo sforzo per proseguire sul filo rosso di una media punti spaventosa. Prossimamente in onda, un Natale ad Appiano. Con un finale tutto da scrivere.
Autore: Andrea Pontone / Twitter: @_AndreaPontone
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