A tre giorni di distanza, l'eco di quanto accaduto al Meazza in occasione di Inter-Napoli è ancora forte. Le dichiarazioni rumorose di Antonio Conte a fine partita sono tutt'ora al centro delle discussioni, a maggior ragione alimentate dalla pausa per le Nazionali che invoca sempre argomenti da prima pagina. Ieri le parole di Beppe Marotta, oggi la replica di Aurelio De Laurentiis. In mezzo pareri più o meno opportuni di chi vede la questione in modo diverso o coerente. E poi, come sempre, quanto filtra dagli ambienti arbitrali, dove in un primo momento è stato approvato quanto deciso dall'arbitro Maurizio Mariani in occasione del rigore assegnato all'Inter per il contatto tra Zambo Anguissa e Denzel Dumfries, salvo poi fare retromarcia destinando il direttore di gara a una pausa di riflessione in cadetteria. Scelta, se fosse confermata, punitiva per un arbitro che ha solo rispettato il trend della Serie A, ovvero assegnare rigori anche al minimo contatto, spesso con il placet del VAR. E che arriverebbe solo dopo il polverone sollevato da Conte a fine gara.
Eppure nella stessa partita sempre la stessa squadra arbitrale, sull'1-1, aveva ignorato il tocco evidente con la mano di Mathias Oliveira che aveva messo così fuori casa Lautaro Martinez a pochi passi dalla porta. Episodio sfuggito inevitabilmente al direttore di gara in campo ma non alla sala di Lissone, dove era stato considerato legittimo pur nella sua evidenza: versione accettata senza troppi problemi in Viale della Liberazione. Eppure interventi di mano assai meno palesi erano stati puniti con il penalty, si pensi anche solo a Juventus-Cagliari e al leggero tocco di mano di Sebastiano Luperto, scoordinato dopo un contrasto aereo con Dusan Vlahovic. Uno dei numerosi casi in cui la coerenza arbitrale è andata a farsi benedire. La domanda è: se Mariani non avesse fischiato fallo ad Anguissa e il gioco fosse proseguito (tra l'altro, con Henrikh Mkhitaryan pronto a calciare da ottima posizione), qualcuno si sarebbe lamentato della mano di Oliveira? Sicuramente non Conte, che giustamente tirava acqua al proprio mulino fingendo di ergersi a paladino anti-sistema, perché è chiaro che il problema del protocollo non nasce dopo Inter-Napoli, così come molti altri club avrebbero il diritto di lamentarsi della gestione del VAR (non ultima l'Udinese, a cui manca un clamoroso rigore a Bergamo per fallo di mano lapalissiano di Isak Hien).
Il problema di fondo dunque non è se ci fosse rigore a favore dell'Inter (grazie a questo punto a Hakan Calhanoglu per averlo sbagliato e aver affievolito il caos mediatico successivo), perché di 'rigorini' così ne sono stati assegnati decine (anche al Napoli, a Empoli) nonostante il designatore Gianluca Rocchi avesse imposto alla propria squadra di alzare il livello di tolleranza sui contatti in area. Il problema di fondo è che senza lo sfogo strategico di Conte l'episodio sarebbe stato catalogato come uno dei tanti e oggi neanche se ne parlerebbe più, a maggior ragione perché ininfluente sul risultato finale. La sensazione è che se avesse favorito un'altra squadra non ci sarebbe stato tutto questo clamore postumo e oggi si discuterebbe solo di mercato e di Nazionale, come in ogni sosta (ma questo è un discorso atavico). Evidentemente, e l'allenatore del Napoli lo sa bene, le possibilità di Scudetto della sua squadra passano anche dalla gestione arbitrale in questo campionato ed è meglio mettere subito tutti in riga, lamentando un torto che in realtà non rientra nella casistica dei gravi errori. Ma il polverone serve appunto a far perdere di vista i veri contorni delle cose.
Che poi ci sia un problema di protocollo, poco da aggiungere. Una riforma del VAR sarebbe gradita, ma non con la chiamata dalla panchina bensì dando il giusto peso all'assegnazione di un rigore e trattare il gioco del calcio per quello che è sempre stato, uno sport di contatto, anche robusto ma non per questo irregolare. Perché premiando ogni 'sfioricchiata' del difensore sull'attaccante, altro non si fa che invitare i giocatori a cercare sempre il minimo contatto per poi rantolare a terra in preda a chissà quali sofferenze. Discorso che vale per tutti, a prescindere dal colore della maglia. E di cui al VAR e in campo gli arbitri devono sempre tenere conto. Aggiornamento del protocollo, ma anche educazione dei giocatori con direzioni arbitrali che li invitino a stare in piedi quando possono. Non è necessario di aspettare il prossimo sfogo di un allenatore o un dirigente per andare verso questa direzione.
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