La pressione del Camp Nou s'abbassa al fischio d'inizio. Il Camp Nou gremito ha paura dei nerazzurri, è chiaro, esplicito e manifesto. Virtuosismo elevato alla massima potenza. L'equilibrio tra le fila dei blaugrana non s'incastona nei tasselli tattici di Xavi. Avanzamento prevedibile, consueto tic tac costruttivo nel possesso dell'impostazione. Ma nel calcio conta la sostanza, l'essere implacabili. L'Inter si divora gli spazi e le occasioni per segnare anche di più nella terra spagnola del possesso palla. Quando si gettano al vento chances così clamorose, si corre il serio rischio di pagarlo in termini realizzativi. Ma giocare lì comporta il filo del brivido. E allora perché non correrlo qualche pericolo, senza mutare la natura d'attesa e ripartenza. Xavi s'è dimenticato di dire che il pallone va fatto ruotare con tocchi rapidi e convincenti, movimenti complementari e un attacco alla profondità maggiormente efficiente. L'Inter sa ripartire infilandosi negli spazi liberi e lo dimostra, giocando con coraggio. Quella maledetta traversa di Dzeko pare un segno del destino.

LE PRATERIE VINCENTI. La proporzione degli enormi spazi si presenta in zona gol, quando Dimarco s'addormenta, Raphinha accelera lo sviluppo con la testa e la conseguente esecuzione, mandando per Sergi Roberto l'assist che Dembelè sfrutta come meglio non potrebbe, dopo tanto fumo uscito dai suoi scarpini. Azione e reazione: quella del vantaggio fa recriminare l'universo dei cuori nerazzurri per la mancata attenzione ad una contingenza da vivere con più concentrazione. Ma nulla è perduto, perché il Barcellona dietro concede e con forza vigorosa e dinamismo calcolato l'Inter reagisce, trovando il pertugio con il grande inserimento di Barella, che coglie l'assist di Bastoni (Piquè immobile attende la vana uscita del portiere, allargando le braccia) ed ecco riequilibrate le sorti dell'incontro. Lautaro e quel doppio palo dall'infinità varietà: il ritorno al gol 43 giorni dopo è di una bellezza inaudita. È manifestazione di grandezza, in quella che sarebbe potuta essere la sua nuova casa.

SUCCEDE DI TUTTO (E DI PIÙ). Lewandowski è opaco fino a quando non gli correggono in rete un tiro apparentemente non così insidioso. Per il Barcellona è una gioia effimera (proseguono i posizionamenti errati) in questa lunghissima altalena di emozioni. La riflessione non c'è, si attinge dal senso di una contesa che vuole essere prolungata nella sua suspense. Le gioie di una prestazione gagliarda e sontuosa sotto tutti i punti di vista da pedina scatenate nelle incursioni senza palla e con l'impostazione verticale, rapida e immediata. Il 3-3 un po' di amaro in bocca lo lascia eccome, considerando la clamorosa opportunità sui piedi di Asllani che, alzando la testa, avrebbe messo la parola fine all'esito finale. Ma il traguardo è lì, dietro l'angolo, dopo una maratona pazzesca in casa del Barcellona. Quelle curve magiche pennellate con il sapore del successo. Nelle pieghe poco resistenti di uno Xavi deluso. È tornata la vera Inter?

Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 13 ottobre 2022 alle 08:15
Autore: Niccolò Anfosso
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