Campionato senza padroni fino all'ultimo respiro e dal capolinea incerto. Questa Serie A non sembra voler finire e soprattutto trovare un posto dove poter finalmente da fine a questa lunga ed estenuante corsa stagionale che all'indomani della 37esima giornata sta logorando interisti e napoletani. A guardare con distacco e black humor l'andamento stagionale di Inter e Napoli verrebbe quasi naturale fare battute, meme o barzellette e come la storiella dei due compari ubriachi, la squadra di Inzaghi e Conte da quattro mesi a questa parte sembrano giocare ad un rilancio di gentilezze l'una verso l'altra andato in bug e in loop continuo: prima lei, no vada lei... e così via fino agli ultimi, intollerabili 90 minuti. Nella speranza, peraltro, che siano gli ultimi 90. Mentre la Serie A è tornata a far assaporare ai romantici la meraviglia del campionato in contemporanea, che ha riportato per un attimo a vecchi nostalgici ricordi di un calcio che oggi non c'è più, a Milano e a Parma le due pretendenti al titolo sono incappate in un ennesimo scalo di marcia che non permette il sorpasso agli interisti né lo slancio decisivo ai napoletani. Pareggio per 2-2 al Meazza e 0-0 al Tardini che non innescano nessuna variazione in classifica tra le due: il Napoli resta a +1 dall'Inter che dopo l'ennesimo big match concluso senza vittoria vede l'ago della bilancia del Tricolore spostato più verso sud.
La partita dell'Inter contro la squadra di Baroni si conclude ancora una volta con un pareggio, il secondo consecutivo dopo l'1-1 di Inter-Lazio dello scorso anno sempre all'ultima in casa ma finita con un sapore decisamente diverso. Al fischio di Chiffi, arrivato in ritardo di quattro minuti circa, è la squadra di casa a scoprire immediatamente le carte e con sfacciataggine affronta gli avversari a trazione anteriore. Ma a fare da padrone è a tratti la percezione di una strana eleganza d'altri tempi con la quale gli ancora in carica campioni d'Italia sembrava affrontassero i ragazzi di Baroni. Una sorta di danza in punta di piedi che non porta mai ad un vero e proprio affondo del canino velenoso nel collo dei dirimpettai con la maglia gialla e al contrario finisce con un cincischio che permette ai capitolini di far male non una, ben due volte. L'Inter va in vantaggio ma entrambe le volte si fa riacciuffare dai laziali galvanizzati dall'ingresso in campo di Pedro che come al solito trascina la Lazio fuori dai guai.
Nel primo tempo sono i padroni di casa ad andare meglio, mettendo dall'inizio sotto scacco i ragazzi di Baroni, graziati però da una gentilezza insolita degli uomini in maglia neroblu che sembrano non voler mai rischiare una giocata ma soprattutto un intervento un po' più deciso e sembrano, al contrario, quasi lasciarsi contagiare dal 'braccino' che ha assalito per la prima grande volta Yann Sinner, fermato qualche ora prima sul campo centrale del Foro Italico da un insuperabile Alcaraz. Poco spettacolo o nulla e per veder partire il primo tiro in porta bisogna attendere al 30esimo con un un sinistro alla Dimash del 32 di casa che scalda i guantoni di Mandas, ma insieme ai nerazzurri sugli spalti, caldissimi e rumorosissimi per quest'ultimo appuntamento stagionale al Meazza, anche quelli in campo iniziano ad alzare i giri del motore e il surriscaldamento generale raggiunge dei buoni picchi di temperatura che finisce pure col produrre fumo e scintille andate in crescendo con l'aumentare dei minuti e degli interventi di Chiffi. Se la spinta in area di Rovella su Bisseck al 22esimo non meritava, secondo l'accoppiata direzione di gara-sala di Lissone, un controllo ulteriore, la leggerezza d'intervento con la quale il fischietto di Padova agisce per tutti i novantasette e rotti minuti a discapito palese della squadra di casa non trova deterrenti né saggi consiglieri che aiutino l'ingegnere veneto a riaccordare una prestazione che meriterebbe un'attenta analisi e sé stante. Con tanto di lente d'ingrandimento e raggi X.. Abbagli su abbagli, poca personalità, confusione, metro di giudizio schizofrenico e una gestione totale che manda in giovedì nero l'economia della partita dell'Inter e probabilmente la stagione.
La partita si sporca e s'indurisce col passare del tempo e sembra non sbloccarsi, ma solo infuocarsi. Almeno fino al 42esimo quando Dimarco si vede ribattuto un tiro dalla distanza nato dallo sviluppo di un corner, filpper che favorisce Bisseck in versione attaccante. Il tedesco controlla e spara un siluro che si infila meravigliosamente sotto la traversa provocando un urlo di San Siro devastante e pauroso che prende espressione visiva nell'esultanza di capitan Lautaro, costretto a dimenarsi e soffrire dalla tribuna alla quale è relegato per ritrovare energie e forze in vista di Monaco, elementi questi sprecati a bizzeffe durante il match di ieri vissuto dall'attaccante argentino con la sofferenza inaudita di un Toro legato nel bel mezzo di una corrida. Senza il capitano l'Inter fatica, specie nel secondo tempo quando all'inefficace Taremi subentra Correa che fa meglio dell'iraniano senza riuscire però a cambiare gli equilibri di una partita che al contrario alza il livello di difficoltà quando a Mkhitaryan subentra Arnautovic, altro protagonista negativo di serata insieme al sopraccitato difensore dal numero 31 che si macchia di una clamorosa quanto imperdonabile ingenuità che 'inguaia' l'Inter e rianima i migliaia di cuori a tanto così dall'arresto in quel di Napoli. Una grande prestazione rovinata inesorabilmente dalla sciocchezza che il classe 2000 commette allargando il braccio destro che sì parte da dietro la schiena, ma che l'ex Aarhus pur sempre allarga, aumentando così il volume del corpo: il tocco di braccio che la squadra di Baroni reclama a gran voce, ma Chiffi non vede (altro assurda svista) diversamente che il VAR, c'è e come ed è rigore per la Lazio. Dagli undici metri ci va - giustamente - quello che più è solito fare male all'Inter, ovvero Pedriño, ed esattamente come Murphy vuole, Sommer intuisce ma non blocca, il pallone finisce dritto dentro la rete mentre il cronometro segna lo scoccare del 90esimo minuto. Un gol che, rimette ancora in pari un risultato che Denzel Dumfries, unica luce di una stagione che dovrebbe davvero garantirgli un posto al fianco di San Pietro, aveva segnato riportando in vantaggio al squadra di casa qualche minuto prima, e gela il Meazza. Inzaghi è davvero un demone, i giocatori in campo di più e tra un tentativo e un altro di capire e farsi capire con un Chiffi sempre più nel pallone, arriva ancora una volta Acerbi a un passo dell'intervento decisivo: ma Arnautovic a qualche centimetro dalla porta liscia e pasticcia su un gol praticamente fatto che riesce a non segnare e sottoscrive il pass per l'addio a fine stagione e un podio sui 'nuovi mostri' di Striscia la Notizia che non trova giustificazioni attendibili e degne di un perdono che oggi nessun interista può concedere. Come se la serata non avesse agitato e prosciugato abbastanza i presenti e non sugli spalti della Scala del Calcio, al 98esimo l'austriaco ex Bologna riesce pure a segnare, ma i nerazzurri non esultano neanche: fuorigioco che il VAR annulla immediatamente mettendo il punto finale su una serata che continua play anche oltre i titoli di coda scritti da Chiffi.
Il rigore dato e poi annullato al Tardini al Napoli, l'interminabile recupero, le espulsioni, l'adrenalina della partita e il destino appeso ad un filo collegato tra Lombardia ed Emilia Romagna hanno mandato in escandescenze il mondo nerazzurro, dove le possibilità quasi azzerate - seppur non dalla matematica - di bissare il titolo mandano su tutte le furie l'intero spogliatoio nerazzurro che, per non incappare in commenti a caldo che potrebbero generare spiacevoli squalifiche, non si presenta ai microfoni disertando sala stampa del Meazza e gli spazi dedicati nelle varie TV, entra in silenzio stampa in attesa di capire quando giocare l'ultimo decisivo capitolo di questa lunghissima e dilaniante lotta scudetto che oggi parla più napoletano che milanese e lascia tanti, troppi spunti di riflessione a squadra, staff tecnico, dirigenza e proprietà. Soprattutto proprietà...
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