Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame? Difficile rispondere facilmente alla domanda che il risultato (a specchio) che le due milanesi hanno servito ai propri tifosi al termine del 242esimo derby di Milano. Derby di Milano che sembra insignire ancora una volta del titolo di 'più bella del reame' la Beneamata, pur consegnando lo scettro di femme fatale alla diabolica squadra rossonera che ancora una volta rischia di sbuffare in faccia ai campioni d'Italia il fumo di un sigaro portoghese già assaggiato nella lontana Riad. Il triplice fischio di Chiffi decreta un 1-1 finale al termine di un caldissimo e intensissimo match tra Milan e Inter, privato di coreografie, striscioni e bandieroni. Curve sotto lente di ingrandimento nella prima stracittadina in loco post inchiesta e post smantellamento dei rispettivi direttivi ma tifo della squadra di casa comunque caldo e più comprensibilmente udibile di quello ospite. Un'atmosfera insolita per un Milan-Inter ma comunque non paragonabile al surrealismo respirato nel match d'andata. Ma linea al campo ed è sul rettangolo verde che nella terza stracittadina meneghina della stagione che la fortuna ancora una volta non gira a favore della squadra di Simone Inzaghi.
L'Inter non spezza il tabù derby e diversamente dalla passata annata annata e dai sei appuntamenti precedenti a quello dello scorso 22 settembre non sembra riuscire a trovare più la vittoria. Quello con Fonseca fu, come l'allenatore nerazzurro stesso ha ammesso alla vigilia della partita una delle peggiori dei tre anni e mezzo sotto la sua gestione, nel primo di Conceição invece nell'assurda notte di Riad dopo un'ora di gara in controllo "bisognava essere più bravi". Più bravi ad evitare qualche errore e soprattutto ad abbassare l'asticella di intensità e attenzione dopo aver dato ai rossoneri la possibilità di trovare terreno e soprattutto cazzimma, come si direbbe in una città a caso, di ribaltare un risultato che ha portato a soffiare ai campioni d'Italia un titolo che pensavano di avere in pugno con un doppio vantaggio iniziale che hanno lasciato si vanificasse. Una ferita che i nerazzurri hanno guarito facilmente senza dimenticare che il derby è il derby e i trofei sono trofei come ha ammesso Bastoni prima del fischio d'inizio. Ma la voglia e i proclami di 'rivincita' non sono bastati a far salire all'Inter quel sangue 'agli occhi' necessario a ferire i cugini quantomeno mortalmente.
L'Inter parte subito bene, fa girare con calma il pallone, non si fa assalire dalla fretta giocando con serenità pur costruendo dall'inizio un gioco che fa pensare che sbloccare il risultato sia questione di minuti. Ed effettivamente la squadra ospite non ci mette tanto a bucare per la prima volta della serata Mike Maignan ed è Federico Dimarco a superare per la prima volta del pomeriggio milanese il portiere francese, ma Lautaro, autore dell'assist, partiva da posizione di fuorigioco e l'esultanza per il figlio della Nord viene immediatamente soffocata. La bandierina sventolata al 32 interista è però solo un preludio di una beffarda, stregata, a tratti maledetta partita dei neo bistellati che nel primo tempo vivono momenti di totale controllo senza mai dominare davvero e la frizzantina partenza illude i presenti al secondo anello verde che al 33esimo esultano ancora, ma ancora una volta a metà. Solito cioccolatino di Nicolò Barella che serve al capitano il pallone per il secondo tentativo a rete di serata ma anche qui, il fuorigioco sempre del giocatore che orchestra la sponda rende tutto inutile e il tabellino resta sullo 0-0. Risultato che non muta neppure dopo il primo vero brivido per i tifosi 'ospiti' su un gran tiro di Reijnders che Sommer esorcizza. Miracolo, per restare in tema superstizioni e fede, che non si ripete qualche minuto dopo: al 45esimo il portiere elvetico smanaccia senza riuscire a bloccare una conclusione di Leao lasciando però la palla colpevolmente lì dove Reijnders zompa come un falco e da pochi passi insacca alle spalle dell'ex Bayern Monaco mettendo sorprendentemente l'ago della bilancia a favore della squadra di casa. Incredibile vantaggio milanista a qualche secondo dalla fine del primo tempo che può fungere da importante spartiacque di serata.
Spartiacque che però l'Inter non riesce mai a sfruttare per far ripartire a pieno l'attività del suo mulino e con la complicità di una dea fortuna piuttosto bendata, è costretta a mandare a bada lo sbalzo di adrenalina che il duo Lautaro-Dumfries provocano: altra perla del prezioso olandese che riesce ad imboccare l'attaccante argentino che imbuca il capitano del Diavolo e sembra finalmente riaccogliere un buon vento che Chiffi svela per quello che è: una ventata di corrente illusoria. Se sulle prime si pensasse che il gol fosse stato invalidato dal fischietto di Padova perché il pallone fosse uscito prima del recupero quindi l'assist di Dumfries, l'intervento del direttore di gara puniva il fallo dell'interista su Theo Hernandez, uno dei migliori in campo di Conceição insieme a quasi tutto il resto della difesa rossonera. Fallo su Theo e altro balletto del tecnico portoghese in panchina che riceveva la prima di una serie di grazie ricevute da un fato dall'anima clamorosamente venduta a Lucifero. Sessantaquattro minuti sul cronometro, 1-0 Milan e tre reti annullate all'Inter che dopo tre giri d'orologio colpisce il primo di tre affatturati legni. Bisseck rompe il ghiaccio al 67esimo, prima della replica di Thuram all'82esimo e Dumfries al 91esimo che hanno testato ripetutamente la solidità del palo alla sinistra di Maignan, santo protettore dei rossoneri. Ma anche contro il più oscuro dei sacrilegi esiste antidoto: a vestire i panni dell'angelo vendicatore contro pali e bandierine maledette arriva santo Stefan da Krimpenerwaard che con gentilezza ma tanta benedetta lucidità spinge in porta una morbida sponda di petto arrivata dall'assistman dell'ultimo minuto, quel Nicola Zalewski sbarcato sul pianeta Inter nemmeno 24 ore prima del fischio d'inizio e che ha deciso di presentarsi nella nuova casa portando il dolce: ringrazia De Vrij che insacca e converte il terzo ko in tre derby stagionali, peraltro assai immeritato, in un punto amaro ma reso più digeribile dal pari del Napoli a Roma, peraltro arrivato sempre nel recupero.
Un gol dell'ultimo minuto che salva l'amarissima pillola che i campioni d'Italia stavano per dover ancora ingerire, probabilmente mai così tanto incolpevolmente tenendo conto delle contingenze fatali ma non solo che hanno viziato i 95 minuti della calda prima serata di San Siro, dove a mettere un carico pesantissimo sul già avverso destino dei ragazzi in nero blu è il direttore di gara Chiffi che al 73esimo incappa in un errore che macchia una prestazione che non aveva visto grosse sbavature. Dopo aver ricevuto palla, Marcus Thuram irrompe in area di rigore dove fa a sportellate con Pavlovic che un attimo prima della chiusura in scivolata, perfetta peraltro, di Theo Hernandez che anticipa il connazionale avversario, tacchetta con il piede destro la gamba sinistra dell'attaccante nerazzurro commettendo un contatto da estrema punizione che né il fischietto padovano né il VAR vedono. Errore che questa volta i nerazzurri non si esimono dal sottolineare con Marcus Thuram che parla a chiare lettere del grave errore della coppia Chiffi-Di Paolo, pur comprendendo l'errore e senza sollevare particolari polemiche. Errori di cui il calcio è fatto, dice serenamente il Tikus e sulla stessa lunghezza d'onda è anche Inzaghi che però questa volta senza abbandonare le buone maniere né alzando i toni scandisce le parole: "È un discorso ampio... Può capitare, sbagliamo tutti, ma comincia ad essere la quarta e quinta occasione. Quando ho visto per dei falli sull'Inter fare delle trasmissioni di giurisprudenza, ora alla terza o quarta inizio ad arrabbiarmi".
Arrabbiatura che se cominciasse a montare non sarebbe ingiustificata né così malvagia perché probabilmente è il tempo di cominciare a farsi sentire. Dentro e fuori dal campo perché l'1-1 sì, è meglio di una sconfitta ma, per restare a ricalcare le parole del Tikus, "non siamo contenti". Al netto dell'agrodolce, la contentezza è un pasto che va assaporato lentamente e a migliorare il retrogusto della serata è proprio la squadra di provenienza del ragazzo della provvidenza, come aveva auspicato a margine del suo match d'esordio a Milano. L'1-1 dell'Olimpico firmato da Angelino al 92esimo, in risposta al vantaggio di Spinazzola, che frena il Napoli è un mezzo risarcimento dell'ingeneroso ma non tragico tardo pomeriggio del Meazza per Inzaghi and co, che ora se sanno usufruire dell'iniezione Zalewski possono perseguire il solco tracciato dalle parole di Thuram: "Continuare".
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