C'era una volta l'Inter tutta straniera, con pochissimi italiani, per lo più in panchina o in tribuna. Era l'Inter di Massimo Moratti. L'Inter degli scudetti, delle coppe e dei campioni. L'Inter del Triplete, indigesto a molti. E le polemiche si sprecavano. Memorabile quella sollevata da Arrigo Sacchi che, anni dopo il successo di Madrid, tornò sull'argomento spruzzando veleno a gogò: "L'ultima volta che abbiamo vinto una Coppa dei Campioni è stato con l'Inter, dove non c'era nemmeno un italiano: questa è assolutamente, a parer mio, una vergogna", disse l'ex allenatore del Milan.

Erano gli anni dell'ItalJuve, della Coppa del Mondo di Lippi e di Cannavaro, sebbene di fatto in finale l'uomo decisivo fu il nerazzurro Materazzi. Erano gli anni delle sollevazioni popolari e delle interrogazioni parlamentari per questa squadra di soli stranieri. Un'onta per qualcuno. Ed era molto facile scivolare sul piano politico. Il tema restò d'attualità a lungo, fino a che, gradualmente, un po' tutte le squadre - big e non solo - hanno perso la maggioranza di italiani in rosa. E allora, da lì in poi, la questione perse di valore: non si poteva più attaccare l'Inter con quel pretesto visto l'andazzo generale, per cui meglio tacere e far finta di nulla.

La politica dell'Inter, senza l'italianissimo Moratti ma con il cinese Zhang, pare essere cambiata. Rotta invertita e anche con un leggero paradosso: adesso che la proprietà è straniera, l'Inter fa incetta di italiani. E che italiani! Barella è una delle stelle, Bastoni tra i migliori in Europa. E poi Darmian, Acerbi, l'emergente Frattesi e lo squillante Dimarco. Insomma, adesso è ItalInter. Ma chiaramente non fa più effetto. I parlamentari non si interrogano. E Sacchi non si vergogna.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 12 settembre 2023 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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