E ora, tutti pazzi per lui. Tutti, indistintamente: merito di un inizio di 2016 vissuto a 300 all’ora, a mietere gol e assist a grappoli su qualunque campo e in qualunque ambito, nazionale o internazionale. Un inizio di anno che gli è valso elogi trasversali, al punto da beccarsi addirittura i galloni di miglior giocatore della Croazia. E finalmente, anche i tifosi interisti hanno potuto lustrarsi gli occhi di fronte ai suoi numeri, grazie ai quali la squadra di Roberto Mancini è riuscita, forse tardi forse no, a mettersi alle spalle il periodo tetro di gennaio-febbraio riguadagnando punti e autostima. Già, ma quanta strada ha dovuto fare e quanti scogli ha dovuto superare Ivan Perisic prima di potersi guadagnare certi livelli di stima? Più del previsto, senza dubbio.
D’altronde, è ben ancora vivo nei ricordi di tutti quanto successo durante l’estate: l’archiviazione senza troppi perché dell’esperimento Xherdan Shaqiri rigettato dopo mezza stagione, l’intenzione di Mancini di dotarsi di un esterno offensivo di caratteristiche diverse, l’individuazione dell’obiettivo ideale in questo ragazzo che col Wolfsburg aveva disputato una stagione superba culminata col piazzamento d’onore in Bundesliga e che a curriculum vanta anche una stagione da 22 gol segnati con la maglia del Bruges in Belgio. E poi, le fasi della trattativa, decantata dallo stesso Piero Ausilio come quella più difficile di tutto il mercato, complici le resistenze incredibili della controparte tedesca che resiste come un muro impenetrabile. Una telenovela che snerva tutti, il giocatore intanto inizia il campionato tedesco e segna alla prima partita.
Poi, lo spiraglio che si allarga, Perisic che arriva in Italia proprio nelle ultime ore della sessione estiva, il debutto nel derby. Col ragazzo che però fatica ad esprimersi al livello ottimale, complici anche i continui rimescolamenti tattici e di formazione del Mancio all’interno dei quali fatica a ritagliarsi lo spazio ideale. Però per qualcuno è già abbastanza quel poco che vede per essere preso dalla tipica frenesia del pretendere tutto e subito ed etichettare il giocatore come l’ennesimo passaggio a vuoto delle campagne acquisti nerazzurre. E poco importa se trova anche un gol piuttosto importante a Genova contro la Sampdoria, l’eccessiva attesa prima del suo approdo in Italia rischia di diventare un bollino indelebile sul suo nome più o meno come il prezzo pagato per Geoffrey Kondogbia. Ma quando il giocatore decide di cambiare la rotta, forte di una collocazione ideale che ne rinfranca lo spirito, e di regalarsi gol e assist a mazzi, ecco che la percezione e i relativi commenti cambiano in maniera antipodica.
Non è mai bello lasciarsi andare ai giudizi sommari senza nemmeno dare all’imputato la possibilità di presentare tutto il proprio memoriale difensivo; non è bello lasciarsi pertanto andare a questo facile gioco specie nei confronti di chi magari viene da un’altra realtà e ha necessità di avere tempo per adattarsi al sempre ostico, per chi non lo conosce, calcio italiano; a maggior ragione se in questa realtà ci si ritrova catapultati praticamente all’improvviso dopo aver impostato una preparazione per una determinata squadra e doversi di colpo ritrovare a digerire nuovi schemi, nuovi approcci, un nuovo sistema di gioco e un nuovo ambiente. Ma le qualità del giocatore non sono mai finite nel dimenticatoio, nemmeno nei momenti più intricati; buon per Ivan, poi che alla fine la proverbiale grinta degli slavi non gli fa difetto, e superati gli intoppi iniziali ha cominciato a giocare come davvero sa, ecco che le critiche si sono tramutate in un coro di elogi.
Nessuna intenzione di parlare di carri e amenità varie, anzi tutte le intenzioni di perdonare chi si è lasciato andare a giudizi troppo frettolosi. L’importante è aver capito che proprio nel momento senz’altro più delicato dell’intera stagione, l’Inter è riuscita a trovare un trascinatore vero sul campo: le sue giocate sono ormai diventate linfa vitale per i compagni, e ora che la giostra del mercato estivo ha già iniziato vorticosamente a girare, una delle mosse ideali è provare a bilanciare il contributo dagli esterni alti inserendo un dirimpettaio sulla corsia destra in grado di tenere bene il passo di marcia, sia questo la suggestione (che rimarrà molto probabilmente tale) Karim Bellarabi, Antonio Candreva o qualcun altro dei nomi che, stiamo certi, arriveranno a pioggia sin dai prossimi giorni. Questo per consentire all’Inter di avere una maggior gamma di opportunità per servire la punta centrale e rendere potenzialmente il comparto offensivo nerazzurro ancora più pericoloso.
Divagazione sul futuro chiusa quanto prima, perché, passata l’ultima pausa prevista dal calendario, rimane ancora uno spicchio di stagione da giocarsi. Quello più importante perché l’Inter si giocherà qui le residue speranze di piazzamento valido per l’accesso ai playoff della prossima Champions League, il traguardo tanto ambito con tutto ciò che ne consegue sul piano sportivo e non solo. L’impresa è ardua, il cammino incidentato di gennaio e febbraio rischia di diventare un dazio troppo grosso da pagare, ma non ancora impossibile in virtù anche della confortante prestazione contro la Roma. E in virtù anche del fatto di aver trovato un nuovo punto di forza in quell’Ivan Perisic che all’Inter e a Milano, terra che di principi vincenti se ne intende, ormai si trova a suo quasi da poterlo definire il bano, come il principe che governava l’antico regno di Croazia e Slavonia. E con il fido connazionale Marcelo Brozovic a fargli da scudiero, l’asse croata promette di regalare soddisfazioni a questa squadra: basta non cedere alle sirene estere troppo spesso pericolosamente sbandierate…
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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