Venticinque anni dopo, non solo nel suo Paese ma in tutto il mondo, le divergenze tra gli uomini sembrano superare le convergenze. Ci si riunisce dunque sotto la stessa bandiera solo per un Mondiale? È una delle tante domande poste a David Trezeguet nella lunga chiacchirata tra il francese e i colleghi di Sportweek. "Io sono nato in Francia, cresciuto dino ai 17 anni in Sudamerica, tornato in Francia senza conoscere la lingua. Ho trovato delle difficoltà, mi sono impegnato e ho incontrato dei compagni di squadra che mi hanno aiutato a inserirmi non solo dentro, ma anche fuori dal campo. Per me era tutto nuovo, ma ho cercato di capire dove fossi e di adattarmi alla nuova realtà. Questo è fondamentale: chi arriva deve dimostrare disponibilità, entusiasmo, buona volontà. Lo stesso va fatto da chi accoglie. Sono stato dieci anni in Italia, un Paese in cui il calcio era diverso da quello francese anche politicamente. La Juve di Agnelli, il Milan di Berlusconi, l’Inter di Moratti, la Lazio di Cragnotti, il Parma di Tanzi. Tutti personaggi importanti anche fuori dal pallone. Dietro a ogni club c’era un’idea di potere, e io sentivo discutere su quale fosse il club più potente. C’erano stadi dove era più difficile giocare, dove sentivi serpeggiare il veleno del razzismo. Su questo fronte bisogna continuare a lavorare".

Quante volte ha sognato il rigore sbagliato contro l’Italia nella finale del 2006?
“L’ho rimosso subito, per diversi motivi. Uno, avevo ormai 31anni e quindi avevo imparato ad accettare la sconfitta. Due, in quella stagione avevo vinto tutto con la Juve segnando tantissimo, quindi mi aspettavo un Mondiale da protagonista. Invece, prima della finale, avevo giocato solo contro il Togo. Alla fine, diciamo che ho fatto un piccolo favore all’Italia, che mi aveva dato tanto”.

Sezione: News / Data: Sab 19 novembre 2022 alle 21:16
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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