In un mondo dove tutto sembra ormai precario, e soprattutto in un Paese dove ormai regna sovrana quella che quelli che benpensano chiamano mobilità e il mito del posto fisso sembra ormai diventato qualcosa solo per passare una bella serata al cinema, nulla rispecchia cotanta condizione come il ruolo di allenatore dell’Inter. Per trovare il quale nelle ultime settimane si è dato vita ad una selezione da più parti ribattezzata ‘casting’, termine che nonostante abbia fatto saltare la mosca al naso ai dirigenti ormai ci si è resi conto che sta così bene su tutto come nemmeno il prezzemolo e quindi aspettiamoci di vederlo impiegato ad ogni eventualità di cambio tecnico. Del resto in Italia, sempre per il principio sopra espresso, le occasioni non mancheranno mai…
Ma soprattutto, dopo la lunga e affannosa del candidato ideale alla sostituzione di Frank de Boer, è bastata una sconfitta, peraltro rovinosa, per far aleggiare sulla testa di Stefano Pioli nuvole nere e tempestose, portatrici di fulmini e pioggia gelata: questa Inter ha fatto mezzo passo avanti con la Fiorentina e nello spazio di pochi giorni viene ricacciata di almeno dieci passi indietro dal Napoli che nello spazio di pochi minuti ha messo per l’ennesima volta a nudo i limiti di una rosa che è una rosa ma non è una squadra, cui manca l'equilibrio in campo ma alla quale pare mancare anche la fiducia reciproca, dove si avverte una frustrante sensazione di impotenza, quasi di ignavia, al cospetto del disastro. E se anche l'effetto martello di Pioli comincia a esaurire i suoi effetti, allora più che alla guida tecnica bisogna pensare alla convocazione di un'equipe di strizzacervelli, per non dire di un esorcista...
Mentre Milano vive la vigilia della sua grande giornata per eccellenza, quella della festa di Sant’Ambrogio e della rituale prima della Scala, l’Inter contrappone all’aria di festa quella della grande depressione per un’annata buttata definitivamente nel bidone dell’indifferenziata ancor prima di brindare all’anno nuovo, dopo un avvio di stagione come non si vedeva addirittura dagli anni Venti. E in tutto questo, ecco arrivare le correnti fredde e tempestose sulla testa di Pioli, provenienti dalla Spagna: perché, come se non bastassero le voci che continuano a circolare forse da anni, arriva anche il carico da undici delle parole di Giovanni Simeone, figlio di Diego Pablo e attaccante del Genoa, che garantisce sull’incrocio futuro dei destini del genitore e del suo ex club. La maggior parte del tifo interista, probabilmente, evoca da tempo l’arrivo del Cholo, grande uomo e allenatore degnissimo; ma involontariamente, il Cholito ha gettato ulteriore benzina su una panchina che da anni arde di suo e dove chiunque ha poggiato le sue terga ha finito col bruciarsi seriamente. E bontà del padre che ieri non ha trovato nulla di meglio per presentare il match di Champions col Bayern che ribadire le sue già note intenzioni...
Il ruolo di allenatore dell'Inter dal dopo José Mourinho (ma forse anche dal durante) ha assunto tutti i crismi per essere inserito nella categoria dei lavori usuranti. I tanti successori del tecnico portoghese, chi più chi meno, hanno subito le ingerenze, le pressioni, le rivoluzioni e le anomalie di un ambiente esposto come una fragile banderuola ad una serie di eventi più o meni tempestosi, dove alla lunga hanno finito con l'essere tutti immolati per la causa. A Walter Mazzarri, colui che forse ha saputo dare in questi anni l'espressione migliore alla squadra in relazione alle aspettative, toccò di pagare il rapporto mai sbocciato e precipitato con l'ambiente; Roberto Mancini, pur avendo provato, forse più cocciutamente che ingenuamente, a mettere da parte l'insoddisfazione per quello che lo circondava e per le strategie che andavano delineandosi, alla fine ha optato per un 'arrivederci e grazie' stanco del continuo 'muro contro muro'. Potrà avere avuto le sue ragioni, indubbiamente, anche se adesso trincerarsi dietro la filosofia spiccia de 'l'avevo detto io' anche per conto terzi non suona proprio come un atteggiamento simpatico... Sempre meglio, comunque, dei continui strali lanciati in questi anni da Gian Piero Gasperini che non ha mai perso l'occasione per rinfacciare il non essere stato apprezzato, capito, voluto bene.
Semmai, chi non ha mai serbato rancore per un saluto traumatico, conclusione di un’avventura forse già scritta già al momento dell’inizio nonostante tutta la buona volontà, è stato Frank de Boer. Che tornato in patria, ha saputo sottolineare in maniera semplice e lineare quello che in questo momento è il più grave e traumatico problema che imperversa all’interno dell’Inter: il non avere bene in chiaro in mente chi è che ha davvero il bastone del comando. Tra proprietà, presidente e dirigenti di nazionalità più svariate, i ‘Giochi senza Frontiere’ nerazzurri per il momento hanno portato ad una serie di vicissitudini ben oltre il limite del surreale, dove gli sforzi fatti dalla nuova proprietà cinese in sede di mercato sono stati mortificati da un rendimento drammatico. Al di là delle eventuali e in alcuni casi evidente carenze tecnico-tattiche, un rendimento così scarno non può non derivare anche da una mancanza di riferimenti importanti che sappiano dettare una linea guida precisa. E il concetto che alla fine a pagare è sempre l’allenatore di turno quasi porta ai minimi termini il senso di responsabilità di chi va in campo, al di là dei proclami vari.
Ma a questo ciclone continuo la proprietà di Nanchino pare avere trovato il rimedio pronto, giurando, per bocca del suo vicepresidente Yang Yang, di avere in mente grandi progetti per i suoi due club, da rinforzare con l’arrivo di “giocatori eccezionali”. Già, eccezionali. Sentite a caldo queste parole possono suonare come una scossa elettrica a 3000 volt, un invito a viaggiare con la fantasia in materia di nomi. Ma poi, diventa opportuno fermarsi un attimo e pensare: dove li vanno a trovare, i boss di Suning, questi giocatori eccezionali? Ma soprattutto, cosa intendono per giocatori eccezionali? Sia chiaro, lungi da me l’idea di mettere in discussione la potenza di fuoco del colosso alle spalle dell’Inter, che già quest’estate si è spesa e soprattutto ha speso parecchio. Ma come detto, fin qui il rendimento è stato davvero ingeneroso, o per meglio dire mortificante, nei confronti degli impegni economici presi.
E allora, Zhang Jindong, il figlio Steven e compagnia cantante si fermino un attimo e riflettano: quali giocatori possono essere definiti ‘eccezionali’ nell’accezione che serve all’Inter? Se pensano che bastino grandi nomi per i quali magari spendere ancora caterve di denaro, magari per fare felice qualche consigliere o consigliore, allora siamo completamente fuori strada. All’Inter, mai come in questo momento, serve concretezza ancor più degli uomini che farebbero fare sold out a San Siro già con la campagna abbonamenti; servono giocatori davvero funzionali, che sappiano rendersi utili realmente alla causa, anche senza la necessità di dover garantire a tutti i costi il bel gioco che tanto la storia ci insegna che l’Inter non ne ha mai fatto la sua prerogativa assoluta. Ma serve, soprattutto, una società che non permetta loro di pensare di essere nel paese dei balocchi, con una dirigenza che si imponga senza lasciarsi travolgere da spifferi e umori vari.
Questo, insomma, servirebbe all’Inter. E a voler dirla tutta, non sembra nemmeno chiedere troppo la luna. Ma forse aveva ragione il grande Lucio Dalla quando cantava che “l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale”…
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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