Prima, un perfetto inserimento in area, di quelli tanto cari a Luciano Spalletti, ad accompagnare la giocata propiziata da Yuto Nagatomo e un tuffo di testa per ringraziare Antonio Candreva dell’assist; pochi istanti dopo, una pennellata d’autore a far dimenticare per un attimo che in casa Inter gli specialisti su calcio piazzato latitano. Il tutto condito da grandi esultanze sotto il settore del Ciro Vigorito occupato da numerosi tifosi interisti e la riproposizione di quel gesto, dal marchio di fabbrica ‘EpicBrozo’, diventato il suo segno identificativo. Con le Nazionali che si stanno giocando gli ultimi posti per il Mondiale in Russia e la nuova ondata di voci di calciomercato che comincia ad imperversare, la pausa prima del tanto atteso derby di domenica 15 ottobre permettere di riflettere un po’ meglio sull’exploit di Marcelo Brozovic in quel di Benevento.

Il match-winner che non ti aspetti, il croato, che dal nulla si è inventato questa doppietta che ha permesso ai nerazzurri di uscire anche dal campo sannita con tre punti in saccoccia e una posizione in classifica che sorride sempre di più, al di là della caratura del gioco espresso. Ma non solo: riporta l’Inter a segnare su calcio di punizione, cosa che non accadeva dal lampo della meteora Ever Banega in quel di Cagliari; crea un sacco di occasioni in un solo match, più di qualunque altro giocatore di Serie A in questo primo scorcio di campionato. Fa gioire i tifosi nerazzurri come da parecchio tempo non gli riusciva, anche se, una volta passata la sbornia, arrivano i dubbi e le domande di stampa esistenzialista: ma, questa volta, la buona volontà del buon Marcelo durerà?

Marcelo Brozovic è arrivato all’Inter nel gennaio 2015, tra gli ultimi tasselli della campagna acquisti voluta da Roberto Mancini quell’inverno, quella per intenderci dei tanto acclamati Lukas Podolski e Xherdan Shaqiri, che però dopo sei mesi hanno fatto le valigie per accasarsi altrove mentre lui, arrivato pressoché in silenzio, presente quasi in forma anonima sulle tribune di San Siro mentre assisteva al ko casalingo della sua futura squadra contro il Torino, quasi tre anni dopo è ancora qui a difendere i colori nerazzurri, attraverso mille faccende, tante tribolazioni, qualche luce ma anche qualche ombra di troppo. Avrebbe potuto essere tranquillamente un leader del centrocampo, Brozovic, del resto le qualità tecniche non gli mancano. Ma in questi anni in Italia, Brozo si è contraddistinto più che altro per aver vissuto più fasi lunari di quelle inscrivibili in un calendario.

La sensazione sin qui offerta dal croato è quella di un giocatore lontano diverse lire per arrivare al milione, fin troppo preda di una discontinuità a tratti anche allarmante: ha vissuto di periodi di grande forma conditi da gol anche importanti, ai quali però spesso e volentieri  ha fatto susseguire intere settimane di luna storta, di fatica ma anche di malcelata indolenza a tratti sfociata in un atteggiamento irritante. Questo dentro, ma anche fuori dal campo: impossibile dimenticare quel post su Instagram nel quale si fece ritrarre immortalato nel fresco della piscina di casa in compagnia di alcuni amici. Nulla di male, se non fosse che quella foto è stata pubblicata il giorno dopo un derby sfuggito all’Inter nella maniera più rocambolesca possibile, con un gol di carambola arrivato al 97esimo minuto a vanificare una vittoria che sembrava ormai cosa fatta. E quella foto è stata presa dal tifo interista già inferocito per l’esito della sfida col Milan, preambolo di una stagione che stava per andare alla deriva, come il segnale di una relativa per non dire nulla curanza del risultato, per non dire del menefreghismo di un giocatore e magari, di riflesso, di un gruppo intero.

Quella appena trascorsa sembrava l’estate dell’addio ormai inevitabile, eppure Brozovic, magari più per mancanza di offerte concrete che per altro, ha superato indenne anche questo scoglio e ha mantenuto il posto in rosa. E considerando che alla fine il centrocampista incursore che tanto si anelava sul mercato non è arrivato, sembra quasi tanta grazia. Alla fine, Luciano Spalletti lo ha studiato e nel ‘folto che ruota molto’ nella fatidica posizione di trequartista la prima scelta sembra lui. Il problema è che il diretto interessato non ne sembra troppo convinto: con la Fiorentina viene schierato dal primo minuto ma scende in campo come se avesse fatto un favore a qualcuno, e anche nelle successive uscite da subentrante si fa notare per giocate fatte senza convinzione. Spalletti però insiste, e allora qualcosina comincia a cambiare: col Genoa parte nuovamente dal primo minuto e fa intravedere qualche segnale di risveglio, poi la trasferta di Benevento, le due reti, le grandi giocate e tutto quanto ciò che sappiamo.

Ecco allora che i giudizi cambiano in fretta: dal passare quasi per un peso, Brozovic è tornato ad essere il trequartista ideale, l’uomo chiave per la riuscita degli schemi tattici del tecnico di Certaldo, l’incursore perfetto che può rimpinguare il bottino reti della linea mediana. Tutto bello, tutto magari giusto, per carità. Ma la domanda di fondo è una: riuscirà il nostro Marcelo Brozovic a convincersi di tutto questo? Abbandonerà finalmente la maschera delle giornate peggiori e garantirà una costanza di rendimento possibilmente per l’intera stagione, o perlomeno senza accendere e spegnere la luce troppo spesso fino a far fulminare la lampadina? 

Vivere di rendita per una semplice prestazione positiva è ormai un lusso che non si può permettere, e il primo a capirlo deve esserlo lui. I miglioramenti chiesti da Spalletti passano anche dall’atteggiamento, dal carattere, dalla costanza: il Brozovic migliore, ne siamo convinti, può dare alla squadra quel tocco di classe in più, mentre il Brozovic versione ‘dark side’ può scaturire effetti quasi nocivi. Sta a lui capire di quale faccia della medaglia ha bisogno la sua squadra, e non dovrebbe essere un esercizio difficile. 
 

Sezione: Editoriale / Data: Sab 07 ottobre 2017 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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