È sembrato tutto frutto di un piano ben riuscito a dir poco diabolico, e questo a prescindere dalle reali o presunte intenzioni; e no, non stiamo parlando del Demone di Piacenza che questi uomini li allena. Al momento giusto, nell’occasione migliore che gli dei del calcio gli potevano sicuramente regalare, nella serata che può valere l’accesso alle semifinali di Champions League, soprattutto al cospetto di quella squadra con la quale aveva segnato l’ultima rete in carriera e con la quale tanto male si è lasciato in quella, per lui, turbolenta estate del 2023, che però gli ha poi spalancato le porte di Milano, dell’Inter e della stagione meravigliosa culminata con la conquista della seconda stella.
Ha fatto attendere parecchio i tifosi interisti, Benjamin Pavard, prima che potessero festeggiare la sua prima rete con la maglia nerazzurra: ci è andato vicino qualche volta, magari nel successo di San Siro contro la Juventus mezza firma può essere considerata la sua visto che è la sua funambolica rovesciata a scaturire l’autorete decisiva di Federico Gatti, ma il suo nome a tabellino non ci va per 64 volte, tante quante le sue presenze con l’Inter nelle varie competizioni (con in mezzo anche un infortunio serio, va ricordato). Un po’ strano, per un difensore noto anche per avere un discreto fiuto per la porta, e che qualche anno fa, in occasione del Mondiale di Russia 2018, segnò contro l’Argentina il gol giudicato poi il più bello del torneo, una stecca pazzesca al volo che fulminò il portiere dell’Argentina Franco Armani.
Con l’Inter, invece, niente: hanno fatto prima a festeggiare, e anche più di una volta, giocatori come Kristjan Asllani, Carlos Augusto, anche e soprattutto il suo back-up designato Yann Bisseck, che da oggetto misterioso è diventato elemento di affidamento assoluto anche in fase offensiva, con realizzazioni decisive come quella al Dall’Ara di Bologna su lancio panoramico di Alessandro Bastoni, rete che ha definito un nuovo concetto di gioco, quella del passaggio da terzo di difesa a terzo di difesa opposto… nell’area avversaria. E parliamo di giocatori come Pavard non propriamente deputati a realizzare reti. Insomma, una situazione un po’ singolare almeno fino a mercoledì.
Perché mercoledì, per il ragazzo di Maubeuge, profondo Nord della Francia, l’occasione era francamente di quelle che non ti capitano tutti i giorni: di fronte, infatti, c’era il Bayern Monaco, quella squadra che per quattro stagioni è stata la sua squadra ma con la quale il divorzio è stato abbastanza tormentato. Un idillio finito non bene, con Benji che due estati fa altro non desiderava che andare via dalla Baviera e non ha fatto nulla per nasconderlo, anche in campo quando, dopo aver segnato una rete in amichevole, non si fece troppe remore per celare la sua stizza per una situazione divenuta insostenibile per lui. Lungo tira e molla, voci di corridoio, ma alla fine, con sommo stupore di chi in Germania riteneva la cosa quasi impossibile, l’Inter sgancia una somma rilevante e si porta a casa Pavard. Che poche ore dopo, si autoproclamerà ‘Benji l’interista’.
Benji l’interista che chissà per quanto ha desiderato di fare questo scherzetto, e chissà quanto è stato stimolato, lui che ha conosciuto l’ambiente Bayern da vicino, da quelle dichiarazioni un po’ da ‘ganassa’ che hanno accompagnato la vigilia della gara di ritorno, quelle strane rimostranze davanti alla festa dei giocatori nerazzurri dopo la vittoria nel match d’andata sotto il settore occupato dai tifosi nerazzurri ritenute chissà perché eccessive, e quell’ostentata sicumera di ottenere il successo finale e di approdare il prossimo 31 maggio alla finale nel loro feudo dell’Allianz Arena. E allora chi meglio di lui poteva confezionare la 'vendetta' perfetta? Il minuto dell’apoteosi è il 61esimo: corner di Hakan Calhanoglu, stacco indisturbato nel cuore dell’area, due metri presi a quel Min-Jae Kim arrivato al Bayern Monaco proprio nell’estate della partenza di Pavard e che in due partite ha fatto più danni che altro magari accrescendo il rimpianto tra i tifosi bavaresi, colpo di testa perfetto e palla alle spalle di Jonas Urbig.
Non poteva esserci momento più giusto, per Benji l’interista, per trovare la sua prima firma con la maglia nerazzurra: gancio al volto sonoro al suo passato e poi via, a scatenarsi in un’esultanza fragorosa come già fatto qualche minuto prima al pareggio di Lautaro Martinez, a trascinare con sé tutto San Siro con la folla che a momenti fa voli planari dal terzo anello per poter essere più vicina all’epicentro di cotanto entusiasmo. E tanti saluti a quel perbenismo un po’ peloso che permea i giocatori di oggi che non esultano dopo un gol alle loro ex squadre: c’era un tornado nello stomaco di Benjamin Pavard, una carica tempestosa che non aspettava altro che straripare in un’estasi di felicità per una rete troppo, troppo aspettata e troppo importante da segnare, soprattutto in quella serata. A mente fredda, è arrivato anche il messaggio di chiarimento via social verso i tifosi del Bayern dove ha ricordato il suo passato in biancorosso e l’orgoglio di essere stato l’ultimo a indossare la maglia numero 5 prima che venisse ritirata nell’eterno ricordo di Franz Beckenbauer.
Ma tant'è: è Benjamin Pavard, l’ex letale, che rifila al Bayern Monaco la punizione definitiva alla quale il gol fortunoso di Eric Dier pone solo parzialmente rimedio; è il francese colui che strappa le chiavi dell’Allianz Arena ai legittimi padroni costringendoli a guardare la finale di Champions League in casa loro solo seduti in tribuna; è Benji l’interista a costringere Thomas Müller a ricacciare in gola le dichiarazioni bellicose della vigilia e ad andare in zona mista esprimendo le sue congratulazioni e in suo in bocca al lupo ai nerazzurri, con una faccia che però diceva molto di più delle parole sul mood di chi si è ritrovato ad ingoiare un rospo pesante da mandare giù…
Da un volo per Milano, Pavard lanciò il suo nuovo nickname Benji l’interista; da Milano, Pavard mette le ali all’Inter verso un posto al tavolo imperiale della Champions League. Lui che è stato praticamente l’ultimo acquisto economicamente pesante dell’Inter in ordine cronologico e che rappresenta forse l’emblema del ritrovato status internazionale del club nerazzurro. E che con l’entusiasmo di un bambino riesce a mettere a segno il più diabolico dei piani di rivincita sportiva. Voluto o no, comunque riuscito alla perfezione.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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