E’ il 15 febbraio 2014, una data tanto influente quanto emblematica per il ciclo nerazzurro degli ultimi anni. Allo stadio 'Artemio Franchi' di Firenze va di scena l’Inter di Mazzarri, che contro la Fiorentina si gioca una tappa importante del proprio percorso stagionale. Per una delle ultime volte in campionato, Diego Milito parte dal primo minuto: l’argentino, schierato in coppia con Palacio, corre a tutto campo e lotta come un leone, incitato dai propri tifosi che colorano di nerazzurro il settore ospiti. E all’altezza del 55’, viene richiamato in panchina. Al posto del Principe subentra il giovane Mauro Icardi, a cui Mazzarri concede una mezz’ora abbondante: tanto quanto gli basta per lasciare il timbro sull’incontro e decidere il match (terminato 2-1 in favore del Biscione) con un suo gol. Una sostituzione dal sapore simbolico: il passato che lascia il posto al futuro, la storia che fa largo alla speranza. Tre anni dopo, sempre al ‘Franchi’, Icardi si rende protagonista di una notte magica (per lui ma non per l’Inter) grazie alla quale raggiunge tre record personali, tutti in una sera. Nel rocambolesco 5-4 in favore degli uomini di Sousa, il capitano nerazzurro diviene l’unico giocatore in tutta la storia della Serie A ad aver perso un incontro pur avendo siglato una tripletta. Per giunta, l’argentino sale a quota 24 reti stagionali (superando il record che stabilì due anni fa, risultando capocannoniere) e 78 totali nella sua carriera nerazzurra. Mettendo la freccia, nello score ufficiale dei migliori marcatori interisti, proprio su Diego Milito. Nello stesso stadio in cui, qualche anno prima, lo stesso Icardi fu interprete di quella staffetta con il Principe.
È ancora presto per definire l'attuale numero 9 nerazzurro il degno erede dell'eroe del Triplete, anzi, per caratteristiche sia tecniche che tattiche i due - nonostante ricoprano lo stesso ruolo - sono l'uno l'opposto dell'altro. Ma di certo si può dire che Icardi sia stato fino ad ora l'ideale successore di Milito: nonostante nelle ultime stagioni l'Inter non abbia brillato dal punto dei vista dei risultati, l'ex Samp ha sempre trascinato i suoi con quella leadership e personalità che lo hanno sin da subito contraddistinto. L'ultima gara di Firenze lo testimonia: la squadra di Pioli era sullo svantaggio di 5-2, ma lui non si è dato per vinto e ha trovato altri due gol che gli hanno regalato la gioia della tripletta. Nella sconfitta nerazzurra, l'unica nota positiva è il tris dell'argentino, un'oasi nel deserto per l'Inter. I presupposti affinché Icardi entri nella storia di questo club, ci sono davvero tutti: raffica di gol, velocità e mobilità in attacco, faro del reparto offensivo nerazzurro. Che si giochi a due punte o con un tridente, poco cambia: "Sono a completa disposizione della squadra: se il mister ritiene opportuno schierarmi in un certo contesto tattico, vuol dire che ha ragione e che devo adattarmi per cercare di rendere al massimo". Queste parole, pronunciate dall'argentino qualche settimana fa in conferenza stampa, testimoniano il grande senso di appartenenza che lo stesso attaccante nutre nei confronti della maglia nerazzurra.
Icardi non teme nessuno, ma continua - a testa bassa - a raggiungere record su record. E a migliorare sul piano tattico: goleador ma allo stesso tempo assist-man (8 passaggi vincenti fino ad ora). A questo va aggiunto, inoltre, il suo inconfondibile spirito da condottiero. Questa stagione (che va per concludersi) è la sua quarta con la Beneamata. Trofei vinti in questo arco di tempo? Zero. Miglior risultato: il quarto posto in campionato raggiunto l'anno scorso. Ma lui, nonostante tutto, è lì, a credere in questo progetto, ad avventarsi su ogni pallone come se fosse l'ultimo, a sacrificarsi per i compagni, a farsi trovare libero al momento del passaggio, a dare l'anima per questa maglia. A onorare, con merito e rispetto, la fascia da capitano che porta al braccio. Sulle orme del Principe, nel segno dei predestinati.
Andrea Pontone
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