L'inclinazione tambureggiante del ticchettio, precisa omologazione di una natura che nasce nei meandri canterani. Esecuzione procedurale e tecnica. L'Inter ha studiato tutto, aprendo il manuale d'impostazione sul pullman durante il viaggio verso la Scala del Calcio. Anche Xavi, allievo dell'Accademia del guardiolismo puro, ha preso il treno del centravanti. Perché il falso nueve è la finzione più moderna dell'epistemologia pallonara. Il timone è aggrappato alle sorti di un rilievo che resta incollato alla sostanza. Il viaggio del pallone in mezzo al campo s'interrompe, l'aggressività è elevatissima, la tensione si respira con lo schiocco dei passaggi tesissimi (e millimetrici) dei calcianti ospiti. È il loro mondo, quel tempo sospeso negli spazi semi-aperti. L'orizzonte dell'Ordinamento inzaghiano lo contrasta con l'istantaneità dell'attesa, unita alla ripartenza rapida e verticale. Cambi di fronte, tre parole che posizionano in apprensione l'andamento evolutivo blaugrana. In fase protettiva è quasi un'onda, che oscilla qua e là, su e giù, con la temerarietà di chi impone il sapere costruttivo solamente nella metà campo avversaria. Pensiero e organizzazione, l'accensione astratta dei pensieri: Lewandowski è ingabbiato nei sedici metri finali, Dembelè s'intestardisce in giocate strettissime. Risuonano le sterzate di Pedri e la scintilla ad ogni filo d'erba quando l'Inter mette il turbo per la ripartenza. La staffilata di Calhanoglu che eleva Ter Stegen al volo riparatore è solo il preambolo della chirurgia turca sul viale del tramonto. Esce in ritardo Busquets in pressione, indirizzo chiaro, la sfera sa dove terminare: l'angolino è il raggiungimento del vantaggio. Il boato dei cuori nerazzurri è infinitamente bello.

LA FORMA CATALANA. Ticchettio incessante, tambureggiante, quasi asfissiante (anche per loro). Inocuo, nella sua prevedibilità centrale. Un groviglio di idee prettamente manualistiche che si scaglia nel vortice nerazzurro dell'attenzione maniacale e della tempestività puntuale. È l'imprevisto a diversificare le forme di una natura che si ricostruisce ad ogni evenienza. Sono futili facezie per i bulloni arretrati dell'Inter. Un gioco da ragazzi sventare le minacce nei cross laterali da posizione sfavorevole. Talvolta l'impresa eccezionale sta nell'essere se stessi, ma al Barcellona serve di più per affondare il colpo vincente. Quando lo trova, ci pensa la tecnologia a riposizionare i tasselli della delusione: Pedri deposita il più facile dei gol, ma dalla sala VAR suggeriscono la via della gioia effimera. Le differenze tecniche non possono appianarsi, ma gli undici leoni nerazzurri accomodano il manifesto catalano nel vortice del più puro pragmatismo. Destra, sinistra e corsia centrale: si sbatte contro il muro in ogni contingenza. Xavi e quelle tortuose pieghe del tracciato nella marcia gestionale. Avrà pensato, tra sé e sé: "Belli i tempi in cui io, Iniesta e Messi entravamo in porta col pallone". Il contatto col suolo è smarrito, dopo 98 minuti di resistenza asserragliata. Gli artifici fittizi evaporano nell'urlo di San Siro. Virtuosismo calcistico, sul pianeta Inter ci sono vividi segni di vita.

Sezione: In Primo Piano / Data: Mer 05 ottobre 2022 alle 08:15
Autore: Niccolò Anfosso
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