Determinare l'approccio è fondamentale, soprattutto per ritrovare la brillantezza con differenti soluzioni offensive da adottare. L'Inter vuole questo e all'Olimpico cerca di farlo capire subito alla Roma, anche se i giallorossi nei primi istanti s'abbassano e si alzano cercando di resistere in ogni modo alla tendenza offensiva nerazzurra. Le tracce centrali sono insidiose. Provarci e riprovarci ancora per imbucare con le incursioni laterali, perché Juric disegna sempre così la metodologia difensiva. O meglio, la truppa di casa sta con il baricentro basso per poi provare a ripartire. Chiudere ogni traccia, e infatti qualche pertugio può trovarsi sugli esterni. Celik va vicino al vantaggio sul cross che quasi Sommer tramuta in autorete, poi Mkhitaryan con il fendente insidiosissimo che si stampa sulla traverse. Le due sostituzioni forzate (Calhanoglu e Acerbi) costringono Inzaghi a rimodulare l'assetto. Il cross della consapevolezza arcuata manca e la prima frazione termina a reti bianche all'insegna di un equilibrio pronto comunque a rompersi.
SPAZI CHIUSI? SERVE LA GIOCATA. La proiezione offensiva è l'unione tra azione e reazione. I giallorossi cercano la costruzione offensiva, affidandosi alla profondità di Dovbyk, ma il caos molto spesso prevale nei meandri della metà campo. L'Inter si abbassa un pochino con il baricentro al termine della prima frazione, con i giallorossi in gestione di un'impostazione che non crea situazioni interessanti. Ma nel calcio, si sa, la scintilla può scattare, con le sponde e le incursioni senza palla. L'inquadratura è la solita, seppur il Biscione non mostri la solita brillantezza e naturalezza nel corso della conduzione. La Roma tenta di attaccare con molta confusione e la pulizia tecnica è complicata. Guadagnare spazio è l'invito reciproco che entrambe le formazioni si propongono in proiezione offensiva. Lautaro coglie la chance rilevante per depositare nel sacco: ecco la giocata che sposta gli equilibri.
IL PALLONE PESA IN UNA PARTITA SPORCA. L'Inter fa fatica, ma resta compattissima per gestire il risultato. L'ingresso di Soulé potrebbe fornire l'indirizzo tecnico della giocata in casa giallorossa, dello spostamento degli equilibri, con calci da fermo e nelle intuizioni sensibili proiettate alla ricerca della fantasia istantanea. Ma i nerazzurri si rendono pericolosi con Dumfries che va per due volte vicino al raddoppio, venendo fermato da un ottimo Svilar. L'Olimpico canta, l'Inter prova a controllare il pallone anche se le difficoltà, tra infortuni e una forma fisica non proprio brillante, sono tante. Contano i tre punti e il cinismo metodologico viene impostato con grande padronanza. Vincere soffrendo è una certificazione che tutte le grandi squadre devono ottenere. Lautaro timbra il gol numero 133 con la maglia dell'Inter. Una vittoria che vale oro all'Olimpico. Cinismo metodologico applicato, ridotta a occasione mancata ogni velleità romanista. Ora la testa va alla Champions.
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